“Le tristi storie di violenza purtroppo si ripetono, perché non restano isolate. Si ripetono ancora oggi, in Calabria, come nel resto d’Italia e in tutte le parti del mondo. Ecco perché una giornata come quella odierna è importante e significativa, a patto però, che si cambi la cultura dell’uomo nei confronti della donna”. Lo ha detto il Sindaco Franz Caruso nel concludere, questa mattina, la seduta aperta del Consiglio comunale di Cosenza riunitosi nella sala delle adunanze di Palazzo dei Bruzi, sotto la presidenza di Giuseppe Mazzuca, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che, come ogni anno, viene ricordata il 25 novembre. Gremita la sala consiliare, anche per la presenza di oltre un centinaio di ragazze e ragazzi in rappresentanza degli istituti scolastici della città.
Il primo cittadino, in apertura del suo intervento, ha ricordato di aver partecipato, prima della seduta di Consiglio, ad una analoga manifestazione al Liceo Scorza, “per ricordare una vittima di violenza, la cara Roberta Lanzino, violentata e barbaramente uccisa il 26 luglio del 1988. I suoi violentatori ed assassini sono rimasti ignoti. Però, la storia di Roberta – ha aggiunto Franz Caruso – si è tramandata e si è trasformata anche in un’attività da parte dei genitori, Franco e Matilde Lanzino, che hanno riversato il loro impegno nella Fondazione e nel Centro Antiviolenza che portano il nome di Roberta”.
Per il Sindaco Franz Caruso ciò che va cambiata “è la rappresentazione di un sentimento così profondo come l’amore e che non può essere mai criminale. Quello che è criminale non può essere amore e quando ci sono dei segnali come quelli che sono stati ricordati da alcune giovani studentesse intervenute nel dibattito, attraverso ammirevoli testimonianze, degne di attenzione che hanno fatto leva sui sentimenti trasformatisi in paura, vanno colti subito, immediatamente fronteggiati ed anche condivisi, prima di essere denunciati. Perché spesso c’è la paura anche della condivisione. Dovete condividere e raccontare quelli che sono anche i dettagli di un rapporto – questo il monito del Sindaco – che sono significativi di un modo di comportarsi che è irrispettoso dell’altro. Non dovete avere paura di condividere, dovete avere, invece, la consapevolezza che, condividendo alcune situazioni, si possono prevenire le violenze. E le violenze non sono solo quelle fisiche, che sicuramente sono quelle che fanno male, ma sono anche quelle psicologiche, sono le parole, i gesti e i comportamenti che originano pressioni e limitazioni di un rapporto purtroppo malato. Sono questi i segnali di qualcosa di patologico che va assolutamente affrontato, contrastato e condannato”. Il Sindaco ha anche parlato delle proposte di legge che sono state presentate in Parlamento per contrastare la violenza sulle donne. “Non credo alla repressione, ma ad un‘opera di prevenzione che nasce non solo all’interno delle scuole, ma anche all’interno delle famiglie. Prima ancora di arrivare alle altre istituzioni è nelle famiglie che è necessario si diffonda una cultura del rispetto per l’altro e per la donna ed è necessario anche che nelle famiglie si torni a quella sana educazione che avevano i nostri genitori quando a noi bambini sapevano dire no. Perché il problema è che oggi non si sa dire No. E quando non ci si si abitua a conquistare i traguardi con l’educazione, con la gentilezza, con il garbo ed il rispetto c’è il rischio concreto che quel no possa trasformarsi in un atto di violenza”. Franz Caruso non ha dubbi: “dobbiamo, invece, diffondere la cultura del rispetto. E noi questo dobbiamo cominciare a dirlo nelle famiglie per poi portarlo nelle scuole ed in tutte le altre istituzioni”. E sul significato del 25 novembre : “se queste giornate devono veramente avere un senso, devono essere partecipate e diffuse non solo il 25 di novembre, ma tutti i 365 giorni dell’anno, perché la violenza non si ferma solo con il 25 di novembre, ma si ferma con una azione continua e costante che noi dobbiamo insieme condividere, soprattutto con i giovani che sono non solo il nostro futuro, ma il nostro presente. Voi siete la nostra comunità, che possiamo migliorare e trasformare in positivo a patto che tutti insieme si diventi portatori della cultura del rispetto reciproco, soprattutto del rispetto della donna, che non è assolutamente la parte debole della società”. Franz Caruso si è detto contrario alle quote rosa “perché costituiscono una discriminazione. Riconosco, invece, alle donne un ruolo ed una capacità che alcune volte sono di gran lunga superiori a quella dell’uomo. L’amore è amore, è un sentimento che non distingue l’uomo dalla donna, per cui ritengo – ha aggiunto Franz Caruso avviandosi alle conclusioni – che questa giornata ha segnato un’altra bella pagina di questa città.
