di Paolo Ficara – Avviso ai naviganti. Salvo eccezioni, sulle pagine del Dispaccio non avete trovato negli ultimi mesi – e probabilmente non ne troverete nei prossimi giorni – articoli circa imprenditori interessati a rilevare la Reggina. Le eccezioni sono costituite dalle dichiarazioni. O dei diretti interessati. O di chi può rivestire un ruolo particolare: fu il caso di ripetute uscite del sindaco Giuseppe Falcomatà, durante la primavera del 2024.
Ciò non significa che non siano esistite o non esistano trattative o interessamenti. Semplicemente, non ci va di offrire il fianco. Avendo presto pesato gli occupanti della Reggina. Ergo, se ne darà notizia solo eventualmente quando qualche diretto interessato se ne farà carico. Da qui al 2070, possiamo pure attendere.
Ultimata questa debita premessa, dato che è quasi ora di pranzo, azzardiamo una pietanza più che un nome. Se un piatto di pasta e broccoli venisse nominato presidente della Reggina, riscuoterebbe maggior consenso rispetto alla triade etneo-reggina. Questo il presupposto, innegabile, dal quale ci sentiamo di sviluppare ben altre considerazioni.
Solo due categorie di persone, oggi, possono invogliare il signor Ballarino a proseguire nell’avventura Reggina: quelli che vogliono il suo male (di Ballarino), e quelli che vogliono il male della Reggina.
Quando si arriva a fine stagione, in Serie D, è abbastanza normale optare per il saldo e stralcio con i giocatori. O meglio, è normale per chi a questa categoria ci è abituato. E la frequenta da anni. E magari vuole continuare a rimanerci, in D. La decurtazione del 10% che sarebbe stata chiesta al gruppo squadra per le ultime mensilità da ricevere, in chiave iscrizione, è una notizia data dal consigliere comunale Massimo Ripepi.
Già, perché se aspettiamo che sia un giornalista tra quelli che si vantano di sostenere questa compagine societaria a fornire la notizia, facciamo prima a recarci in Corea del Nord.
Ora, non sappiamo se tale – presunta ma probabile – decurtazione sia inferiore, uguale o superiore rispetto al saldo e stralcio, che sarà stato chiesto un anno fa di questi tempi. Sappiamo però, o per meglio dire rammentiamo, che nelle loro ultime uscite pubbliche, sia il signor Virgilio Minniti che il signor Antonino Ballarino hanno dichiarato di essere pronti per il ripescaggio in C.
Ribadiamo che essere pronti, in termini finanziari, significa poter disporre della liquidità necessaria a coprire 300.000 euro di fondo perduto; 100.000 euro di iscrizione; fidejussione da almeno 350.000 euro, che diventerebbe di 700.000 in caso di liberatorie fino ad aprile da parte dei calciatori. E con l’iscrizione del Brescia che verrà bocciata, si materializza la casella per il ripescaggio del Ravenna. Significa che una società seria, per non saper né leggere e né scrivere, dovrebbe quantomeno premunirsi. Qualora, anche il 17 luglio notte, dalla Figc arrivassero perplessità circa i romagnoli. Ipotesi ovviamente surreale quanto impronosticabile.
Ora, se erano davvero pronti come hanno sostenuto a più riprese, che bisogno c’è di decurtare i corrispettivi dei calciatori?
Dopodiché potremmo sviluppare dibattiti infiniti sulla costruzione della squadra che non va a rilento, bensì è proprio ferma. Sul monte ingaggi necessario per vincere il campionato. Ricordando che il nostro titolare meglio pagato, aveva forse lo stesso ingaggio del titolare più “economico” del Siracusa. Il verbo all’imperfetto è riferito alla probabile decurtazione.
Si parla tanto di sostenibilità. Noi non siamo insegnanti, ma nemmeno studenti. Due anni e mezzo fa, nel gennaio 2023, la Pistoiese in Serie D vendeva un talento come Gianmarco Di Biase, attaccante classe ’05, alla Juventus. Non aveva ancora compiuto 18 anni. Il suo cartellino è stato pagato mezzo milione. Il massimo ottenibile, per quelli che sono i parametri dei calciatori dilettanti in base alla categoria nella quale vanno ad approdare. Per intenderci, se Di Biase avesse preferito firmare con una squadra di B o C, la Pistoiese avrebbe incassato di meno.
Nel giugno 2024, la Pistoiese è fallita. Perché puoi anche produrre il talento nel tuo settore giovanile – Di Biase era stato scartato dall’Empoli, due anni prima – ma in Serie D, in certe piazze non abituate al dilettantismo, per sopravvivere hai solo una strada: andare in C.
La Reggina sta vantando il proprio settore giovanile. Ma di giocatori anche classe ’07, non ne abbiamo visti in prima squadra. Se non in Coppa Italia. L’unico parametro per giudicare la bontà del lavoro di un settore giovanile, è fornito dal numero dei giocatori che arrivano in prima squadra. Non di certo dai risultati delle varie Under. Fermo restando che non sappiamo cosa ci sia da vantarsi, quando l’U17 perde la finale regionale contro il Sambiase. O quando l’U19 ne busca tre dalla Paganese.
Poniamo l’accento sui 2007, perché nella stagione 2025/26 almeno uno dovrà essere obbligatoriamente in campo. Non sappiamo se nella Reggina U19 dell’ultima stagione, fossero presenti giocatori che magari un giorno firmeranno per la Juventus. L’ultimo fu Simone Perrotta, nel 1998. Ci basterebbe sapere se ne esistono un paio in grado di giocare titolari, in una squadra che vuole vincere il girone I della Serie D.
Altrimenti, andranno scovati altrove. E per scovarli, bisogna conoscerli. Qualche settimana fa, ci siamo recati a Catanzaro Lido per assistere alla finale del campionato Primavera 3. Catanzaro contro Gubbio. Presenti tanti addetti ai lavori. Anche dirigenti di squadre di Serie B o Serie C. Tesserati della Reggina, non siamo riusciti a scorgerne nell’unica tribunetta dello stadio “Curto”. Parliamo di circa 80 minuti in auto.
Così come non riusciamo a scorgere il bilancio di questa società. Presso la Camera di Commercio, almeno fino a qualche giorno fa, non lo abbiamo trovato. Sarà un limite nostro. I club dilettantistici, lo specifichiamo a scanso di equivoci, non hanno l’obbligo di depositare la contabilità. Certo, è avvenuto il primo passaggio a società a r.l., ma in ogni caso non è un preciso dovere quello di depositare un bilancio dettagliato.
Tuttavia, vorremmo sapere quale imprenditore adamantino dovrebbe farsi avanti. E magari presentare anche un’offerta. Per un club di Serie D, di cui non sono pubbliche le entrate e le uscite. La nostra curiosità sarebbe una: verificare a che punto sono i rimborsi alla Città Metropolitana, per l’anticipo del costo della bolletta elettrica del Sant’Agata.
Se la Reggina è una società sana, ci sarà modo di dimostrarlo. Prima o poi. Ma se i tifosi non vi hanno ancora indicato la retta via – che sarebbe quella per gli imbarchi – almeno i contribuenti dovrebbero iniziare a ribellarsi, verso determinati favoritismi concessi dalla politica.
Quello della Reggina targata Ballarino, probabilmente è un progetto tecnico inesistente. Se esiste, non ce ne siamo accorti noi. Il campo, in ogni caso, dice che il progetto è perdente. Insistere nel portarlo avanti, peraltro senza nemmeno accennare a rivoluzionare l’organigramma dirigenziale, produrrà solo un risultato finale: la “tripletta” di Giuseppe Falcomatà.