di Pasquale Cotroneo - "Gerace, lassù, da mill'anni, in cima alla rocca. Par, nella sera, ergersi più maestosa mentre, d'un tratto, è ravvolta dai rossastri riverberi d'un crepuscolo d'oro. Ama, forse, ornarsi a festa con tutte quelle lampade accese. Or ch'è chiamata a rivivere glorie e splendori d'antiche epoche? Pensile gemma tra cielo e terra è tornata or ora a fiorire come celeste giardino, grazie a un incantesimo accaduto quassù quando, nella magica luce dei Gemelli, apparve ad un tratto Gerace". Così lo scrittore e poeta Franco Lo Schiavo definiva il borgo Calabrese, che congiunge l'Aspromonte alle Serre, rifacendosi al mito secondo cui la città e il nome derivino dallo sparviero (Ierax) che nel 915 avrebbe guidato gli abitanti di Locri, in fuga dalle razzie dei Saraceni, fino a quel luogo assai sicuro, per la sua posizione. Tuttavia le ipotesi si susseguono, come quella secondo la quale fosse parte dell'acropoli Greca di Locri, e che il nome significasse "vetta sacra". Secondo altri sarebbe di origine bizantina, certo è che sia abitata sin dai tempi antichi.
Posta su una rocca conchilifera che domina la costa, si espande su tre nuclei fondamentali: Borgo Maggiore, Borgo Minore, Città Alta, in cui numerose chiese, edifici religiosi, fortezze, palazzi ornati, portali, si dispongono in un groviglio di vicoli, stradine ed angoli, che sfociano tutto d'un tratto in terrazzi dominanti sullo Ionio, da dove è possibile "abbracciare" allungando le mani tutto il territorio da Marina di Gioiosa Ionica fino alla Rocca di Africo, passando per Locri, Siderno, Ardore e Bovalino, a pochi km dalla macchia mediterranea e dal mare blu.
"Meravigliato da tanti panorami che si presentano da ogni lato. Ogni roccia, Santuario o palazzo a Gerace sembrano essere sistemati e colorati apposta per gli artisti e l'unione delle linee realizzate dalla natura e dall'arte è semplicemente deliziosa " affermava lo scrittore inglese Edward Lear, che nel 1847 si trovava nella provincia reggina, e la cui mostra litografica "Paesaggi Calabresi" è allestita presso il Museo Civico Archeologico.
Assai particolare è la pavimentazione delle viuzze, poiché i Sampietrini non sono disposti nella maniera tradizionale, ma come detto volgarmente "di cozzo" per far defluire l'acqua piovana e rendere più sicuri le numerose discese ripide. Il merito va dato agli scalpellini locali che, in epoca medievale, hanno lavorato, per l'innalzamento della città. Caratteristiche sono anche le "volte a gistuni", una tecnica costruttiva tipicamente geracese che consisteva nel costruire l'arco facendo una gettata di calce su canne intrecciate alla stessa maniera con cui vengono intrecciate per fare dei cesti rettangolari detti "gistuni". Dodici porte originariamente si aprivano sulle mura del nucleo storico del paese. Di queste ne sono sopravvissute soltanto quattro: Porta dei vescovi o della Meridiana, Porta Santa Lucia, Porta Maggiore, Porta del sole. Sulla sommità, nello spiazzo del Baglio è possibile ammirare il Castello che domina la città. Anche se ormai diroccato da una parte colpisce per la sua imponenza e per la struttura. Un tempo infatti l'accesso infatti avveniva tramite un ponte levatoio, sopra un burrone. Non mancano cortili, giardini con palme imponenti, ad ogni angolo e su ogni spiazzo piante di ogni genere e tipo, rigogliosi alberi da frutta. Ma non solo cultura locale, Gerace è un luogo in cui vivono, e hanno vissuto, più anime.
L'architettura infatti è influenzata dalle varie dominazioni che la città ha subito sin dagli esordi. Il dominio Bizantino, quello del Regno di Napoli, il feudalesimo, il Regno, e soprattutto la Chiesa costituiscono un variegato patrimonio culturale. Soprattutto l'influenza di quest'ultima, essendo stata la città da sempre sede Vescovile, è tangibile a prima vista, ed è testimoniata dalla presenza nel tempo di oltre 100 tra chiese, conventi e monasteri. Una città in cui per lungo tempo convissero sia il rito latino che quello bizantino, tanto che gli edifici religiosi sono di diversa natura. E di questa convivenza tra le religioni è famoso il tentativo di Baarlam di Seminara, illustre colto dell'epoca, di porsi come conciliatore tra le varie religioni. Lo stesso è noto come primo maestro di Latino e Greco di Petrarca e Boccaccio, ed a lui è dedicata una via, così come a moltissimi altri personaggi illustri, quali Cesare Beccaria, passando per Michelangelo Buonarroti, fino ad arrivare alla Casa dove visse lo scrittore Edmondo De Amicis, che aiutò la popolazione durante il colera del 1867.
Per il centro storico si dispongono poi numerosi negozi manifatturieri, dove vengono prodotte le ceramiche, le opere di seta e pizzo, fino ad arrivare alle crete fatte a mano. Rinomata è anche la gastronomia, che ripropone i piatti tipici della cucina calabrese, che è possibile gustare nelle osterie o, ai tavolini del bar gustando la "famosa" granita di Gerace.