Di Roberta Mazzuca – “Un libro amaro, ma necessario”. Così definisce Antonietta Cozza, delegata alla Cultura del Comune di Cosenza, il libro di Carlo Guccione “Amara Verità. Le responsabilità dello Stato nell’ingiustificata voragine del debito sanitario calabrese”, presentato ieri al Teatro Rendano. “La particolarità che vi colpirà di questo libro è la documentazione”. Il “mostro” della sanità calabrese quello descritto da Guccione, un’amara verità che ognuno di noi tocca e verifica giorno per giorno e che la cronaca, cosentina e non, continua a raccontare nella sua ormai disarmante “normalità”.
Ad aprire il dibattito il presidente del Consiglio del Comune di Cosenza Giuseppe Mazzuca, che fin da subito evidenzia, insieme al sindaco Franz Caruso e agli altri ospiti presenti, la responsabilità dello Stato nei confronti della Calabria: “Ci vuole coraggio a scrivere un libro come questo. Facciamo in modo che questa amara verità diventi una verità a favore dei cittadini. Sono stati nominati commissari inadeguati, incompetenti, privi degli strumenti per sconfiggere questa piaga. Con il presidente Occhiuto non abbiamo visto purtroppo miglioramenti, perché bisogna mettere mano a tutta la macchina che governa la sanità, e possiamo farlo soltanto se il Governo centrale ci dà una mano”.
La parola passa poi a Sebastiano Andò, professore di patologia generale all’Università della Calabria, che ha curato la prefazione del libro: “Un atto di coraggiosa denuncia sociale, inedita. Non si capisce perché il commissariamento sia stato condizione di cronicità per dodici anni, in un contesto di alienazione della sanità calabrese”.
Eugenio Corcioni, presidente provinciale dell’Ordine dei Medici di Cosenza, rappresenta invece una voce fuori dal coro, mettendo in evidenza le contraddizioni dell’opera di Guccione: “Per due legislature sei stato consigliere regionale, la denuncia poteva essere fatta lungo quel cammino. In questo senso, quella di oggi mi sembra una discussione monca, perché manca chi oggi governa la Regione”. Mette in evidenza, poi, l’assoluta mancanza di un controllo sociale e giuridico: “Leggi questa caterva di scandali e non si può non notare l’assoluta assenza di una sola sentenza decisiva che abbia cambiato i comportamenti. Quello che emerge da questo libro, allora, è che in questi dodici anni non sono mancati i soldi, ma quei soldi sono serviti a fare altro”. Corcioni ha ricordato, ad esempio, come la commissaria dell’azienda ospedaliera di Cosenza abolì l’ufficio legale dell’azienda, come in tutte le ASP non esista un registro del contenzioso e come in tantissime cause l’ASP sia stata condannata in contumacia.
“Benvenuti in Calabria” – scrive nel suo incipit Carlo Guccione. “Dopo dodici anni di fallimentare gestione commissariale della sanità. Una lacerazione sociale senza precedenti”.
Ogni anno lo Stato trasferisce circa tre miliardi e mezzo di euro per la gestione del servizio sanitario regionale, risorse di cui si occupano i vari commissari. Ciò che è evidente in Calabria è, però, soprattutto una “desertificazione” della medicina territoriale dovuta anche all’insufficienza del personale medico e paramedico. I calabresi hanno già pagato un miliardo di tasse IRAP e IRPEF perdendo anche la fiducia nel sistema sanitario pubblico. Nel 2019, 53.866 calabresi sono stati costretti ad emigrare per curarsi, e il 60% dei ricoveri fuori Regione viene programmato, con un costo di quasi 300 milioni all’anno. Questi alcuni dati che emergono dal lavoro di Guccione, che evidenzia: “Lo Stato italiano è in debito con la Calabria. Credo che il tema della sanità sia centrale nell’agenda politica calabrese”.
“Ciò che mi ha spinto a scrivere – prosegue – è raccontare le mie battaglie da consigliere regionale che ho condotto sia verso Scopelliti sia verso Oliverio. La contraddizione di cui parlava Corcioni non esiste. Ho scoperto io le doppie e triple fatture di cui oggi parlano tutti. Sono stato sentito più volte dalla Guardia di Finanza. Non ho scritto il libro per autoelogiarmi bensì perché siamo a una svolta. Dopo dodici anni lo Stato ha fallito, questo è un dato politico. Poi c’è un altro debito ingiustificato, alimentato da un intreccio politico affaristico. I soldi in bilancio servono a pagare un enorme costo anche generato dalle proroghe delle gare. L’Asp di Reggio Calabria ha 49 gare prorogate, dal 2003 abbiamo servizi scadenti a costi elevatissimi, per la ristorazione la gara si è fatta solo recentemente e per 15 anni abbiamo pagato 2,5 euro in più a pasto rispetto la media nazionale. Moltiplicate per il numero giornaliero di pazienti e potrete farvi l’idea del giro d’affari che ci sta dietro. Il tutto per la mala gestione dei commissari”.
In conclusione, prende la parola il ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando: “Il commissariamento di dodici anni dice tutto e noi non ci nascondiamo rispetto agli errori del passato come fanno altre forze politiche che pure erano al Governo. È meno semplice però capire come si estingue questo debito. Io parto da una riflessione: il coronavirus è stato uguale per tutti, ma in ognuna delle regioni si sono individuate soluzioni diverse. Bisogna riflettere allora su una competenza regionale così spinta. Invece vedo che si torna a insistere sull’autonomia differenziata e mi preoccupo. La seconda questione riguarda il tema dell’istituto del commissario che vale anche per lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni. Se mandiamo qualcuno a svolgere monocraticamente un’azione di bonifica ma la struttura resta la stessa non ne caviamo un ragno dal buco. Bisogna individuare bene quale mandato e quali strumenti debbano avere i vari commissari”.
La terza questione posta da Orlando riguarda la sfida del PNRR che non è solo un problema calabrese: “Il rischio è che venga usato per tappare le falle del sistema anziché riformarlo alla base. La svolta allora è ridare una centralità al ruolo dei sindaci”.
“Il libro di Carlo – conclude il ministro – si può leggere anche come un giallo, ma rovesciato, in cui il colpevole è già noto, lo Stato, e la vittima è la sanità, insieme a tutti noi”.