di Valeria Guarniera - Due giullari che lavorano al servizio della gente, regalando sorrisi e portando il buon umore. Alfredo Auspici e Francesco Polimeni, calabresi doc, raccontano – da tanti anni ormai - l'aspetto più vero della Calabria. E lo fanno attraverso la voce di chi questa terra la vive veramente,riscoprendone tesori e bellezze dimenticate. Il sangue che gli scorre nelle vene è amaranto e della loro squadra – la Reggina – hanno fatto una scelta di vita. Come tutti i giullari, anche loro hanno un animo romantico, fatto di sfumature in grado di colorare le emozioni. Scherzano, ma sanno essere anche seri: il problema, a volte, è riuscire a distinguere tra le due situazioni e intuire – tra una battuta e un pensiero profondo – le varie sfaccettature delle loro personalità. Ai lettori, dunque, l'arduo compito.
Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. Tutti devono vedere la bontà del vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca. La gioia è molto contagiosa" diceva Madre Teresa. Del resto, ridere è una cosa seria: fa bene al corpo e all'anima. E far sorridere è quasi un miracolo. Significa, appunto, regalare gioia. Per voi, cosa significa far sorridere la gente? Quand'è che avete deciso di iniziare questa divertente avventura?
AUSPICI – "Siamo sempre stati dei "burloni", sin dai tempi della scuola. Ci piacevano le facce dei professori quando dicevamo eresie, quando esageravamo. In realtà lo facevamo apposta proprio per vedere la reazione e poi "'ndi restau 'stu tic".
POLIMENI -- "Per quello che riguarda me non è stata una cosa voluta. Io provavo a fare discorsi seri, ma la gente rideva e non capivo. All'inizio ero pure un poco disturbato, infastidito. Mi dicevano «sei simpatico» ed io pensavo «simpatico? Ma come? Se sto parlando seriamente!». Il mio far ridere è un incidente, io la vedo come una cosa negativa perché io sono andato al Piria per diventare ragioniere. Sono diventato miope per essere un ragioniere con gli occhiali e invece non è stato possibile. E' stato un incidente di percorso"
Un'ironia senza dubbio contagiosa la vostra. La gente vi ama. Il vostro segreto, probabilmente, è non prendervi troppo sul serio. "Chisti Simu", come a voler sottolineare che non bisogna avere troppe pretese; che bisogna vivere nella consapevolezza di ciò che si è. Quando le telecamere sono spente: chi siete? Siete davvero così simpatici? E soprattutto, siete davvero così amici?
AUSPICI – "Amici è una parola troppo grossa. A Francesco l'ho raccolto dalla strada: aveva veramente tanti brutti vizi. E poi non andava a messa. Lui diceva sempre le bugie. Non onorava il padre e la madre, diceva falsa testimonianza e desiderava SOLO la donna d'altri. E allora un giorno l'ho preso e l'ho portato ad essere qualcuno. Amici? Siamo due conoscenti che lavorano insieme. Cioè, se uno dei due dovesse morire l'altro sicuramente piangerebbe due giorni. Il terzo no, perché uno che piange sempre poi è fastidioso. Poi dipende: se muore d'estate il nero non lo porto"
POLIMENI - "Chisti simu è in senso positivo. Dobbiamo prendere coscienza di ciò che siamo e partire da lì. Al calabrese piace piangersi addosso, quasi a non voler mostrare al mondo la ricchezza che ha"
Auspici, chiedo a te: cosa c'è di nascosto – e che tutti dovrebbero sapere – nella personalità di Polimeni?
AUSPICI – "Polimeni è uno che quando torna a casa si mette in pantofole, ogni tanto le dimentica ed esce di casa con le pantofole. E' una cosa molto triste. Ed è una cosa brutta da fare vedere. Polimeni in pantofole non è un bello spettacolo"
Polimeni, tocca a te: hai la possibilità di toglierti qualche sassolino dalla scarpa: qual è il peggior difetto di Auspici?