Ora dobbiamo andare oltre e cominciare a fare qualcosa di più e di diverso. Cosenza è una città accogliente e solidale e la nostra solidarietà dobbiamo esternarla e praticarla costantemente a favore delle nostre giovani affinché si possano veramente sentire tranquille nella nostra città”. A questo proposito, rispondendo alle sollecitazioni di alcune studentesse sull’aiuto richiesto direttamente al Sindaco per sentirsi più al sicuro, combattendo la paura di uscire sole da casa, Franz Caruso ha risposto, apprezzando il ruolo assegnatogli dalle ragazze, pur precisando che non è tra le sue competenze e le sue funzioni. “Sono contento di averlo – ha sottolineato – perché significa che i giovani vedono nella figura del Sindaco (non di chi oggi lo rappresenta, ma della istituzione) un riferimento importante. La sicurezza nel nostro ordinamento è assegnata alle forze dell’ordine, come in tutte le città. Mi fa piacere però che è stato individuato nella figura del sindaco il riferimento, la parte terminale delle paure. Perché io sono il primo cittadino, rappresento la città, sono responsabile della salute dei cittadini, ma non il responsabile della sicurezza. Noi ci siamo attivati anche in questo. Anche io che ho due nipotine, ancora piccole, vorrei che vivessero con la tranquillità di stare nella città, senza avere paura e senza il timore che qualcuno le possa un giorno seguire. Stiamo, ad esempio, installando nella città dei sistemi di video sorveglianza. Ma il problema non è il sistema di sicurezza utile ad individuare i responsabili di un’azione criminosa, dopo che è stata consumata. A noi serve qualcos’altro e cioè quell’iniezione culturale che deve portare i giovani, dai primi anni di consapevolezza e di conoscenza fino alla maturità, ad avere quella cultura del rispetto dell’altro e della donna in modo particolare, che è l’antidoto alla violenza. Solo questo può cambiare davvero le cose. Se non ci si appropria di quella cultura, non ci saranno sistemi di sicurezza in grado di garantire l‘incolumità delle donne e di tutti noi. Sonio partito ricordando Roberta Lanzino, perché dal 1988 ad oggi sono passati tanti anni, però i delitti per violenza sulle donne non sono diminuiti. Anzi sono aumentati. Ed allora il problema è chiedersi veramente che cosa bisogna fare in questa società per poter far sì che le donne siano tranquille nel camminare nella nostra città e nel mondo, senza avere paura dell’aggressione di un uomo. Bisogna che si capisca che il rispetto delle donne è il presupposto fondamentale di una democrazia e la democrazia si rappresenta con la libertà. Le donne devono essere libere di vivere la loro vita come meglio credono, senza temere che qualcuno possa limitarle o, peggio ancora, che di quella libertà possa privarle”.
Ad aprire i lavori, era stata la relazione della consigliera comunale, delegata del Sindaco alla cultura, Antonietta Cozza, prima firmataria della richiesta, presentata da un nutrito gruppo di consiglieri comunali, aderendo alla quale il Presidente Mazzuca ha convocato la seduta aperta della massima assemblea consiliare.
