“Roma capitale cristiana” è il tema della conversazione che la Prof.ssa Lucietta Di Paola, già professore associato di Storia romana presso l’Università di Messina, dove ha insegnato Storia romana e Società e istituzioni nel mondo romano, terrà giovedì 1° dicembre alle ore 17,00 presso la Sala Giuffrè della Biblioteca Pietro De Nava nell’ambito degli incontri sul tema “La percezione dell’Antico” promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos, congiuntamente con la stessa Biblioteca e inseriti nella celebrazione del 50° dei Bronzi di Riace.
Il tema dell’incontro è anche il titolo di un agile volumetto realizzato dalla Mondadori e fa parte di una serie di libri dedicati alla storia di Roma. Nato in Palestina, terra natale di Gesù, alla morte del suo Fondatore, il Cristianesimo si diffuse dapprima – come è possibile seguire dal testo degli Atti degli Apostoli – nei territori circostanti. Le prime predicazioni degli Apostoli si svolgevano nelle Sinagoghe e questo non mancò di creare all’interno delle comunità giudaiche accesi contrasti e a far considerare lo stesso Cristianesimo come una sorta di eresia del Giudaismo. Almeno fino alla persecuzione di Nerone (64 d.C.) le stesse autorità romane non facevano distinzione tra Giudei e Cristiani e soltanto dopo tale persecuzione il Cristianesimo si rivelò come movimento religioso autonomo e subito considerato una exitiabilis superstitio. Fin dai primi momenti la Capitale dell’Impero, la Roma/Babilonia della Prima Lettera di Pietro, apparve anche la meta desiderata dagli Apostoli. Paolo vi giunse nel 61 d.C. a conclusione di un viaggio periglioso che lo condusse anche a Reggio. Pietro in una data tuttora incerta. Il martirio di entrambi, che la tradizione fissa al 67 d.C., diede a Roma un primato d’onore tra tutte le chiese dell’impero e costituì la base della nascita del futuro Papato. Il Cristianesimo delle origini non aveva luoghi di culto, cerimonie pubbliche, un calendario sacro né propri cimiteri. Esso si presentava come una religione affatto nuova ed inedita, lontana dal pantheon ufficiale e statuale della religione romana per cui apparve – ed era – come un movimento profondamente sovversivo che colpiva la stabilità delle istituzioni romane nonostante che la Lettera ai Romani di Paolo tentasse con la celebre espressione “nulla potestas nisi a Deo” una qualche rassicurazione e un avvicinamento. Iniziarono così le persecuzioni, invero episodiche, per quanto cruente, e non sempre promosse dall’autorità centrale ma in molti casi dalle comunità locali così da somigliare a quei progrom anti ebraici di cui è costellata la storia del 18^ e 19^ secolo. Nel corso dei secoli però il Cristianesimo aveva cominciato a penetrare anche tra i ceti più elevati della società imperiale sia in Oriente che in Occidente sostituendo quei culti orientali che prima di esso rispondevano meglio degli dei greci-romani ai bisogni spirituali di una età che è stata definita, a ragione, “di angoscia”. Inoltre – come suole accadere per tutte le rivoluzioni, anche per quelle spirituali – il Cristianesimo aveva perduto per strada le istanze socialmente e religiosamente più estreme ( e inaccettabili dalla maggioranza dei cittadini dell’impero) ed era andato incontro ad un inevitabile processo di secolarizzazione e di adattamento dotandosi di luoghi di culto e di forme di controllo della vita morale dei suoi fedeli e di salde strutture comunitarie così da divenire un movimento di massa che non era possibile più ignorare. Costantino nel 313 d.C. ne comprese la forza e realizzò l’identificazione dell’Ecclesia con lo Stato. Quanto questo abbia giovato all’originale messaggio di Cristo e ai bisogni e necessità della società del tempo e di quella futura è un problema tuttora dibattuto che nulla comunque ha a che vedere, ovviamente, con l’indagine storica che ha il compito di investigare i fatti “sine ira et studio” non di giudicare quei medesimi fatti.