Venerdì 8 aprile alle 20.30 terzo appuntamento con la rassegna “Teatro Viva!”, il nuovo progetto del Teatro Comunale e dell’associazione “Teatro Incanto” di Catanzaro, che ha l’obiettivo di far rivivere il patrimonio materiale e immateriale del teatro in Calabria attraverso un format dedicato alle arti performative e ad una programmazione dall’ampio ventaglio di generi. Dopo “Ora X: Inferno di Dante” di e con Matteo Belli, e “Spartacu Strit Viu’”, della compagnia teatrale Teatro del Carro, con la regia di Luca Michienzi e l’attore Francesco Gallelli, sarà la volta di “La storia di Maturina Fantesca, erede di Leonardo Da Vinci”.
Una donna in scena, un eccezionale personaggio, un’attrice straordinaria che porta sul palco la vita vera di Maturina e che risponde al nome di Patrizia La Fonte, attrice, autrice, regista e meravigliosa insegnante
Siamo nel novembre 1519. In un disimpegno accanto alla cucina nel maniero di Clos Lucé gli scritti e alcuni ritratti su tavola attendono di essere consegnati agli eredi di Leonardo da Vinci, morto il 2 maggio, mentre era ospite del re Francesco I. Il personaggio è realmente esistito ed è citato nel testamento di Leonardo, ma per il resto nulla si sa di lei.
Maturina, che ha vissuto accanto a Leonardo negli ultimi anni, si è fatta una sua idea delle cose e delle persone, e non mancherà di dirne ai visitatori. E si rivolge al pubblico: sono loro gli inviati a prendere gli scritti e i quadri per Francesco Melzi e Giacomo Caprotti? Sono essi banchieri, o pellegrini? Vorranno prenderla a servizio o comprare da lei la “Gioconda Nuda”?
Equivoci e storia, divertimento e rigore di linguaggio, di stile e di scena. Dicerie e cronache domestiche la portano anche a riflessioni sulle arti e le scienze, sui prodigi della mente e sull’abilità delle mani. Maturina, a suo modo maestra dell’arte sua, si lusinga d’aver spesso conversato con Leonardo e d’aver anche dato consigli al genio che “per l’intelligenza de l’arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finì”, come dice Vasari. Ad uno sguardo odierno, i pensieri si allontanano dal Rinascimento per suggerire le inquietudini dei nostri tempi, in una lingua antica che prova a vestire i disagi contemporanei.
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