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Caso “Miramare”, Giuseppe Falcomatà condannato anche in Appello: un anno di reclusione per il sindaco di Reggio Calabria

di Claudio Cordova – La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna per il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, attualmente sospeso, a 1 anno di reclusione. Regge così, anche in secondo grado, il processo sul cosiddetto “Caso Miramare”.

La Corte d’Appello ha pronunciato la lettura del dispositivo poco dopo le 23:30 all’interno del palazzo di Piazza Castello, a distanza di circa un anno dalla sentenza di primo grado, emessa il 19 novembre 2021, che portò il primo cittadino ad una condanna di 1 anno e 4 mesi. La Procura Generale aveva chiesto circa un mese fa, la conferma della condanna nei confronti di Falcomatà e della sua ex Giunta comunale.

In primo grado i pm Walter Ignazitto e Nicola De Caria avevano stigmatizzato il comportamento dell’allora sindaco reggino, sospeso dalla carica dal momento del pronunciamento della sentenza di primo grado. “Questo è un processo sul modo in cui si deve intendere la funzione pubblica, con imparzialità e trasparenza” aveva detto nel corso del proprio intervento il pm Ignazitto.

Il procedimento nasce dopo la grande polemica (anche politica) per l’assegnazione, con affidamento diretto, che la Giunta Comunale fece alla semisconosciuta associazione “Il Sottoscala”, dell’imprenditore Paolo Zagarella. L’affidamento diretto del “Miramare”, struttura di pregio in disuso da anni, sarebbe stata effettuata senza particolari controlli sulla effettiva capacità dell’associazione di impegnarsi in tale compito. Ma, soprattutto, sarebbe avvenuta in virtù del rapporto di amicizia tra lo stesso Falcomatà e Zagarella, compagni di serate danzanti nelle discoteche più “in” della città.

Oltre a Falcomatà e a Zagarella erano imputati anche l’ex segretario generale del Comune, Giovanna Acquaviva, l’ex dirigente Maria Luisa Spanò, l’assessore in carica ai Lavori Pubblici, Giovanni Muraca, e gli ex assessori Saverio Anghelone, Armando Neri (attuale vicesindaco metropolitano), Patrizia Nardi, Giuseppe Marino, Antonino Zimbalatti e Agata Quattrone. Condannati per abuso d’ufficio e assolti dal reato di falso, in primo grado.

In Appello, i giudici hanno deciso per 6 mesi di reclusione nei confronti dei componenti dell’ex giunta comunale di Palazzo San Giorgio.

Per tutti, non menzione della condanna.

Al centro dell’inchiesta, la delibera della Giunta comunale con cui l’Amministrazione affidava all’imprenditore Paolo Zagarella, titolare dell’associazione “Il Sottoscala”, la gestione temporanea del noto albergo Miramare, da tempo chiuso. Uno dei “gioielli di famiglia” l’ha definito nel corso del suo esame, il sindaco Falcomatà. L’affidamento della gestione della struttura di pregio, notissima in città, sarebbe avvenuto in maniera diretta a
Zagarella: questi, infatti, è uno storico amico del sindaco Falcomatà e gli avrebbe anche concesso, in forma gratuita, i locali che avevano ospitato la segreteria politica nella campagna elettorale che porterà l’attuale primo cittadino alla schiacciante vittoria sul centrodestra nella corsa verso Palazzo San Giorgio.

“Il sindaco Falcomatà non solo non si è astenuto, come invece avrebbe dovuto. Ma è stato il vero regista dell’operazione” avevano detto i pm Ignazitto e De Caria in primo grado. La Procura della Repubblica reggina, peraltro, è stata anche applicata nel procedimento di secondo grado, al fianco della Procura Generale. Per l’accusa, l’associazione “Il Sottoscala” sarebbe stata il grimaldello attraverso cui Zagarella avrebbe penetrato il “Miramare”. Organizzando poi serate danzanti, intascando, evidentemente, un mucchio di quattrini: “Il ‘gioiello di famiglia’ era diventato un affare di famiglia” aveva detto il pm Ignazitto. Numerosi, infatti, sarebbero i contatti telefonici tra il primo cittadino e l’imprenditore. Circa 100. Per la Procura, quindi, il Miramare doveva andare a un amico del sindaco: Paolo Zagarella. Non si voleva restituire la struttura ai cittadini, ma la si voleva dare a un solo cittadino.

Nel materiale probatorio, spiccano le conversazioni WhatsApp depositate dalla stessa Marcianò, nonché diverse testimonianze. Nell’impostazione accusatoria, peraltro, la Procura aveva ritenuto di sostenere la penale responsabilità di tutti gli imputati, solo con un minimo distinguo di pena. Ma, certamente, più attenzione era stata rivolta ai due fedelissimi di Falcomatà, l’assessore Armando Neri e l’assessore Giovanni Muraca. Quest’ultimo, nell’impostazione accusatoria, sarebbe stato colui il quale avrebbe, di fatto, consegnato a Zagarella le chiavi per avere la disponibilità del “Miramare”. Forse anche in tempi antecedenti alla delibera stessa. Sul punto, importanti le testimonianze dell’allora Sovrintendente ai Beni Archeologici, Margherita Eichberg, e di una sua collaboratrice, Giuseppina Vitetta, che avrebbero “sorpreso” Zagarella all’interno del “Miramare”, già intento a fare dei lavori.

Una delibera, quella del 16 luglio 2015, che sarebbe stata approvata a maggioranza con l’assenza dell’allora assessore, Mattia Neto, che infatti non verrà coinvolta nell’inchiesta del pm Walter Ignazitto. Delibera di assegnazione che, peraltro, verrà poi ritirata allo scoppio della bagarre politica e dell’indignazione cittadina, che porterà la Giunta anche a una conferenza stampa unitaria.

Angela Marcianò, grande accusatrice di Falcomatà (condannata a un anno di reclusione) è stata l’unica tra gli indagati a scegliere il rito abbreviato, mentre il resto della Giunta ha optato, compatta, per il dibattimento. Tra le accuse più gravi lanciate (tardivamente) da Marcianò, quella di risultare presente nel verbale di Giunta che approvò la delibera. Quando invece, a suo dire, aveva abbandonato la riunione in aperta conflittualità con la decisione assunta dall’Esecutivo Falcomatà. Secondo quanto riferito da alcune fonti, peraltro, Zagarella avrebbe avuto la disponibilità del “Miramare” anche prima dell’approvazione della delibera. Una condanna, quella rimediata da Marcianò,
che la estrometterà dal consiglio comunale, con il provvedimento di sospensione spiccato dal prefetto al momento dell’insediamento e poi cessato per decadenza dei termini.
Con la condanna di secondo grado, peraltro, dovrebbe ora ripartire il periodo di sospensione per Falcomatà, in quest’anno sostituito dal facente funzioni Paolo Brunetti. Ma una condanna di secondo grado per l’esponente del Pd riapre ora anche la partita politica a Palazzo San Giorgio.

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