di Giuseppe Chirico - Il dibattito, recentemente apertosi, sull'opportunità o meno di inserire il nome di Giorgio Almirante nella toponomastica cittadina, offre lo spunto per una riflessione più ampia sull'argomento.
Le strade della nostra città sono poco conosciute dai suoi abitanti, che spesso, anziché chiamarle col loro nome, le identificano per la presenza di qualcos'atro: non "Via Tizio", per intenderci, ma "la via dove c'è il bar Caio".
Tutto ciò, oltre a generare una lieve confusione facilmente risolvibile fra i residenti, ha però un'altra conseguenza ben più grave, sul piano culturale.
Persone, luoghi, avvenimenti, vengono fissati nella memoria collettiva di un popolo anche grazie alla toponomastica. Dedicare una piazza a un certo personaggio è un gesto di stima tra i più alti che una comunità possa esprimere, così come ricordare un dato avvenimento con una via.
Una statua può rompersi (o scomparire nel nulla, come accade talvolta a Reggio), ma una strada può rimanere dov'è per secoli e secoli a ricordare ai posteri – ammesso che ne abbiano voglia – che in passato Sempronio ha fatto qualcosa di buono per loro.
La nostra città, poi, può vantare una storia plurimillenaria, e non basterebbero altre mille strade per onorare la memoria dei tantissimi personaggi e avvenimenti che meriterebbero di essere ricordati, e che tra l'altro, purtroppo, troppi di noi neanche conoscono.
Come detto, infatti, spesso nemmeno le vie più famose vengono ricordate col loro nome: eppure, conoscere la toponomastica significa conoscere la storia e la cultura di un popolo e di un territorio.
E' evidente che da queste parti la nostra storia e la nostra cultura non interessino a molti, ma è preciso dovere della società civile salvaguardare quelle poche tracce culturali che sono "nascoste", ma poi mica tanto, nei nomi dei luoghi.
E si badi bene, che nel il patrimonio toponomastico di Reggio Calabria, oltre a fatti e persone, è giusto annoverare anche quegli stessi toponimi che rappresentano le antiche contrade e la vecchia morfologia del territorio.
Oggi diciamo che qualcuno abita "all'Aeroporto", un tempo avremmo detto "in contrada Cugliari". Sappiamo tutti dove sono le OMECA, non sappiamo che fino a qualche decennio fa quella era la contrada Ragaglioti.
Per fortuna in molti casi questi toponimi sono rimasti cristallizzati nei nomi delle vie.
Restando in zona, giusto per comodità di esempio, l'auspicio è che Via Ravagnese possa continuare a chiamarsi in tal modo per altri mille anni, così come Via Cafari, Maldariti, Morloquio, Saracinello, Livari, eccetera.
Cancellare per sempre tutti questi nomi, che esistono da secoli e forse anche da più di un millennio, dalla memoria dei reggini, sarebbe un crimine odioso, da evitare a ogni costo.
Gli esempi da citare sarebbero realmente centinaia, ma non tutti i cambiamenti sono da imputare al progresso: basti pensare a un cambiamento – ahinoi – epocale come il terremoto del 1908, dopo il quale sono nati moltissimi toponimi (e anche interi rioni) e ne sono stati persi per sempre altri.
Qualcuno sa dov'erano prima del 1908 Via Muro Rotto e Via delle Gabelle? Difficile.
Ma è ugualmente difficile, purtroppo, che molti sappiano qual è Via delle Convertite o Via Frate Tripodi, piuttosto che Via Maldonato o Vico Friuli: eppure siamo in pieno centro, nell'anno del Signore 2012.
E ognuna di quelle diciture cela dietro di sé una storia, che fa parte della storia di Reggio.
Recentemente via Crisafi, via Apollo e qualche altra via hanno cambiato nome.
Senza entrare qui nel merito delle valutazioni sui nuovi personaggi la cui memoria si sia inteso omaggiare, il problema, come detto, è un altro.
Reggio Calabria è una città dalla toponomastica scarsa ma allo stesso tempo complessa e caotica, dove per esempio capita che una stessa strada si ripeta due volte senza soluzione di continuità (Via del Gelsomino), o che una singola via sia divisa nominalmente in più vie (Via Miraglia – Via dei Bianchi – Via Plutino), come anche che una strada presenti oggettivamente la conformazione di due strade diverse (Via XXI Agosto).
In una città con un territorio comunale vastissimo, dove la maggior parte delle strade si chiamano Traversa privata, Diramazione privata, Via A, B e C, Traversa I, II e XI, Vico Primo, o quando va bene mantengono il cognome del vecchio proprietario dei terreni poi edificati, è proprio necessario cancellare quel poco che già esiste, dal punto di vista toponomastico e quindi culturale? E a maggior ragione nel centro storico?
Abbiamo la (s)fortuna di avere centinaia di strade che non aspettano altro che ricevere un nome.
Piazza Orange un nome ce l'ha, ed è anche parecchio antico, trasuda storia. Letteralmente.
Il problema qui posto non riguarda la figura di Almirante in sè: oggi tocca a lui, domani sarà un altro; e non sarebbe certo il primo politico presente nella toponomastica reggina.
L'intellighenzia locale – e in questo caso più che mai con la politica in testa – ha il dovere di vigilare attentamente sulla materia, e di preservare il tessuto toponomastico già esistente, perchè da queste parti basta un gesto superficiale, una colpevole svista, per cancellare irrimediabilmente secoli di storia.
E noi reggini lo abbiamo fatto troppo spesso, con le cose, cerchiamo adesso di salvare almeno le parole.