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Processo “Déja vu”, cade l’aggravante dell’agevolazione mafiosa per uno degli indagati

La Corte di Cassazione ha posto la parola fine al processo c.d. Déjà vu, nell’ambito del quale la Procura Distrettuale di Reggio Calabria aveva effettuato una vasta operazione di repressione di una serie di truffe ai danni di alcune aziende del Nord Italia, poste in essere nel territorio di Gioia Tauro, in gran parte da Antonio Russo, che poco dopo l’arresto divenne collaboratore di giustizia.

In accoglimento del ricorso presentato dall’Avv. Domenico Alvaro – si legge in un comunicato stampa dello stesso legale – nell’interesse di Giuseppe Bono, 51 anni, di Gioia Tauro, la Quarta Sezione della Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, Prima Sezione Penale, limitatamente all’aggravante dell’agevolazione mafiosa riducendo così la pena inflitta per il reato di truffa ad anni due e mesi due, già interamente espiata in sede cautelare.

Ad accusare il Bono di far parte dell’associazione gioiese dedita alle truffe in danno di numerose ditte, era stato il collaboratore di giustizia Antonio Russo, ma già la Corte di Appello, riformando la pesante condanna (anni sei di reclusione) inflitta in primo grado, con il rito abbreviato, dal GUP DDA di Reggio Calabria, dott.ssa Bennato, aveva escluso per il Bono sia il reato di associazione per delinquere comune che l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Tale capo era stato però impugnato dalla Procura Generale di Reggio Calabria e la Suprema Corte, confermando l’assoluzione dal delitto associativo, aveva annullato la sentenza limitatamente all’aggravante speciale con rinvio alla Prima Sezione penale della stessa Corte di appello di Reggio Calabria, che, utilizzando le dichiarazioni del Russo, con sentenza del 28 marzo scorso, aveva attribuito al Bono l’aggravante agevolatrice delle cosche mafiose gioiesi.

La decisione era stata gravata di ricorso per cassazione dal difensore del Bono, avv. Domenico Alvaro, per plurimi vizi di legittimità, ritenuti ora fondati dalla Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che, annullando senza rinvio il capo relativo all’aggravante speciale ed eliminando la relativa sanzione, ha posto la parola fine all’aggrovigliata vicenda giudiziaria iniziata oltre dieci anni fa. ‎<Questo messaggio è stato modificato>

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