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L’impatto degli investitori stranieri sui club italiani

Da un controllo quasi assoluto di presidenti locali e famiglie storiche, negli ultimi anni sia Serie A che Serie B sono state oggetto di una forte trasformazione che ha visto investitori stranieri prendere il sopravvento sui nostri campionati maggiori.

 

Milano, Roma, Firenze e Parma sono solo alcune delle piazze che hanno visto la propria gestione “ridimensionata” ad una interfaccia più internazionale, caratterizzata da capitale dinamico ed attento al profitto.

 

Questo processo non solo ha privato la Serie A e B di una caratura sportiva più tenace ed aggressiva, ma ha trasformato le competizioni in veri e propri modelli di business, dove il pareggio di bilancio e la crescita di utili fanno da padroni.

Una nuova era per le finanze del calcio italiano

Con il vento della crisi di credito statunitense in arrivo verso l’Europa, già dai primi anni ‘10 del nuovo millennio molti club italiani si sono messi alla ricerca di capitali esteri.

 

Al contempo, l’arretratezza strutturale del nostro campionato, caratterizzata dalla mancanza di stadi di proprietà, calo dei ricavi televisivi ed una concorrenza straniera sempre più pressante, spinse più società a rivolgersi a fondi ed imprenditori internazionali.

 

Dopo oltre un decennio la partecipazione straniera alla competizione è diventata un tassello fondamentale delle nostre principali competizioni, il simbolo di un cambiamento profondo nella gestione del calcio italiano.

 

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AC Milan: da Berlusconi a RedBird Capital

Quella del Milan è forse la storia simbolo di questa rivoluzione.

 

Dopo oltre 30 anni di proprietà, la fine di un’epoca leggendaria come quella Berlusconi ha lasciato un vuoto societario importante, incipit di una fase turbolenta segnata da proprietari fallimentari e inadatti ad un ruolo così delicato.

 

Dapprima il capitale cinese di Yonghong Li, poi il fondo Elliot, oggi è il gruppo newyorkese RedBird Capital a gestire i piani alti di Casa Milan, nonostante un prolungato malcontento da parte dei tifosi, specialmente dopo la rottura con l’ex DS, nonché leggenda rossonera, Paolo Maldini.

 

Quella odierna è un’amministrazione basata sulla sostenibilità economica, sullo sviluppo internazionale del brand Milan (in primis tramite collaborazioni strategiche come Off-White) fino ad un significativo cambiamento dell’esperienza stadio, ora più “moderata” e rivolta alle famiglie.

La Roma e il sogno americano

Rispettando però un ordine più cronologico, fu l’AS Roma una delle prime grandi società a passare sotto gestione estera.

 

Fu dapprima il turno di James Pallotta, americano sognatore di una Roma internazionale, promotore di un progetto che ruotasse attorno ad uno nuovissimo stadio di proprietà ad oggi mai realizzato, con il fine di globalizzare il marchio della lupa.

 

Successivamente, dal 2020 subentrò la Friedkin Group, portando equilibrio ed ambizione societaria, ma soprattutto importanti trofei: la vittoria della Conference League nel 2022 guidati dal portoghese José Mourinho.

Fiorentina e il modello Rocco Commisso

Quella di firenze è invece una gestione definibile sotto questo punto di vista, “mista: dal 2019 l’imprenditore italo-americano, nonché primo tifoso di lunga data della viola, Rocco Commisso ha apportato al Franchi un modello più conservatore, emotivo, diretto, ma soprattutto fortemente legato alle proprie origini.

 

Commisso ad oggi ha investito in strutture d’allenamento, nel settore giovanile e in un rebranding della Fiorentina, ma ha anche rinnovato l’Artemio Franchi, onorando la storia e la tradizione di uno stadio così importante.

Criticata da molti, nonostante la stagione deludente, la Fiorentina di Commisso rimane un esempio di come l’investimento straniero possa unire radici italiane e visione globale, pur non senza difficoltà.

Vantaggi e rischi della proprietà straniera

Nonostante benefici evidenti derivanti dall’arrivo di capitali esteri (stabilità economica, gestione professionale, maggiore visibilità), sussistono rischi concreti.

 

Parliamo di una ricerca immediata del profitto, spesso interposta a storia e identità sportiva del club, entrambe sacrificate per un’immagine più family e profit-friendly, ma anche di una sottovalutazione da parte dei proprietari della complessità del sistema italiano, della sua burocrazia, delle sue tifoserie e delle rivalità storiche.

L’ondata di investimenti cinesi di fine anni 2010, per esempio, si esaurì rapidamente, lasciando realtà come Milan e Inter in cerca di stabilità.

 

Tifosi, cultura e il futuro del calcio italiano

In Italia il calcio non è solo intrattenimento, ma identità e appartenenza, e per questo qualsiasi investitore dovrà convivere ed imparare a rispettare la cultura locale.

 

Le proprietà di RedBird o Friedkin in questo senso dimostrano come sia possibile raggiungere un equilibrio tra innovazione e rispetto per i tifosi, perseguendo obiettivi di crescita sostenibile.

Mentre la Serie A cerca di riconquistare il suo antico prestigio, la presenza di investitori stranieri continuerà a modellare il futuro. Resterà quindi da capire se queste new-entry rafforzeranno il nostro calcio, o ne indeboliranno solo la storia e la tradizione.

Quello che è certo però, è che i presidenti “di casa” hanno definitivamente lasciato il posto ad un vero e proprio capitalismo calcistico globale.

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