di Roberta Mazzuca – Esistono, nel Centro Storico di Cosenza, “suggestivi” e “identitari” dipinti, raffiguranti episodi illustri della storia cittadina: l’ingresso di Carlo V in città, il massacro dei Valdesi a Guardia Piemontese, storie del passato raccontate attraverso l’arte. Esistono, nel Centro Storico di Cosenza, “emblematici” e “ironici” dipinti, raffiguranti la paradossale storia attuale del territorio bruzio, in cui arte e storia convivono orridamente con degrado, sporcizia, e incuria.
Sacchi di immondizia ricolmi di rifiuti stagnanti lì da settimane, un gatto alla ricerca di cibo, e sopra di loro l’arte, inconsapevole osservatrice di una gloria decaduta. In fondo, lo stesso sindaco Caruso lo aveva detto quasi fieramente nel corso di una conferenza stampa: “Si, ci saranno anche le buche e il problema del decoro urbano, ma Cosenza è una città diversa, entusiasta”. Come fosse l’entusiasmo, per il primo cittadino, l’ingrediente principale per portare cultura, turismo e benessere in città. Non è un caso, dunque, se proprio questa immagine, alle porte di Corso Telesio, il corso principale che attraversa il centro storico, sia presa come riferimento emblematico di questo reportage. Perché è l’immagine più vera e paradigmatica della Vecchia Cosenza (e non che quella nuova se la passi meglio), da sempre al centro di una ormai storica contraddizione: un contenitore di cultura, storia, arte, tradizione, in cui tutto viene però affiancato e, successivamente, sovrastato, da rifiuti, sporcizia, incuria, abbandono, crolli. Un territorio distrutto dall’indifferenza, spesso mascherata da annunci di imminenti investimenti e riprese, di interessamenti mai veramente compiuti.
Nelle ultime settimane, grande protagonista in città è stato proprio il Centro Storico, oggetto privilegiato di consistenti finanziamenti relativi a CIS e Agenda Urbana, e ogni giorno in prima pagina per la continua apertura (o meglio, i continui annunci di apertura) dei relativi cantieri di lavoro, che porterebbero, nelle parole dei vari amministratori, alla “rinascita di Cosenza Vecchia”. E perché non seguire più da vicino questa speranzosa papabile rinascita? Di cantieri, è bene dirlo, se ne sono trovati ben pochi, quasi sempre inattivi. Non ve n’è traccia, ad esempio, alle scuole storiche dello Spirito Santo e di via Milelli, la cui apertura è stata annunciata il 20 febbraio. Così come non vi è traccia di quello a Santa Lucia, annunciato il 30 marzo. O dei lavori di riqualificazione dell’illuminazione pubblica. Visibile, invece, quello della Casa delle Culture o un timido tentativo di cantiere al Complesso San Gateano.
Dei cantieri, dunque, poche e inconsistenti tracce. E degli eventi neanche quelle. Li chiamava “cantieri-evento” Francesco Alimena, il consigliere e delegato al Centro Storico che, un anno fa, annunciava orgogliosamente il progetto. “I cantieri saranno visitabili e animati da performance live, eventi e concerti. Saranno raccontati e vissuti dai turisti, dai viaggiatori e ovviamente da coloro che risiedono nel Centro Storico” – affermava. Che non sia stato altro che fumo buttato negli occhi in grande stile? Rimarrà la cenere o da quelle ceneri la fenice rinascerà? Solo il tempo potrà dirlo. Intanto, però, le immagini parleranno al nostro posto. Qual è oggi il vero volto di Cosenza Vecchia oltre gli annunci e le promesse?
“Ma qui non dovrebbe essere stato aperto un cantiere?”. “E come no, signorì, guarda qua che cantiere”. Questa la breve e simpatica conversazione, nella sua tragica ironia, avuta con un residente del quartiere di Santa Lucia, mentre indica un terrificante cimitero di detriti, rifiuti, e carcasse di vario genere davanti ai nostri occhi. L’immagine è orrorifica, sconvolgente, se non fosse che in questo luogo abbandonato da Dio e dalle varie amministrazioni, può chiamarsi solo “normalità”. Carcasse e lamiere abbandonate lì da anni, ancor prima che l’amministrazione Caruso prendesse il sopravvento. Si ritrovano lì, ogni volta che ci si appresta a documentare la situazione, certezze inconfutabili di una perpetua atrocità. Edifici devastatati, crolli ad ogni angolo, incendi che hanno lasciato il segno, e discariche a cielo aperto di dimensioni indescrivibili. La guerra si consuma in altri luoghi, e fortunatamente non in questo, ma lo scenario ricorda proprio quello bellico. Così come in guerra i bambini giocano fra i detriti di case distrutte, di territori martoriati, di luoghi trasformati irrimediabilmente in devastazione con cui imparare a convivere, a Santa Lucia i bambini giocano fra quegli stessi detriti, diventati per loro assoluta normalità. Così come lo sono i rifiuti, o la paura di un crollo, o la rassegnazione che pervade i volti dei più grandi. Non ci sono i bombardamenti a Santa Lucia, non quelli fisici almeno. Ma un territorio bombardato è ciò che si ritrova, da amministrazioni avide, incapaci, e indifferenti.
