“Il Signore ha vinto la schiavitù, ci ha liberati dal nostro essere schiavi e ci ha condotti ad una dimensione diversa, ad una relazione diversa, più intima, familiare, una relazione di consanguineità: da schiavi ci ha trasformati in figli. Da figli abbiamo la stessa eredità e da figli possiamo guardare Dio chiamandolo Padre. Questo lo vivremo in modo definitivo contemplando per l’eternità il volto del Signore. Però, dentro questa vita noi dobbiamo prenderci cura”. Così il vescovo, monsignor Serafino Parisi, che oggi ha presieduto le concelebrazioni eucaristiche officiate nei tre cimiteri cittadini (Sambiase, Nicastro e Sant’Eufemia) in suffragio ai defunti.
“Dire ‘Signore ti amo’ – ha aggiunto il Vescovo – è molto semplice; se poi lo dici con le lacrime risulti ancora più patetico. Il Signore si ama con i fatti e nella verità, direbbe Giovanni, concretamente. Anche da qui, magari, potrebbe venire una grande riflessione sul piano politico, quella politica alta, che scaturisce da una pagina del Vangelo come questa: se noi, per esempio, riuscissimo a pensare alle Politiche sociali prendendo come riferimento il rantolo di chi non ce la fa a camminare, la stanchezza di chi è ammalato e non ce la fa più, il respiro affannoso del povero che si trascina avanti nella storia. Se le nostre politiche sociali partissero da questa realtà ultima non avremmo ingiustizie o, meglio, anche le ingiustizie sarebbero di meno. Pensate ad esempio quanto succede nelle scuole quando un ragazzo, una ragazza, che ha bisogno del sostegno, di una continuità si trovano bloccati davanti ad una legge che, mentre si riempie la bocca di tolleranza, di inclusione, in realtà chiude, sbarra le possibilità agli altri perché c’è un’idea di giustizia troppo legata alla norma e poco aperta alla persona”.
“Noi – ha affermato ancora il Pastore della Chiesa che è in Lamezia – non dobbiamo governare e gestire le emergenze, ma farci carico ed essere responsabili del futuro dell’altro. Una bella idea di carità per il nostro principio della solidarietà, della sussidiarietà, del bene comune, per le politiche sociali, di elevazione dell’uomo di trasformazione della storia. Perché il Vangelo è questo: se un crocifisso è risorto, allora vuol dire che non c’è parola di morte sulla terra che non possa trovare la speranza della vita. Il vero senso della carità è innanzitutto non fare un gesto di elemosina per mettere a posto la coscienza ma fare la carità significa consegnarmi all’altro, totalmente, e dire all’altro ‘fa’ di me quello che vuoi perché ha senso la mia vita se riesce dare senso alla tua. Il senso della mia vita sei tu, come io posso essere il senso della tua esistenza’. È una consegna totale. Io non vado dal povero a dare qualche cosa che è mia. Magari vado dal povero a restituire qualcosa che era sua e che è stata tolta, oppure nella visione del Vangelo che è ancora più ampia: vado dal povero, dall’ultimo, a dargli quello stesso amore che mi attraversa all’interno del quale siamo inseriti e che è l’amore di Dio che tramite me vuole dare all’altro: io non do niente di mio, io faccio semplicemente da tramite dell’amore di Dio all’altro”.
Il brano di oggi del Vangelo, ha concluso monsignor Parisi, “ci indica la strada da compiere per arrivare pronti, preparati al giudizio. E la strada da compiere, lo abbiamo sentito, oggi, può essere riassunta, indicata, da un solo verbo e da un solo sostantivo: prendersi cura. La cura è il senso della nostra vita”.