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Le motivazioni della sentenza sul “caso Miramare”: la Cassazione salva Falcomatà con il concetto della “desistenza volontaria”

di Claudio Cordova – I giudici della Corte di Cassazione hanno depositato le motivazioni della sentenza con cui il 25 ottobre 2023 hanno annullato senza rinvio la condanna nei confronti del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, per il cosiddetto “Caso Miramare”.

Una cinquantina di pagine per annullare senza rinvio la sentenza con cui, l’8 novembre 2022, la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva confermato la condanna per il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, a 1 anno di reclusione, prorogando la sospensione in forza della Legge Severino.

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Com’è noto, il procedimento nasce dopo la grande polemica (anche politica) per l’assegnazione, con affidamento diretto, che la Giunta Comunale fece alla semisconosciuta associazione “Il Sottoscala”, dell’imprenditore Paolo Zagarella. L’affidamento diretto di una parte del “Miramare”, struttura di pregio in disuso da anni, sarebbe stata effettuata senza particolari controlli sulla effettiva capacità dell’associazione di impegnarsi in tale compito. Ma, soprattutto, sarebbe avvenuta in virtù del rapporto di amicizia tra lo stesso Falcomatà e Zagarella, compagni di serate danzanti nelle discoteche più “in” della città.

La sentenza di primo grado era stata emessa il 19 novembre 2021, condannando il primo cittadino ad una condanna di 1 anno e 4 mesi.

Anche la sentenza della Cassazione non nega, anzi, i consolidati rapporti tra Falcomatà e Zagarella, ma scrive: “Non risulta decisivo l’argomento che si incentra sulle previsioni di una causa di incompatibilità derivante da rapporti di frequentazione solo a carico dei pubblici dipendenti e non degli amministratori”.

Al centro dell’inchiesta, la delibera della Giunta comunale con cui l’Amministrazione affidava all’imprenditore Paolo Zagarella, titolare dell’associazione “Il Sottoscala”, la gestione temporanea del noto albergo Miramare, da tempo chiuso. L’affidamento della gestione della struttura di pregio, notissima in città, sarebbe avvenuto in maniera diretta a Zagarella: questi, infatti, è uno storico amico del sindaco Falcomatà e gli avrebbe anche concesso, in forma gratuita, i locali che avevano ospitato la segreteria politica nella campagna elettorale che porterà l’attuale primo cittadino alla schiacciante vittoria sul centrodestra nella corsa verso Palazzo San Giorgio. Numerosi, peraltro, sarebbero i contatti telefonici tra il primo cittadino e l’imprenditore. Circa 100.

Per la Cassazione, però, il fatto che Zagarella e la sua semisconosciuta associazione non abbiano, di fatto, mai iniziato alcuna attività all’interno del “Miramare” è dirimente: “Deve dunque ritenersi che la delibera avesse posto le condizioni per il rilascio di quel titolo costituisse dunque atto idoneo, inequivocamente rivolto al conseguimento di quel risultato, che tuttavia non era ancora in atto, occorrendo l’ulteriore passaggio attuativo, costituito dalla convenzione. È dunque fondato l’assunto difensivo, secondo cui sarebbe stata semmai configurabile un’ipotesi di delitto tentato”.

Anche se il giudice estensore Massimo Ricciarelli scrive: “Non si può concretamente porsi in dubbio la consistenza del vantaggio insito nella delibera incriminata, destinata ad assicurare all’associazione e a Zagarella che ne era il presidente e, nella sostanza, lo stratega, l’utilità correlata”.

Oltre a Falcomatà e a Zagarella erano imputati anche l’ex segretario generale del Comune, Giovanna Acquaviva, l’ex dirigente Maria Luisa Spanò, l’assessore in carica ai Lavori Pubblici, Giovanni Muraca, e gli ex assessori Saverio Anghelone, Armando Neri, Patrizia Nardi, Giuseppe Marino, Antonino Zimbalatti e Agata Quattrone. Condannati per abuso d’ufficio e assolti dal reato di falso, in primo grado. In Appello, i giudici avevano deciso per 6 mesi di reclusione nei confronti dei componenti dell’ex giunta comunale di Palazzo San Giorgio.

Ovviamente, la sentenza della Cassazione dell’ottobre scorso ha passato un colpo di spugna sulla situazione di tutti. Nella sentenza, vi sono alcuni passaggi, contestati dalle difese, che a giudizio degli Ermellini, avrebbero meritato un ulteriore vaglio in Appello. Cosa inutile (da qui l’annullamento senza rinvio) perché i tempi con cui la giustizia reggina processerà il sindaco avevano fatto maturare la prescrizione.

A salvare Falcomatà & Co. è il concetto di “desistenza volontaria”, peraltro non sollevato da tutte le difese degli imputati: “La desistenza presuppone un tentativo incompiuto, dovendosi escludere che siano stati posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo causale, capace di produrre l’evento […] deve ritenersi che la desistenza valga altrimenti a escludere in radice la rilevanza penale della condotta fino a quel momento tenuta”.

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