POLIMENI – "In realtà i sassolini con lui li tolgo in continuazione. Siamo una coppia e di conseguenza c'è un confronto continuo. Ci rinfacciamo le cose e discutiamo spesso. Ma è un modo per crescere perché, grazie a Dio, non la vediamo allo stesso modo e questo – secondo me – è uno dei segreti di questa coppia che non è solo artistica perché andavamo a scuola insieme e quindi "ci siamo cresciuti". Un difetto ce l'ha: è negativo, è sempre pessimista"
AUSPICI – "Devi dire al mio collega – io non parlo con queste persone – è che a partire dalla positività spesso si ricevono soltanto delusioni. Se hai poche aspettative hai solo da guadagnarci. Per me la tattica vincente è pensare prima a non prenderle"
Da anni andate in giro per la Calabria e – tra una battuta e l'altra, senza troppe pretese - date voce a chi spesso non ne ha. Lo fate con ironia, generosità e umiltà. Conoscete la Calabria e i Calabresi meglio di tanti altri. Indubbiamente molto di più di chi li dovrebbe rappresentare. Qual è, se ve ne fosse data la possibilità, la prima cosa che fareste per far risorgere la Calabria? C'è qualcosa – secondo voi – che chi sta in alto si ostina a non voler vedere?
AUSPICI -- "Per alcuni noi andiamo solo in superficie. In realtà entriamo nel cuore delle persone e proviamo a raccontarlo. Questo modo di fare – scherzare, sdrammatizzare – appartiene alla nostra infanzia, siamo cresciuti così: i nostri nonni e i nostri padri lo facevano, si scherzava, si stava bene in famiglia, si rideva. Ed è quello che continuiamo a fare noi. La Calabria è una cosa seria. Noi andiamo a fare festa con la gente sempre. Nella nostra passeggiata settimanale non c'è niente di preparato, perché ci piace – e vogliamo farla venire fuori - la spontaneità della gente. Il contadino che raccoglie la lattuga e noi che ci scherziamo: secondo me, quella è la vera vita e quella dovremmo far vedere e poi è quello che la gente apprezza di più"
POLIMENI – "E questa è la Calabria che chi sta in alto e prende decisioni dovrebbe vedere: la gente vera che, con il proprio sudore, prova a costruire qualcosa. La Calabria ha due grandi ricchezze: il turismo – grazie ad un territorio che dovrebbe fare invidia - e l'agricoltura e allora queste due situazioni andrebbero incentivate. Basterebbe poco: per fare un buon concerto a volte basta una chitarra"
La gente vi ama. Vi vuole bene. Nei paesini, le casalinghe – indaffarate, ma comunque incuriosite da quel chiasso per niente fastidioso - sull'uscio della porta vi regalano sorrisi e vi offrono caffè. Gli anziani, per le strade, vi accolgono nei loro circoli o seduti al bar, per scambiare due chiacchiere con voi. Gente comune. A volte, "personaggi" particolari .. e voi vi "inzuppate il pane". C'è una caratteristica che accomuna tutti i calabresi? il "calabrese – tipo" com'è?
AUSPICI - "In ogni paese c'è sempre questa figura: un personaggio che si avvicina e ci dice "ora vi porto io dal pazzo del paese" non sapendo che "u pacciu" è lui in quel momento. Questa è una cosa che accomuna tutti i posti che abbiamo visitato: c'è sempre questo personaggio che si sente più simpatico, più intelligente, che si vuole mettere dalla nostra parte per sfottere gli altri e che poi – suo malgrado – viene sfottuto. E' comunque uno scambio: noi, prima di tutto, ci mettiamo in gioco. Il gioco che facciamo sempre – e lo stiamo facendo anche oggi – di sfotterci a vicenda lo mettiamo davanti alle telecamere proprio perché, come abbiamo già detto, fa parte di noi, della nostra cultura, della nostra infanzia. Ci prendevamo in giro tra familiari e si rideva. Oggi nelle famiglie purtroppo non si ride tanto e questo è il nostro invito a ritornare quelli di un tempo. Il calabrese potenzialmente è una persona molto positiva ma – forse per i problemi – tende ad appesantire. A Reggio se tu chiedi "come stai?" la maggior parte – pur stando bene – ti risponderà "non c'è male, potrebbe andare meglio"
L'ospitalità è una caratteristica di questa terra. Ma, comunque, ognuno è fatto a modo suo. E non si può piacere a tutti. Vi è mai capitato di essere mandati via a calci nel sedere? Qual è l'atteggiamento più antipatico che avete subìto?
