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XX Festival d’autunno, venerdì 22 al Teatro Politeama arriva Maurizio Battista: “Saranno tre ore di divertimento sfrenato e musica, in chiave molto ironica”

Saranno «tre ore di divertimento e musica, in cui si parlerà della vita di trenta anni fa, facendo un parallelo tra la vita degli anni ’70, ’80 e adesso. Tutto questo in chiave molto ironica», parola di Maurizio Battista. È proprio il comico romano a raccontare “Ai miei tempi non era così” lo spettacolo che lo vedrà in scena al Teatro Politeama il prossimo 22 ottobre, per il XX Festival d’autunno, realizzato con il supporto di Mic, Por Calabria Fesr Fse, Calabria Straordinaria, in collaborazione con Fondazione Carical e i Comuni di Catanzaro, Montauro, Soverato, Tropea e Santa Caterina.

«Il Festival d’autunno quest’anno ha voluto aggiungere nella programmazione anche riservare un momento di leggerezza – ha affermato il direttore artistico Antonietta Santacroce -, inserendo in cartellone uno spettacolo premiato dal sold out in tutti i teatri italiani nella scorsa stagione, grazie al protagonista che vanta uno stile di comicità unico, mescolando ironia, sarcasmo e osservazioni sulla vita quotidiana che riescono a farci ridere di noi stessi. I suoi spettacoli sono sempre frutto di un lungo studio, e anche quelle che possono sembrare semplici battute riescono a farci riflettere su aspetti della vita che spesso diamo per scontati».

La serata sarà infatti una disamina, sempre col sorriso sulla bocca, di ciò che è cambiato negli ultimi trenta quaranta anni, con una tecnologia sempre più presente nelle nostre vite e che forse non è stata poi così conveniente. «Ciò che si può pensare sia un vantaggio – afferma Battista -, è in realtà uno svantaggio e lo dimostro nel corso dello spettacolo. Ad esempio, il cambio di residenza: prima si andava alla circoscrizione, si facevano quelle due ore di fila, si cambiava la residenza e si tornava a casa. Oggi si fa online, perché è tutto più comodo e veloce: stai lì, clicchi, clicchi, clicchi e alla fine, dopo due ore che stai là al computer, devi andare al caf! Prima avevi poco tempo libero, adesso nel cosiddetto tempo libero devi andare a cambiare le impostazioni di Sky, devi andare alla Vodafone a cambiare la scheda, devi programmare i canali e il decoder… Questo è tempo libero? È libertà questa? No».

Quindi, il risultato è che un tempo era meglio: «Era tutto più rustico, ma era più facile e divertente. Paradossalmente era più semplice prima – ammette Maurizio Battista -. Basta pensare anche alla cucina: io faccio dei piatti eccezionali, come il pollo coi peperoni, ad esempio. Da leccarsi i baffi. Poi se voglio ci faccio pure le patate in umido, è un piatto eccezionale. Oggi invece, no: devi prendere l’erba cipollina, e la curcuma e il petto di pollo che arriva dall’estero, insomma ci complichiamo solo la vita».

Ma c’è qualcosa che si salva? «Non tutto è demoniaco: la mail ad esempio – riflette l’attore romano -, è molto più comoda della lettera, perché arriva prima. Però ci sono tante altre cose che tu non ti rendi conto ma perdi non solo tempo, perdi il contatto umano. Prendi i matrimoni, un tempo duravano di più, perché adesso è molto più facile conoscersi, in tre secondi su facebook, con un like. E lo dice uno che è al terzo matrimonio, so quello che dico, stai a parla’ con un professionista».

«Tutta sta modernità dove ci ha favoriti? Abbiamo perso l’umanità, il contatto umano, abbiamo coltivato l’egoismo – aggiunge Battista -. A Roma due giorni fa hanno trovato due gemelli di 75 anni morti da chissà quanto e non se n’era accorto nessuno. Erano completamente soli. Vi garantisco che negli anni ’70 questo non succedeva, perché erano tutti amici, tutti poveri forse, ma ci si aiutava, si stava insieme. E’ questo il meglio che pensiamo?».

Come si fa, allora, a far ridere di fronte a queste riflessioni?  «Devi essere un fenomeno, io lo sono. E poi devi essere umile, e io sono umile», risponde prontamente ridendo di gusto. In realtà, si affretta ad aggiungere: «Non c’è molto da fare: quando tocchi un nervo scoperto è chiaro che la gente ride. Nei pezzi che faccio di inventato non c’è una parola, neanche mezza, quella che racconto è solo la realtà. È la vita reale».

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