“La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – ha esordito Antonietta Cozza – non è una ricorrenza da calendario: è un dolore che ci attraversa, una sfida che ci chiama, un impegno che ci obbliga. È una giornata necessaria, e proprio per questo dolorosa: perché esiste solo perché la violenza non è ancora finita. E finché esisterà, non potremo tacere. Oggi – ha aggiunto Cozza – non parlo solo come amministratrice, ma anche come docente. E questo cambia tutto. Perché un’insegnante lo sa: lo sa che i ragazzi osservano, ascoltano, imitano. Lo sa che il linguaggio può ferire o può guarire. Lo sa che la cultura non è teoria, ma educazione viva. Lo sa che la prevenzione comincia molto prima delle leggi. Comincia nelle aule. Nei corridoi. Nei telefoni. Nelle relazioni. Ed è per questo che oggi vi parlo con voce doppia e un’unica responsabilità: quella di educare e quella di amministrare. La realtà è chiara – ha proseguito ancora la delegata del Sindaco alla Cultura -: la violenza non è un fatto privato. La violenza sulle donne è un fenomeno sociale, culturale, strutturale. Nasce da parole sbagliate, da ruoli imposti, da fragilità non riconosciute, da abitudini che sembrano normali ma non lo sono. Nasce da modelli che abbiamo tollerato troppo a lungo”. Per Antonietta Cozza non è possibile più accettare quella narrazione che riduce la violenza a un “raptus”, a un “dramma familiare”, a un errore del momento, perché – ha spiegato ancora Cozza rivolgendosi soprattutto agli studenti presenti nell’aula del Consiglio – “la violenza è un percorso. E ogni percorso può essere interrotto. Con l’educazione. Con la cultura. Con la responsabilità comune. Siete voi il centro di questo discorso. Perché il futuro non lo faremo noi: lo farete voi. Voi siete la generazione che può cambiare il modo in cui si parla, il modo in cui si ama, il modo in cui ci si relaziona. Siete la generazione che può spezzare il ciclo della violenza, non con i grandi gesti, ma con i piccoli comportamenti quotidiani. Ricordatevi questo: la violenza non comincia con un atto estremo. Comincia con una parola. Con una presa in giro. Con un controllo. Con un “fai come dico io”. Comincia con un “non vali abbastanza”. È lì che dovete intervenire. È lì che dovete dire no. È lì che dovete essere coraggiosi, gentili, liberi. Non lasciate che l’amore venga confuso con il possesso. Non permettete che la paura diventi un’abitudine. Noi adulti vi guardiamo: fateci vedere un mondo migliore”. E da delegata alla Cultura esprime un altro importante pensiero: “La Cultura deve essere uno scudo. Credo profondamente che la cultura sia il nostro scudo più forte, perché la cultura salva e previene. La cultura ci insegna a metterci nei panni degli altri, a riconoscere il dolore, a rispettare i confini, a comprendere la complessità. La cultura cambia le menti. E quando cambiano le menti, cambiano anche le società”. E Antonietta Cozza ha annunciato che facendo leva sulle iniziative culturali l’Amministrazione comunale andrà avanti sul percorso già tracciato: “continueremo a lavorare nei teatri, nelle scuole, nelle biblioteche, nei musei, nelle piazze. Continueremo a sostenere percorsi, progetti, laboratori, incontri, cinema, teatro, letture, confronti. Perché ogni occasione culturale è un’occasione di prevenzione. E ogni parola giusta può evitare una violenza sbagliata. Oggi assumiamo un impegno collettivo. L’impegno a educare. L’impegno a vigilare. L’impegno a costruire. Soprattutto, l’impegno a non lasciare mai sole le donne che chiedono aiuto e ad avvicinarci noi a quelle che non riescono a farlo”. E ha chiuso il suo intervento citando Eleanor Roosevelt, “una donna che ha fatto della dignità il fondamento della democrazia”: “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso.” Oggi il nostro compito è questo: educare, amministrare e costruire una comunità in cui nessuna donna debba più difendersi, in cui nessun ragazzo debba imparare il rispetto dalla paura delle conseguenze, in cui nessuna relazione si trasformi in dominio. Una comunità in cui la parola “inferiore” scompaia dal vocabolario delle relazioni umane. Una comunità che protegge, che ascolta, che cresce. Una comunità che non accetta la violenza. Mai”.