AUSPICI – "Pochi, non ne ricordo qualcuno in particolare, anche perché quando ci avviciniamo a qualcuno lo facciamo sempre col sorriso. Quando non sappiamo come potrebbe reagire un interlocutore gli facciamo la domanda da venti metri se vediamo che lui risponde ci avviciniamo, altrimenti "'nda fuimu".
POLIMENI – "La gente ci accoglie perché – ce lo dicono spesso – sembriamo due di famiglia. Ci vedono in tv e poi di persona scoprono che non ci sono finzioni: siamo esattamente in quel modo, nel bene e nel male. Non abbiamo mai messo muri o barriere tra noi e la gente che incontriamo. Non c'è finzione"
E poi ci sono i giovani. Andando in giro ne incontrate tanti. Ragazzi, spesso disoccupati, che non sanno bene cosa vogliono fare. Demoralizzati e scoraggiati, si sentono traditi. Molti vogliono andare via. Molti altri vogliono restare, nonostante tutto. Che consiglio date ai giovani calabresi?
AUSPICI – "Di organizzarsi un Chisti Simu, certo: non il giovedì perché ci siamo noi! A parte gli scherzi, nei limiti delle possibilità, devono inventarsi qualcosa. Purtroppo la crisi si fa sentire per tutti e a farne le spese sono soprattutto i ragazzi. Forse sono troppo demoralizzati e si lasciano andare. E' difficile, ma devono trovare la forza di inventarsi qualcosa"
POLIMENI – "Deve cambiare la mentalità: il posto fisso non esiste e quindi bisogna ingegnarsi, inventarsi qualcosa per poter rimanere. Altrimenti si decide di partire anche se, rispetto a vent'anni fa, oggi è difficile trovare qualcosa anche fuori. C'è sempre qualcuno che ci dice che noi da qui ce ne saremmo dovuti andare, come se l'essere rimasti fosse – per quello che facciamo – un grosso limite. Ma qui ci sono i legami forti, veri. Guai a chi ci tocca la nostra gente e la nostra terra"
Certo, nello spirito e nelle intenzioni siete ancora giovani. Ma, ahimè, gli anni passano per tutti. Oggi siete due uomini con famiglia e delle responsabilità. Quali erano le vostre aspettative da ragazzi? E cosa c'è di quei ragazzi, negli uomini che siete diventati?
AUSPICI – "Intanto ci stai dando una notizia triste e sconvolgente: ci stai mettendo di fronte alla dura realtà degli anni che passano. Per me è dura da accettare, preferisco che parli il mio amico"
POLIMENI --"Nello spirito io mi sento ancora un ragazzino. Altrimenti non potrei fare quello che faccio. Mi sento anche più ragazzino dei ragazzi che vado ad intervistare. Mi è rimasta quella spontaneità e quella voglia di mettermi in gioco"
AUSPICI –"Posso dire che la mia aspirazione era fare quello che sto facendo, non ho mai calcolato la parte più importante, quella del guadagno e questo – a volte – costituisce un problema. Pensiamo a fare tante belle cose. Andiamo in giro, facciamo dei progetti. Ma poi bisogna pur pensare a mangiare"
Recentemente è andata in onda – in occasione dell'anniversario: 14 anni dalla prima promozione in "A" della Reggina – il "Chisti Simu" del 13 giugno 1999. La festa. Un'occasione per tutti i Reggini di tornare indietro con la memoria a quegli anni, forse, un po' più spensierati. E un'occasione per voi per ricordare i tanti amici che in questi anni vi hanno accompagnato. Appoggiato. Incoraggiato. Che ricordo avete di quella festa e, in generale, di quegli anni? C'è qualcuno a cui dovete dire grazie?
