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Diritto alla genitorialità, Cusumano (FdI): “Questione complessa, trattata con superficialità da certa politica. Ecco cosa dicono le norme”

“Si è riacceso nel nostro Paese il dibattito sull’esistenza o meno del diritto di essere genitori, simulato dalla rivendicazione del diritto del minore a ricevere lo status di figlio.

Lo strumentale cambio di prospettiva della questione, non solo genera confusione su una materia particolarmente complessa per la moltitudine di valori e prìncipi che essa investe, ma, soprattutto, inasprisce il dibattito politico deputato a bilanciare responsabilmente gli interessi e diritti coinvolti, spesso confliggenti.

La contrapposizione, infatti, si è voluta artatamente costruire tra i progressisti che sosterrebbero l’eguaglianza e il divieto di discriminazione della coppia, a prescindere dalla sua identità sessuale e dalla sua capacità generatrice e i conservatori che, invece, si schiererebbero a favore della diseguaglianza biologica e della discriminazione dei minori.

Nulla di più falso!”. Lo afferma in una nota l’avvocato Giovanna Cusumano, responsabile regionale del Dipartimento Giustizia di Fratelli d’Italia.

“In un Paese democratico come l’Italia, i valori costituzionali dell’uguaglianza e pari dignità sociale, affermati dall’art. 3 della Cost. non sono messi certo in discussione, così come non è in discussione il riconoscimento del minore quale soggetto titolare di diritti la cui tutela deve essere necessariamente posta al centro del dibattito odierno.

Il presupposto imprescindibile per tracciare un perimetro di discussione responsabile, impone il richiamo al superiore interesse del minore alla cui realizzazione è informato il nostro ordinamento giuridico e non, invece, allo scontro fra le posizioni di eguaglianza o diseguaglianza fra coppie con capacità riproduttiva e coppie che ne sono prive.

E’ pacifico, infatti, che l’interesse del minore (cd. best interest) è preminente rispetto ai diritti degli adulti, fra i quali, in primis, quelli dei genitori effettivi o aspiranti tali, per cui, è evidente che il Legislatore ha il compito inderogabile di formulare regole, che, prima ancora di essere coerenti con le proprie legittime scelte politiche, siano finalizzate a promuovere il benessere psicofisico del minore, privilegiando l’assetto degli interessi più favorevoli a una sua crescita sana e equilibrata” aggiunge Cusumano.

La Politica italiana è a ciò chiamata anche dai princìpi convenzionali internazionali e sovranazionali, fra cui, va ricordata, in via meramente semplificativa, la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, il cui art. 3, par. 1, disciplina il rilievo del superiore interesse del minore nelle decisioni che lo riguardano. Sulla stessa lunghezza d’onda, si trova l’art. 24, par. 2. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea laddove si dichiara: «in tutti gli atti relativi ai bambini… l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente».

In questa cornice etico-normativa, la superficialità, che inevitabilmente sfocia nell’ambiguità, con cui certa politica ha la pretesa di creare il Nuovo diritto di essere genitore, a prescindere dalla sua conflittualità con diritti già acclarati, libertà costituzionali riconosciute e i divieti espressi dalle leggi italiane, desta perplessità e preoccupazione, anche alla luce della recentissima pronuncia n. 38162 del 30.12.2022, con cui le SSUU della Suprema Corte di Cassazione hanno osservato come il riconoscimento dello status di figlio mediante delibazione o trascrizione dell’atto di nascita straniero «finirebbe per legittimare in maniera indiretta e surrettizia una pratica degradante».

Più precisamente, la Suprema Corte ha ricordato che la trascrizione in Italia del provvedimento straniero che riconosce il rapporto di genitorialità tra un bambino procreato all’estero con la tecnica della maternità surrogata, peraltro VIETATA in Italia, anche laddove avvenga in forma gratuita, e il genitore d’intenzione che non ha rapporto biologico col minore, incentiverebbe il ricorso ad una pratica che «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umaneassecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo».  Non solo: la Corte ha, altresì, affermato che il preteso automatismo non sarebbe neppure funzionale alla realizzazione del miglior interesse del minore, «attuando semmai quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi», chiarendo così che nel nostro ordinamento non esiste alcun <<paradigma genitoriale fondato unicamente sulla volontà degli adulti di essere genitori e destinato a concorrere liberamente con quello naturalistico>>.

Gli Ermellini, dunque, evidenziano che la genitorialità giuridica non si può fondare unicamente sulla volontà degli adulti di essere genitori, sebbene ci sia chi si ostina ad invocarla, e che nelle tematiche legate al processo riproduttivo si intersecano valori non negoziabili con interessi non di rado contrapposti che il Legislatore deve armonizzare nel rispetto dei nostri prìncipi, valori e libertà costituzionali. Invero, nelle more di un intervento legislativo, la Corte al fine di tutelare i bambini già nati <<malgrado il divieto>>, indica anche quale soluzione l’adozione in casi particolari da parte del “genitore d’intenzione”.

La brevissima riflessione, che non ha certamente la pretesa di offrire una chiave di lettura esaustiva della “vexata quaestio”, vuole solo evidenziare la complessità dei problemi, giuridici, etici e morali, che ineriscono la tematica e la evidente difficoltà di trovare soluzioni equilibrate che non possono certamente essere rimesse alle mere contrapposizioni ideologiche” conclude l’avvocato Giovanna Cusumano, responsabile regionale del Dipartimento Giustizia di Fratelli d’Italia.

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