Ci sono “numerose ombre” che “avvolgono la tragica fine di Denis Bergamini”, scrive la Cassazione in un verdetto sul cold case della morte nel 1989 del centrocampista del Cosenza – è in corso il processo di primo grado alla ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, accusata di omicidio volontario – ma i supremi giudici rilevano che la richiesta di archiviazione del caso, fatto passare per suicidio, avanzata nel 2015 dal Pg Franco Giacomantonio che guidava la Procura di Castrovillari, “non fu una decisione superficiale o, peggio, deviata da una qualche parzialità” ma aveva “ampie ragioni”, considerando anche il tempo passato.
Ad avviso degli ‘ermellini’ – che si sono occupati della vicenda Bergamini nell’ambito di un processo per diffamazione nei confronti di un cronista che ha definito il pg Giacomantonio “pavido” e “incapace di indagare seriamente” sulla morte del calciatore -, invece “pur prendendo atto che la tragica vicenda ha avuto dinamiche di accertamento plurime, a volte confuse e comunque non è ancora definitivamente chiarita”, non “può esservi dubbio” sul fatto che il pg abbia subito “attacchi alla sua reputazione” in quanto “tacciato” di aver operato “in favore di Isabella Internò, vale a dire colei” la quale “sin dalle fasi iniziali della vicenda investigativa successiva alla morte di Denis Bergamini, era stata ritenuta implicata nei fatti da chi non ha creduto mai alla tesi del suicidio”. In particolare, la Cassazione ricorda che “fu proprio il procuratore Giacomantonio, nel 2011, a richiedere al Gip, una prima volta la riapertura delle indagini ed a svolgere, successivamente, una diffusa ed articolata istruttoria, servendosi di numerosi consulenti tecnici e svolgendo molte audizioni di persone informate dei fatti, in vista di un evidente obiettivo di fare luce sul controverso ‘caso giudiziario'”. “La stessa richiesta di archiviazione – notano i supremi giudici – è formulata con ampie ragioni (che si snodano lungo 73 pagine di provvedimento), dando conto di tutte quante le indagini effettuate: dunque non una decisione superficiale, o peggio, deviata da una qualche parzialità”. “Infine – aggiunge il verdetto 44384 della Suprema Corte – non è fuori contesto evidenziare come la vicenda sia datata, e così le indagini iniziali, trent’anni prima dell’insediamento del magistrato alla guida della Procura di Castrovillari”. “Non è questa la sede – dice la Cassazione – per diradare alcuna delle numerose ombre che avvolgono la tragica fine di Denis Bergamini, tanto da far sì che un processo sia attualmente in corso dinanzi alla Corte d’Assise di Cosenza, proprio con imputata Isabella Internò per il reato di omicidio” ma “tacciare” il pg di Castrovillari di “forte opacità nello svolgimento delle sue funzioni e senza alcun nesso di veridicità soprattutto circa l’esistenza di collegamenti con la Internò, travalica i limiti della critica giornalistica lecita”. Non si può “accusare un magistrato di voler ‘insabbiare’ un caso di possibile omicidio senza alcuna effettiva, concreta verifica riguardo al suo coinvolgimento in un simile, illecito progetto”.’, conclude il verdetto. Il processo alla Internò – che secondo l’accusa aveva risentimento verso il calciatore che voleva chiudere la relazione – si è riaperto a seguito della richiesta di riesumazione della salma del calciatore, avanzata dai familiari di Bergamini tramite l’avvocato Fabio Anselmo, con nuovi esami che hanno accertato il decesso per soffocamento.