di Simone Carullo – È una fresca serata di febbraio, il teatro è pieno, le luci si abbassano, tutto è pronto in sala, può così iniziare il divertimento, se non fosse… se non fosse che Marco Travaglio non è un commediante e il suo spettacolo non è un’opera di fantasia. Travaglio è un giornalista, il Direttore del Fatto Quotidiano, e “I migliori danni della nostra vita”, citazione in chiave ironica della splendida canzone di Renato Zero, racconta l’Italia, il nostro Paese, e la sua classe digerente.
Marco Travaglio, con il suo solito stile tagliente, prende in esame gli ultimi cinque anni di storia politica italiana e i corsi e i ricorsi che hanno portato alla distruzione di ogni aspettativa di cambiamento ed alla vittoria del conservatorismo nelle sue più diverse manifestazioni. Sono cinque, ma potrebbero ben essere dieci, quindici, venti, la Storia di una Nazione vittima delle sue paure, dei suoi limiti, dei suoi politici.
Sono dunque sorrisi a denti stretti quelli che si spendono al Teatro Cilea di Reggio Calabria: risate dal sapore amaro perché suscitate dal racconto di un’Italia che puzza di marcio.
I primi a finire sotto le bordate del Direttore del Fatto sono gli esponenti del governo Meloni, dal parente Lollobrigida, per gli amici Lollo, che inventa fermate di treni, teorizza sulla qualità del cibo dei poveri e si dà dell’ignorante per difendersi dall’accusa di razzismo; al luminare dell’economia Giorgetti, che nel governo giallo verde fece il Reddito di Cittadinanza e nel governo Meloni lo tolse; passando per Sangiuliano, Ministro della cultura che odia la satira soprattutto se fatta su di lui, che era nella giuria dello Strega ma non sapeva di dover leggere i libri finalisti, fino a Sgarbi la cui credibilità è ormai al “lumicino”, sì proprio quello del capolavoro che ha fatto manomettere.
Lo spettacolo è coinvolgente, ben scritto, il pubblico applaude e si diverte, nondimeno ad ogni capitolo affrontato da Travaglio si avverte la voglia di scuotere la testa, di domandarsi: ma com’è stato possibile? Dormivo forse? L’atmosfera è quella cupa del dramma.
Due le colonne portanti del discorso di Travaglio: da un lato i poteri marci della politica e della finanza, degli atlantisti e dei falchi europei, l’establishment insomma, che etero dirigono le sorti del Bel Paese, dall’altro il ruolo della stampa nel preparare e influenzare l’opinione pubblica relativamente a questa direzione.
Sono diversi i casi che Travaglio porta a supporto della sua tesi: dalla campagna mediatica contro il RdC, a quella contro Conte stesso, dispregiato in ogni modo da giornali di destra e di sinistra, a quella pro Draghi, osannato come il salvatore della Patria, o per la Guerra in Ucraina e l’invio di armi a dispetto della Costituzione ma anche della logica obiezione che, forse, per costruire la pace un’escalation di armi non è poi la migliore delle soluzioni.
Così sono arrivate le liste di proscrizione dei putiniani italiani, ma anche le frottole sull’andamento della guerra, dove un giorno Putin aveva finito in missili e il giorno dopo era iniziata la controffensiva di Kiev, e poi il default della Russia, la malattia dello zar dittatore eccetera eccetera. Niente di tutto questo, il fronte è ancora aperto, anzi lacero, e delle Guerra in Ucraina di vero ci sono solo i morti.
Nel leggere i titoli delle rassegne stampa che Marco Travaglio rievoca, quelli secondo cui i percettori di RdC erano tutti criminali o quelli che attribuivano a Draghi il merito per i fondi del PNRR, viene in mente che per alcuni giornalisti scrivere certe corbellerie è facile: un giornale è un pezzo di attualità, già l’indomani è superato. Non dovrebbe essere così, anzi non sarebbe così se anche i giornalisti dovessero dare conto a qualcuno. E a chi dovrebbero dare conto se non ai lettori? Sono loro che devono esigere le verità, che devono chiedere conto di tutte le stronzate che politici e media continuano a propinare ad ogni uscita.
Il Direttore del Fatto durante lo spettacolo ha affrontato anche altri temi: il
Pd, del quale non rimane quasi niente; Napolitano e Renzi il Rottamatore finito rottame; Salvini, super campione mondiale di coerenza, infatti, quale che sia l’argomento, la TAV o il Ponte sullo Stretto, lui ha opinioni coerenti sia con quelli che sono a favore sia con quelli che sono contro.
In definitiva, “I migliori danni della nostra vita” è uno spettacolo ricco d’informazione, di vera informazione e anche molto divertente, nondimeno va detto che il materiale era dei più promettenti.