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Infantino, la Reggina, Falcomatà ed i Bronzi di Riace

di Paolo Ficara – “Sono reggino. Lo sono sempre stato. Le origini non solo non si dimenticano, ma ti rendono quello che sei. Io, se mi guardo indietro, vedo un uomo orgoglioso. Oggi ancora di più”. E poi ancora: “Sono tornato a casa, ma in realtà casa non l’ho lasciata mai”. Tris: “Oreste Granillo è stato un grande uomo di sport ed un enorme Presidente della Reggina. Ricevere il premio intitolato a lui, dalle mani di sua figlia Maria Stella, mi ha reso particolarmente felice. Un altro tassello di un puzzle memorabile della mia visita a Reggio Calabria”.

Ed infine: “Una volta entravo al Granillo da tifoso, oggi l’ho fatto da cittadino onorario. Viva Reggio Calabria”. Ben quattro post sul suo seguitissimo profilo instagram, da parte del Presidente FIFA Gianni Infantino, circa la visita nella sua Reggio Calabria con annesse onorificenze ricevute. Tutti post intrisi di autentico e viscerale sentimento, da parte di un innamorato della propria città. Che da delegato UEFA, prima di assurgere a cariche impegnative 365 giorni l’anno h24, visitava la città e ci viveva almeno una settimana all’anno. Avendo casa a Reggio Calabria.

Milioni di appassionati di calcio nel mondo hanno avuto modo, nell’ultimo weekend, di leggere i post del capo del calcio mondiale. In cui parlava di Reggio Calabria come casa. Poi ci sono state anche dichiarazioni sulla squadra, alla consegna della cittadinanza onoraria a Palazzo San Giorgio: “Forza Reggina perché è la squadra del cuore, fa male non vederla in Serie A. Ne parleremo con chi di dovere per aiutare a far sì che Reggio abbia una squadra ai più alti livelli che merita”.

Forse nemmeno se avessimo la lampada di Aladino, da tifosi della Reggina, saremmo riusciti ad esprimere un desiderio così ardente. Il Presidente della FIFA. Di Reggio. Un bambino può sognare di vincere lo scudetto, indossando la maglia numero 10 della Reggina. In questo caso, siamo oltre il sogno.

Anche solo il pensiero che un presidente della FIFA, reggino, che poche ore prima aveva auspicato il meglio possibile per la Reggina, possa essere fischiato proprio dal pubblico di Reggio Calabria, è semplicemente imperdonabile. Eppure è accaduto, sabato scorso, durante la gara tra vecchie glorie di Operazione Nostalgia.

E ci rifiutiamo di pensare che il Presidente Infantino sia stato fischiato perché la Reggina è in Serie D. Sarebbe come se, in qualche periodo di scarso afflusso turistico in città, qualcuno si fosse sentito in diritto/dovere di entrare al museo per prendere i Bronzi di Riace a testate. O forse il Palermo è fallito per colpa di Sergio Mattarella? O lo stesso Infantino, da italiano, avrebbe dovuto mettere in rete al posto di Ciro Immobile i palloni utili a far qualificare l’Italia alle recenti edizioni dei Mondiali?

Il discorso diventa sociologicamente ancor più intricato, quando viene applaudito qualche carnefice. Ogni paragone con Gesù e Barabba, oltre a risultare blasfemo, non renderebbe l’idea. Ma d’altronde, quando su queste colonne si provava a far aprire gli occhi sulle malefatte di Saladona – e non è una crasi tra Marcelo Salas e Diego Armando Maradona – ad essere “fischiato” era proprio il Dispaccio. Tutti col paraocchi, almeno fino al Tar del Lazio. Se non oltre. Con firme nazionali schierate a difesa. Con Dentinho che tutto ha fatto, tranne che chiedere aiuto alle persone giuste.

Per comprendere i motivi di tali gesti, forse bisogna andare a vedere le reazioni. In particolare, le mancate reazioni. Da parte di quei soggetti o, per meglio dire, entità preposte ad intervenire in merito.

