«È inaccettabile – afferma il senatore Ernesto Rapani – che sia proprio l’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, a denunciare pubblicamente le storture del sistema degli appalti e dei concorsi pubblici, in cui spesso uno stesso soggetto svolge il ruolo di controllore e controllato, quando è la stessa Anac ad avere il compito diretto di vigilare, prevenire e intervenire. C’è qualcosa che non torna».
Per Rapani, se l’Anac rileva lacune, opacità e situazioni fuori controllo, allora è doveroso chiedersi come agisce quando riceve esposti dettagliati, segnalazioni documentate e denunce formali. «Sarebbe utile sapere – incalza il senatore – cosa succede a quelle segnalazioni: finiscono in qualche cassetto? Rimane tutto come prima?».
Nel mirino del parlamentare ci sono le mancate reazioni di Anac su appalti o lavori pubblici affidati senza gara. Lavori per opere pubbliche aggiudicati a soggetti giuridici con ruoli pubblici nei medesimi enti, mai chiariti. Tutti temi su cui l’Autorità dichiara di voler intervenire, ma che – denuncia Rapani – «sono spesso ignorati, anche a fronte di denunce chiare e circostanziate».
«Forse – prosegue il Senatore – prima di denunciare all’esterno i difetti del sistema, l’Anac dovrebbe fare autocritica. Magari smettere di giocare allo scaricabarile e spiegare perché, su molti territori, resta immobile». Rapani fa riferimento anche a diversi comuni della Calabria dove gli affidamenti avvengono con modalità non limpide, «eppure l’Anac non si fa sentire. Lì dove dovrebbe esserci fermezza, spesso c’è silenzio». «Quando si parla di appalti – conclude Rapani – sappiamo bene che è la pubblica amministrazione il punto nevralgico. Ma se l’organo di controllo resta passivo, allora diventa parte del problema».