Subito dopo ha preso la parola il giornalista e scrittore Arcangelo Badolati che ha interessato l’attento uditorio con una relazione molto apprezzata anche dal Sindaco Franz Caruso che lo ha definito un vero e proprio “saggio di rara bellezza”. “Penso – ha aggiunto il Sindaco rivolgendosi al giornalista- che hai scritto una delle pagine più belle su uno dei sentimenti più importanti che è l’amore. Spaziando dall’epica, alla religione, alla poesia, alla letteratura, alla storia, fino alla musica, hai raccontato uno dei sentimenti più importanti che oggi credo vadano valorizzati e conosciuti”. Il Sindaco non ha escluso di poter dare alle stampe il saggio di Badolati per distribuirlo nelle scuole.
Entrando nel dettaglio dell’intervento di Badolati, si è trattato di una relazione che ha assunto come incipit l’amore verso la figura materna. Badolati ha citato prima Corrado Alvaro e poi Gioacchino Criaco che, parlando proprio della figura delle madri, ricorda il monito con cui, in dialetto calabrese, quello aspromontano, esortavano i figli e le figlie soprattutto, a non avere paura.
Poi il giornalista, rivolgendosi direttamente alle ragazze e ai ragazzi presenti nell’aula consiliare, dice che “della letteratura italiana piena di giganti dovete innamorarvi perché nella bellezza dei versi dei poeti, nel pensiero delle donne e degli uomini che hanno scritto opere straordinarie troverete la forza dell’amore e troverete la chiave per guardare con distacco all’oscurità e alla violenza”. Non poteva mancare il riferimento a Pier Paolo Pasolini che Arcangelo Badolati definisce “poeta contro tutti e che era stato allontanato per la sua irriverenza, per la sua schiettezza intellettuale e il suo coraggio. Quest’uomo così contro – ha spiegato ancora Badolati – ha scritto la cosa più bella che un uomo possa immaginare di scrivere nei confronti della propria madre, quella “Supplica a mia madre” che può essere considerato uno dei capolavori di sempre della letteratura mondiale”. Nel racconto di Badolati, passare da Pasolini alla mitologia è un attimo. Lo fa prendendo a prestito l’opera scultorea di Giorgio De Chirico, “Ettore e Andromaca”, uno dei punti di forza del Museo all’aperto Bilotti che fa bella mostra di sé sull’isola pedonale, nelle immediate vicinanze della sede di “Gazzetta del Sud”, il giornale dove Arcangelo Badolati lavora come capo servizio della sede di Cosenza. “Anche la statua di De Chirico – dice Badolati – celebra l’amore, tra Ettore e Andromaca, colto nel momento del distacco, perché Ettore è prossimo alla morte”. Quindi il giornalista e scrittore ricorda altre figure, come Giuditta Levato, la contadina, al settimo mese di gravidanza, uccisa a 31 anni durante una manifestazione per l’occupazione delle terre di Calabria e “che rappresenta il coraggio, per generazioni e generazioni, di contadine che hanno sofferto tirando avanti bambini con piccoli tozzi di pane per consentire a noi di essere quelli che siamo”. “Questo è il coraggio che dovete mostrare quando uomini che non capiscono cos’è l’amore, ritengono di esercitarlo attraverso il possesso e la prepotenza, la prevaricazione fisica e psicologica. Quando un uomo osa imporvi delle cose, dovete trovare il coraggio che ha mostrato Giuditta Levato”. Altri esempi dell’amore materno, in letteratura e poesia, Arcangelo Badolati le rinviene in Dante e in Giuseppe Ungaretti. Poi apre ferite ancora non rimarginate come quelle insanabili dei campi di stupro in Bosnia Erzegovina o come le brutalizzazioni inferte alle