AUSPICI – "Io devo ringraziare mio padre, perché è stato lui che mi ha accompagnato per mano la prima volta e mi ha presentato il suo amore - la Reggina - che poi è diventato anche il mio. Durante quella festa mi sono allontanato: a fine partita, quando c'è stata quell'invasione di campo ricordo di essermi allontanato. In quel momento – io che ho partecipato alla festa, che l'ho vissuta – mi sono allontanato dal mondo, me ne sono andato. E lì, al centro del campo, ho voluto condividere idealmente quella gioia e quell'emozione con mio padre".
La Reggina: forse la vostra più grande passione. Spesso siete al Sant'Agata. Raccogliete le emozioni di giocatori, allenatori e addetti ai lavori. Date voce a chi sta dietro le quinte. Alimentate quel fuoco che, a volte, rischia di spegnersi. "ieu a Reggina l'haiu 'nto cori" si dice. ... questa squadra, questa fede: cosa significa per voi?
POLIMENI – "La Reggina per noi è sempre stata parte della nostra vita. Un risultato della domenica, da piccolo, mi cambiava l'umore di tutta la settimana. Mi cambiava l'umore e anche l'andamento scolastico ne risentiva. Influiva tantissimo su tutto. Tanta gente dice «va beh, è domenica: vado e mi diverto al campo». Io non mi sono mai divertito, non l'ho mai vissuta in maniera spensierata. E' stata sempre una sofferenza, sia in positivo che in negativo. Accendo la televisione sul canale della partita e poi vado via. La vivo malissimo, questa è la mia debolezza"
AUSPICI – "E poi sarei io lo spirito negativo del gruppo! Lo vedi? non è normale: non riesce neanche a guardarsi una partita in santa pace"
Sempre a proposito di Reggina. Negli scorsi anni c'era molto più interesse verso il mondo amaranto da parte dei tifosi e dei cittadini in generale. La squadra era una sorta di aggregatore sociale. Adesso l'interesse è notevolmente calato. Secondo voi, qual è il motivo? E come lo si potrebbe recuperare?
POLIMENI – "A far calare l'interesse - paradossalmente – è stata la serie A. La Reggina che ricordiamo noi era la Reggina di serie C, che aveva grossi problemi per andare in serie B. Un buon campionato di serie C riuniva anche 10, 15 mila persone allo stadio: la serie B era il sogno. Nel momento in cui abbiamo raggiunto prima un traguardo e poi l'altro abbiamo perso di vista i nostri limiti e non capiamo che quei nove anni di serie A sono stati un miracolo. Quando il miracolo è finito il mio amore per la Reggina è cresciuto, ho apprezzato quello che abbiamo fatto. Mentre la gente si è allontanata, perché ormai la serie B era vista con disprezzo e non bastava più"
AUSPICI – "Ma la Reggina dovrebbe essere festa, a prescindere. E' bello anche retrocedere, insieme. La vita è bello viverla insieme, anche con le delusioni che ci possono essere. Non và bene dire «'nchianammu» rendendosi partecipi e poi «scindiru» cercando di distaccarsi. Questo non l'abbiamo mai fatto. Per noi "'nchianammu e scindimmu"
In conclusione: resto in Calabria. Perché?
"Perché anni fa abbiamo fatto una scelta. Una volta siamo stati molto vicini all'andar via da Reggio, proprio nel '99, quando siamo saliti in serie A, abbiamo avuto delle serie proposte per andare fuori. Avevamo, però, dei legami molto importanti e avremmo dovuto cambiare totalmente la nostra vita. Abbiamo preso quella decisione e non ci siamo pentiti"
NOTA – L'intervista è stata realizzata prima che nonna Maria – grande tifosa della Reggina, immancabile presenza fissa allo stadio, piccola e fragile nel fisico ma grande e forte nella personalità – conosciuta e amata da tutti – venisse a mancare. I due mattatori, approfittando di questa occasione, ci tengono a ricordarla: "Un bacio a nonna Maria. Con la sua frizzante personalità, la sua immancabile presenza, la sua solarità – nonostante i problemi della vita di cui mai si è lamentata – rappresentava (e continuerà a farlo) a pieno lo spirito di Chisti Simu. Ci mancherà molto. Noi – insieme alla Reggina e ai tifosi – la portiamo nel cuore. Ciao nonna Maria"