La Pertusola Sud, "'l'Ilva" di Calabria

crotone pertusolasuddi Claudio Cordova - Mentre a Taranto la rabbia esplode con disordini e tafferugli, a Crotone tutto tace. Tensione al corteo dei lavoratori dell'Ilva, che protestano contro il sequestro senza facoltà d'uso dello stabilimento, disposto dalla magistratura pugliese: "Non può più essere consentita una politica imprenditoriale che punta alla massimizzazione del risparmio sulle spese per le performances ambientali del siderurgico, i cui esiti per la comunità tarantina ed i lavoratori del siderurgico, in termini di disastro penalmente rilevante (...) sono davvero sotto gli occhi di tutti, soprattutto dopo i vari, qualificati e solidissimi contributi tecnico-scientifici ed investigativi agli atti del procedimento" ha scritto il Gip nell'ordinanza che ha portato agli arresti alcuni dei dirigenti dell'impianto siderurgico che, a detta delle perizie, dei magistrati e anche della gente avrebbe avvelenato la popolazione e la vegetazione tarantina. Secondo le perizie disposte dalla Procura di Taranto, infatti, sarebbero oltre diecimila le persone morte a causa delle emissioni dell'Ilva nell'arco di sette anni: milioni di chilogrammi di polveri, benzene e idrocarburi, ma anche arsenico, cadmio, piombo e zinco avrebbero ammorbato Taranto e il suo hinterland. "L'impianto non si risana fermandolo" dicono dalla CGIL.

Sì, perché l'area dell'Ilva di Taranto andrebbe bonificata, per evitare che, con la propria tossicità possa uccidere altra gente.

Ma la storia dell'Ilva somiglia, maledettamente, a quella di un altro impianto che, nel corso degli anni, avrebbe ucciso la propria popolazione. La Pertusola Sud di Crotone. Un impianto finito anche nell'inchiesta "Black Mountains", ma che, allo stato attuale, nonostante gli annunci, gli appelli, non è stato messo sotto sicurezza.

Inaugurata negli anni '30, la Pertusola Sud resta per anni la fabbrica più grande della Calabria, nonostante gli interventi di facciata sugli altri territori (su tutti il cosiddetto Pacchetto Colombo, in provincia di Reggio Calabria). Per anni fa le fortune di Crotone: anche grazie alla Pertusola, la città di Pitagora passa da centro di poche migliaia di anime a luogo che si meriterà il capoluogo di provincia. Operante nel settore della metallurgia, la Pertusola è, negli anni, insieme a Portovesme, uno dei due poli per la produzione di zinco. Fino a centomila tonnellate annue: lo zinco è il quarto metallo più comune nell'uso tecnologico dopo ferro, alluminio e rame, per tonnellate di metallo prodotto annualmente. Lo zinco si usa per galvanizzare metalli come l'acciaio, per prevenirne la corrosione, ma si usa anche in leghe come l'ottone, il nichel argento, il metallo per macchine da scrivere, varie leghe per saldatura.

Attraverso una serie di passaggi societari, la Pertusola arriverà nelle mani dell'ENI, agli inizi degli anni '90. Sono anni decisivi, quelli. La caduta del Muro di Berlino impone all'economia europea di riformarsi. Per questo l'ENI non può più puntare sulla metallurgia non ferrosa, che non conviene più. Si inizia allora a parlare di chiusura e l'ENI inizia a dismettere alcuni settori per abbassare, gradualmente, i costi.

Uno dei primi settori che andrà a essere chiuso è il reparto Cubilot, quello che trattava i residui, quello che, per dirla in parole povere, "depurava" le scorie prodotte dalla Pertusola fino a renderli degli inerti, ottimi anche per la costruzione di monili. Ma, negli anni in cui il reparto Cubilot viene chiuso, la fabbrica, comunque, continua a produrre scorie. Queste, ovviamente, non possono essere più trattate. Senza il Cubilot non sarà più possibile ripulire i residui della Pertusola dai materiali inquinanti.