donne dai talebani. Si arriva a Shakespaere, al bardo inglese, che ha raccontato l’amore in tutte le sue declinazioni. “Non c’è niente di più potente dell’amore. Ecco perché va coltivato, mentre l’amore malato con le sue gelosie, è quello che va fermato. La storia delle donne, purtroppo- dice Badolati – è attraversata dalla violenza, che abbiamo finto di non conoscere, mentre stavamo comodamente seduti in poltrona guardare scorrere i titoli dei telegiornali”. Per Badolati in conclusione “l’amore è circolare, non solo quello tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, o tra persone dello stesso sesso. L’amore è circolare ed è sempre amore. L’amore è anche quello tra persone dello stesso sesso che è stato nascosto per secoli. L’amore è sempre amore, è un sentimento fortissimo, il più forte che ci sia e quindi va sempre rispettato”. E chiude con una citazione da Edgar Allan Poe, il più cupo tra gli scrittori: “chi sogna di giorno vede molte più cose di chi sogna solo di notte”. Viva l’amore!
Tra gli altri interventi succedutisi in Consiglio comunale anche quello di Stefania Bevilacqua della Consulta Intercultura del Comune di Cosenza, in rappresentanza delle minoranze presenti sul territorio. Stefania Bevilacqua rappresenta l’etnia rom di Cosenza. Ha sottolineato la persistenza del fenomeno della violenza contro le donne straniere e migranti, rom e sinti. “Un fenomeno poco conosciuto – ha detto- perché la violenza non conosce confini ed assume le forme più complesse. Non vengono denunciati i maltrattamenti e le forme di violenza si manifestano anche sotto l’aspetto economico. Il silenzio è il primo nemico da abbattere e ogni donna ha diritto alla libertà, al rispetto e soprattutto all’amore”.
Tra i consiglieri comunali è intervenuta Alessandra Bresciani che ha parlato delle difficoltà che le donne continuano ad incontrare nelle istituzioni, “specie quelle donne che non diventano ancelle del patriarcato”. Bresciani ha inoltre posto l’accento sulla riduzione degli spazi di democrazia a discapito delle donne e, rivolgendosi direttamente alle ragazze delle scuole presenti, ha ricordato che una delle violenze da combattere resta quella economica. Quindi ha fatto cenno al malessere che viene procurato alle ragazze soprattutto sui social. “Non dovete stare zitte e vergognarvi di niente”.
Subito dopo è intervenuta Rita Carravetta, di Spazio Donna Cosenza che ha ricordato come l’Associazione della rete WeWorld sia presente in tutta Italia dal 2014, con l’attivazione di empowerment. Carravetta ha ricordato come le donne, nei conflitti armati, sono le prime ad essere colpite e come la violenza sessuale sia utilizzata come arma di guerra. Quindi ha posto l’accento anche sulla violenza economica. “Occorre pertanto muoversi lungo quattro direttrici: prevenire, riconoscere, monitorare e intervenire”. E’ poi intervenuto il consigliere comunale Gianfranco Tinto. “Lo Stato in generale – ha detto – potrebbe dare grande coraggio alle donne che ci chiedono aiuto. Mi dispiace aver sentito il grido d’aiuto che si è levato da alcune ragazze in questa seduta di Consiglio. Assistiamo sempre dalle cronache alle violenze diffuse all’interno delle famiglie dove si attuano forme di violenza fisica e morale. Il welfare – ha aggiunto Tinto – ha pochissime risorse che arrivano dallo Stato e che dovrebbero essere incentivate. E’ importante che ci sia una presa di posizione – ha concluso il consigliere Tinto – per dare la possibilità alle donne di vivere la loro vita senza paura”.