Falcomatà. Giuseppe Falcomatà. In campagna elettorale. Foto insieme. Saluti sulla pista dell’aeroporto. Cittadinanza onoraria a uno che già cittadino di Reggio lo era, nelle vie di fatto. Forse si sarà accorto che il Sangiorgino d’Oro era già stato conferito da Giuseppe Scopelliti, quando Gianni Infantino era un semplice delegato UEFA.

Il tempo per farsi le foto, c’è stato. Il tempo e gli attributi per emanare un comunicato in cui si stigmatizzavano gli inaccettabili fischi rivolti al Presidente Infantino, no. Non importa se abbiano fischiato in 10, in 20, in 100 o in 200. Si fosse anche trattato di quattro bambini di 7 anni ciascuno, non può esistere una cosa del genere. Forse il primo cittadino non vuole mettersi contro dei potenziali elettori. Perché solo chi fischia un reggino a capo del calcio mondiale, può essere così ottuso da votare ancora per Falcomatà. Skibidi Peppe in una sera è passato da Operazione Nostalgia, a Nostalgia Doccia: niente acqua potabile per Totti e compagni, dopo l’esibizione al Granillo.

Come per il sindaco, abbiamo atteso oltre 48 ore per scrivere altrettanto della Reggina. Si badi bene, l’argomento Reggina lo stiamo evitando – almeno in chiave di commento a freddo – da un paio di mesi. Ossia dalla ripugnante conferenza stampa tenuta lo scorso luglio, dal signor Praticò. Quando ci ha accusati, senza nominarci, di non avere gli attributi di presentarci alle conferenze alle quali la Reggina però non ci invita. Cogliamo l’occasione per rasserenare qualche inguaribile nostalgico: non ci mancano le parole. Per dirla alla Luciano Moggi, ci manca l’anima. Ma non ce l’hanno uccisa. Tempo al tempo.

Quindi di Reggina scriviamo non in chiave tecnica o societaria. Lo faremo più avanti, un bel po’ più avanti. Ma non possiamo non far notare che anche il club, al pari di Falcomatà, a distanza di oltre 48 ore si è ben guardato dal prendere le distanze rispetto agli obnubilati che hanno accolto Gianni Infantino con dei fischi in diretta nazionale.

La maglietta e la targhetta evidentemente non sono riusciti a consegnargliela a Palazzo San Giorgio, sabato mattina. Nemmeno sabato pomeriggio, dato che il capo della FIFA si è intrattenuto principalmente con Lillo Foti, rivolgendosi a lui come se fosse ancora il massimo dirigente della Reggina e chiedendogli di riportarla in Serie A. Ormai divorati dalla gelosia, senza aver realizzato che persino il numero 1 del calcio mondiale li ha trattati per il nulla cosmico che sono, i “vostri” rappresentanti calcistici sono riusciti nel loro intento solo nello spogliatoio del Granillo.

Immaginiamo dunque una scena simile a quella di Maccio Capatonda – caucasico, normotipo e completamente rasato – nel film in cui si spaccia per Ruud Gullit – mulatto, aitante e famoso per la folta chioma – pur di imbucarsi in una discoteca vip. Riuscendoci. Infine. Comicamente.

Anche la Reggina – o quel che ne rimane, ahinoi – si è ben guardata dal mettersi contro qualche proprio sostenitore. Dimenticandosi di solidarizzare con il Presidente Infantino. Le campagne d’odio verso il giornalista, il Bandecchi di turno o qualsiasi altro eventuale soggetto eletto a nemico solo perché offusca o osteggia l’operato degli attuali occupanti, non escludiamo nascano da pettegolezzi soffiati nelle orecchie di ignari – o presunti – capipopolo, direttamente dal Sant’Agata o da Palazzo San Giorgio.

A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Se ci abbiamo azzeccato, stavolta vi dovete veramente nascondere. Presidente Infantino, chi ama la Reggina non vede l’ora che il suo auspicio trovi concretezza nella realtà. Sarebbe un sogno. Sarebbe soprattutto la fine di un incubo.

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