La passeggiata continua, attraversando il corso principale, Corso Telesio, in cui trovare incuria e sporcizia non è difficile, come nel resto della città. Rifiuti abbandonati ovunque, crepe su ogni edificio, e qualche fiore piantato qui e là dall’attuale amministrazione non basta da solo a lenire il dolore che lo sguardo attraversa. Davanti alla Cattedrale, di cui tanto si sono celebrati i fasti agli 800 anni dalla sua nascita, un materasso sporco e maleodorante, abbandonato insieme ad altri rifiuti. Se la gioca con un altro, pieno di escrementi, trovato poco più avanti. Una gara al rifiuto più putrido, che potrebbe tenere impegnati i più temerari per mesi interi. Perché c’è sempre qualcosa da scoprire, oramai, nel Centro Storico di Cosenza, e non è sicuramente l’arte, né la storia, né la tradizione. Gli edifici storici non vengono risparmiati, anzi, privilegiati quasi, in quel perfetto connubio di degrado e cultura tipico della nostra Vecchia Città.
E più su, un giro alla Villa Vecchia, un altro dei posti potenzialmente più belli. Potenzialmente è, difatti, la parola d’ordine. Una distesa infinita di verde e natura, completamente desolata, perché poco attrattiva per chiunque e, anzi, pericolosa in alcuni punti. Recinzioni distrutte o traballanti, pavimentazione simile al devastato manto stradale cittadino, piante non curate, perfino un estintore abbandonato. Chi si sognerebbe mai di trovare, in uno dei parchi o delle ville d’Europa, accanto al maestoso Palazzo della Provincia, uno spazio verde così poco curato, poco sicuro e completamente deserto nelle ore più serene e calde della giornata?
Ma l’abbandono e l’incuria affondano le proprie radici così tanto in uno storico passato, che capita anche di ritrovare atavici cartelli che segnalano ancora Palazzo Bombini come alloggio universitario. Percorsi, poi, completamente sfasciati, indicazioni obsolete, e lungo il fiume si scorge un anziano signore. Fa quasi tenerezza, con il suo carrellino della spesa, ad occhi attenti sicuramente un po’ sospetto. E difatti la tenerezza passa quando, sceso lungo l’argine, è lì che, svuotando il suo ormai “colpevole” carrellino, abbandona un consistente ammasso di rifiuti. Non è difficile scorgere scene simili in tutta la città. Ma i controlli non ci sono, le telecamere neppure, e denunciare per i cittadini è diventato difficile, all’interno di un clima in cui la paura di ripercussioni ha totalmente preso il sopravvento.
Non basterebbe una vita intera per documentare tutti i “reperti” che nel Centro Storico di Cosenza possono essere ritrovati. Qualche indicazione ancora contemporanea, però, c’è: un cartello che indica la direzione per raggiungere la Biblioteca Nazionale e, insieme, l’area archeologica di Piazza Toscano. L’una, una superstite brillante di uno scempio aberrante, e l’altra la manifestazione più evidente dei danni di una cattiva politica. Ancora una volta, il connubio di cultura e arte da un lato, il degrado dall’altro. Una Biblioteca Nazionale, eccellenza del patrimonio bruzio, collocata in un luogo da brividi, sottoposto a sequestro nel 2016 da parte dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, in cui una struttura ormai fatiscente e altamente pericolosa, contornata da transenne facilmente attraversabili, è in totale decadimento. Non solo rifiuti, ma vetri rotti, sterpaglie, pietre che cedono, reperti danneggiati, ed escrementi di animali sparsi nell’intera struttura, diventata rifugio dei randagi e luogo dedito ad atti di vandalismo. E la pericolosità, oltre che la tristezza, di un tale panorama risulta evidente quando due povere turiste, avventuratesi inavvertitamente in questo spazio, salgono sulla struttura pericolante per osservare più da vicino ciò che avrebbe dovuto essere storia, e invece fu degrado.
E, ancora, il quartiere Rivocati-Riforma, con la Casa della Musica e il Cine-Teatro “Aroldo Tieri”, diventato alloggio per i senza tetto. “L’installazione a Piazza Amendola delle sculture musicali, tra cui quella dedicata a Lucio Battisti, è il primo atto finalmente concretizzato dell’avvio del cantiere che interesserà la riqualificazione del quartiere, fino a ieri abbandonato a se stesso” – affermava il 18 marzo del 2022 il sindaco Franz Caruso. A guardarlo, quel “non-luogo” da lui definito, “fino a ieri abbandonato a se stesso”, pare ancora essere così. Anzi, all’abbandono dell’intera area si è aggiunto anche quello dell’opera che avrebbe dovuto rappresentare l’avvio di questa rinascita, inaugurata alla presenza di Mogol. Come se l’installazione di un’opera, per quanto importante e di valore, alla presenza di uno dei più grandi artisti di sempre, potesse da sola determinare la rinascita di un luogo, scongiurarne l’abbandono, eliminare l’incuria e l’inciviltà ormai radicate senza effettive azioni di controllo da parte della politica. L’opera, anch’essa, diventa solo un altro esempio dell’ennesimo connubio di arte e degrado.
E chissà, di tutto questo si potrebbe farne un’arte. Perché in fondo, saper trasformare ogni simbolo di cultura in degrado è un eccellente primato artistico che spetta di diritto all’antica Atene della Calabria.