Dal momento in cui il reparto cubilot viene chiuso cominciano ad accumularsi montagne nere di ferriti. Montagne nere, "Black Mountains". L'indagine della Procura di Crotone svelerà come, negli anni in cui il reparto Cubilot non funzionerà più, ma la Pertusola continuerà la propria attività, le scorie dell'impianto abbiano avvelenato la città. Almeno 350.000 tonnellate di materiali nocivi utilizzate per costruire, tra l'altro, tre cortili di altrettante scuole: l'elementare San Francesco e un Istituto Tecnico Superiore, entrambi di Crotone, e una scuola elementare a Cutro. Le scorie diventeranno, insieme alla sabbia, materiale edile per la costruzione di scuole, palazzine popolari, centri commerciali, villette a schiera, strade, le banchine del porto e persino il piazzale della Questura.

Il 25 settembre 2008, arriverà anche il sequestro preventivo di diciotto aree ubicate nei comuni di Crotone, Cutro (KR) e Isola Capo Rizzuto (KR), dove dal 1999, "sarebbero state realizzate vaste discariche non autorizzate dì rifiuti pericolosi, effettuando lavori con l'impiego di materiali tossici costituiti da C.I.C. (Conglomerato Idraulico Catalizzato) e da "scoria cubilot", un composto di sabbia silicea, loppa di altoforno e catalizzatori, la cui matrice (il cubilot) altro non è che un rifiuto proveniente dalla lavorazione delle ferriti di zinco, effettuata nello stabilimento della ex Società Pertusola Sud".

A pagare soprattutto gli alunni degli istituti costruiti sulle scorie. La scuola primaria IV circolo "Bernabò"; l'istituto comprensivo statale "Alcmeone-San Francesco"; il liceo ginnasio statale "Pitagora"; l'istituto tecnico commerciale "Lucifero". Ai giovani studenti le sostanze - zinco, cadmio, nichel - le hanno trovate nello stomaco, nei capelli. Che qualcosa di strano stesse accadendo, negli anni, è peraltro certificato anche dal "Rapporto Annuale su Salute e Ambiente in Italia – 2001" dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Nel documento viene considerato, tra le diverse zone di criticità ambientale presenti nel nostro paese, anche quella di Crotone. A riguardo è scritto: "Gli eccessi osservati a Crotone, con particolare riferimento al tumore polmonare tra gli uomini, suggeriscono un possibile ruolo delle esposizioni legate alle attività industriali dell'area, soprattutto di carattere professionale (...). Anche prescindendo dalle singole cause di morte, è inoltre da segnalare un eccesso di mortalità totale intorno al 10 % in entrambi i sessi, ad indicare un carico negativo non trascurabile sulla salute".

"Emerge dalle concentrazioni dei metalli valutate nelle diverse matrici biologiche, come i siti investigati come aeree a rischio siano stati realmente esposti alla contaminazione di alcuni metalli pesanti, in un lungo arco di tempo precedente alla nostra indagine" diranno le conclusioni di una perizia disposta dalla Procura di Crotone.

Storie denunciate, nel corso degli anni e a più riprese, dal Movimento "Fabbrikando l'Avvenire", composto in massima parte da ex operai della Pertusola Sud. Un gruppo di persone che ha chiesto a gran voce la bonifica dell'area. Una bonifica che, almeno formalmente, sarebbe iniziata nell'ottobre 2010.

Una storia, quella della Pertusola, che, in molti passaggi, somiglia maledettamente alla vita dell'Ilva di Taranto. Come lo stabilimento pugliese, la Pertusola ha prima dato lavoro, contribuendo alla crescita del territorio, e poi ucciso con le proprie emissioni. Con la presunta complicità dei quadri dirigenziali. Come l'Ilva di Taranto, anche l'area della Pertusola andrebbe alla svelta bonificata. Due storie simili, ancora molto distanti dal momento in cui potrà essere messa la parola "fine".