di Pasquale Cotroneo - " ..Cammino tra la gente della mia città e non mi sento più solo, non sento la stanchezza e guardo dritto avanti a me..". In una preghiera lo stato d'animo con cui ogni anno un centinaio di portatori affrontano la processione di Maria Santissima della Consolazione. Sono uomini, giovani e soprattutto meno giovani, appartenenti ai più disparati ceti sociali, alle più variegate appartenenze politiche. C'è l'operaio, quello che non prende le ferie nei caldi mesi d'Agosto per aspettare la settimana della festa, l'atleta che corre con l'immagine di Maria sotto la maglietta, il disoccupato, l'impiegato, c'è il benestante, ed anche chi lo fa solo per le apparenze, "per farsi vedere".
Ed è propria di questa categoria la corsa al posto, la lotta per il predominio di una determinata stanga, soprattutto di quelle delle prime file. Emergono vecchi dissapori e ruggini per l'uno o l'altro posto tramandato dal padre,dal nonno e persino da un cugino di terzo grado. E' quel momento triste in cui vengono pronunciate frasi del tipo "a mia i ccà non mi caccia mancu a Marònna". Altrettanto spiacevole risulta l'eccessiva riluttanza dei vecchi verso i giovani che provano il desiderio di diventare portatori, che a quel punto sono costretti a guardare a distanza. Fortunatamente però, si tratta di casi eccezionali.
Dalla testimonianza diretta dei portatori, infatti, si capisce come, soprattutto negli ultimi anni, si sia creato un gruppo affiatato, un clima di assoluta serenità con cui si opera un deciso inserimento dei giovani, grazie al volere del presidente dell'Associazione dei Portatori Gaetano Surace che in molte uscite pubbliche ha sottolineato come questa associazione "vuole aprirsi sempre di più ai giovani, e rappresentare un punto di riferimento per la comunità". Molti tra i portatori più esperti, infatti, cedono il loro posto ad altri per lunghi tratti della processione, salvo riprenderselo nei momenti più delicati, poiché anche un piccolo sbaglio in merito alla posizione da assumere potrebbe risultare pericoloso e creare incidenti. Altri ancora, dividono il proprio posto sulla stanga con i loro figli, coi loro nipoti , coi loro fratelli. Ma i portatori sentono di essere tutti fratelli, figli della Madre Celeste, atti a perpetuare, al suono della campanella, le gesta dei loro avi in ambito religioso ma anche culturale e tradizionale.
Gesta che si ripetono da almeno tre secoli allorquando, per gratificare la Vergine per le sue intercessioni miracolose, si iniziava l'usanza del trasporto dell'Effige in corteo. I frati cappuccini furono senza dubbio i primi portatori di una Vara, che al tempo si presentava assai più semplice e povera. In seguito, furono i pescatori, come offerta di ringraziamento, i primi laici ad avere l'onore di 'ncoddari. Erano scalzi così come quasi tutto il resto della popolazione che seguiva il rito, mentre i nobili partecipavano a bordo delle loro carrozze ben imbandite con nastri ed ornamenti.
Oggi i portatori uniti nell'associazione non si limitano al trasporto della Patrona nei giorni di Settembre, ma organizzano eventi ed attività finalizzati a far comprendere l'importanza del gesto devozionale, espongono mostre, fanno atti di beneficenza. Tra questi la donazione fatta, sul finire dello scorso anno, di un ambulatorio medico di prima assistenza al centro di accoglienza "Padre Gaetano Catanoso" . Ma non solo, entrano nelle scuole ed educano alla cristianità trasmettendo il legame indissolubile tra la Patrona e la sua città. Un legame che si manifesta nello sguardo e soprattutto nella voce della cerchia umana e nel grido d'amore disperato innalzato a Maria in risposta a quello del "griraturi", il solista tra i portatori che per primo intona i versi "Eh 'griràmulu tutti cu còri! Oggi e sempri, viva Maria!" . Un urlo fragile e potente al tempo stesso che testimonia l'abbandono della popolazione tra le braccia della Madre, ed accentua le distanze tra l'umano ed il divino,urlo che va a spegnersi con la fine della processione, dopo la volata e la risalita lungo gli scalini del Duomo. Ciò che resta alla fine della giornata saranno i pesanti segni sulla schiena, provocati dal legno della stanga sostenente la Vara, simbolo dell'onore proveniente dall'aver sorretto l'Immagine miracolosa di Maria del Consolo, e simbolo dell'amore perenne di Maria per i suoi figli, che resterà anche quando il livido andrà via, e da rinnovare di anno in anno come testimonianza di fede.