I collaboratori di giustizia raccontano il business della 'ndrangheta nei giochi online

pentitodi Claudio Cordova - "Enrico De Rosa non è il classico ndranghetista intriso di codici d'onore, riti, cariche, sciocca arroganza e cieca violenza. E', invece, un figlio tipico della borghesia reggina". Così le carte d'indagine descrivono il nuovo collaboratore di giustizia di Reggio Calabria, su cui Il Dispaccio, negli ultimi mesi, ha scritto diverse inchieste. Le dichiarazioni di De Rosa, già utilizzate in altri procedimenti, confluiscono anche nell'inchiesta "Gambling", che ha scoperchiato gli affari e gli interessi della 'ndrangheta nel settore dei giochi online. Conseguita la maturità classica al Liceo Campanella, De Rosa ha iniziato l'attività imprenditoriale di agente immobiliare, facendo presto valere i suoi buoni talenti relazionali ed un ampio circuito di conoscenze. Ma poiché, ormai da tempo, nella società reggina ogni sana, radicale scissione tra classe dirigente e ndrangheta ha lasciato il posto ad una vischiosa ed a volte inestricabile melassa relazionale in cui si fatica a distinguere "...il grano dal loglio...", egli finì, ben presto, sott'occhio di uno dei più lungimiranti ed acuti dirigenti della locale criminalità organizzata, l'erede di don Mico Libri: Nino Caridi.

Le straordinarie capacità economiche del boss di San Giorgio (sebbene di origine illecita) costituirono, infatti, un potente fattore di attrazione per il De Rosa, mentre il talento immobiliare di quest'ultimo e la sua furbizia relazionale aprirono più ampi orizzonti lucrativi al Caridi. Questi, infatti, sfruttava le qualità professionali del De Rosa per meglio indicizzare quanto a lui dovuto dagli imprenditori edili, operanti nel "suo" territorio, parametrando tale somma non già al valore del terreno, ma a quello finale di realizzo immobiliare. De Rosa, insomma, avrà modo di ampliare la sua attività di consulenza professionale anche per le finalità criminali della cosca diretta dal Caridi, consentendo a quest'ultimo una puntuale, precisa individuazione della quota a lui spettante per gli investimenti immobiliari eseguiti sul territorio controllato dalla cosca, nonché di sviluppare ulteriori attività lucrative ed il riciclaggio dei profitti delle pregresse attività delittuose.

L'introduzione di rango nel mondo della ndrangheta reggina, aprì a De Rosa la più intima conoscenza di un altro boss di quartiere: Francesco, detto Checco, Zindato, il cui spessore criminale era molto meno elevato di quello del Caridi con cui, tuttavia, condivideva, un più ampio legame di solidarietà federativo-criminale, nell'ambito della cosca Libri.

La frequentazione assidua di Zindato, a testimonianza delle qualità relazionali del De Rosa, portò, quindi, quest'ultimo a stringere una speciale ed ancora più intima e profonda amicizia, nutrita da intensa condivisione di plurime esperienze, con Demetrio, detto Mimmo, Sonsogno (anche appellato Mico Tatù). Quest'ultimo, legato anche a rapporti di parentela con importanti personaggi della ndrangheta reggina, aveva preso le redini della cosca Zindato, dopo l'arresto del citato Checco ed era uno dei più importanti esponenti della ndrangheta dedicata al controllo del territorio per conto della potente cosca De Stefano. Nel medesimo contesto, poi, De Rosa ha stretto amicizia – quasi un riflesso obbligato dall'intensità della relazione con Sonsogno – con un assiduo sodale di quest'ultimo: Vincenzino Zappia.

Sono proprio Nino Caridi, Checco Zindato, Mico "Tatù" Sonsogno ed Enzino Zappia gli snodi relazionali che hanno cadenzato dapprima il rapporto di consulenza (alla stregua di un concorrente esterno), quindi di vera e propria partecipazione alla ndrangheta. Da queste relazioni, a De Rosa sarebbe derivato un patrimonio di conoscenze straordinariamente vasto e, soprattutto, particolarmente qualificato.

Quindi De Rosa ha riferito in ordine all'appartenenza di M. G. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO] alla cosca Tegano, nonché in merito al suo insediarsi a Malta per avviare le attività imprenditoriali di Betuniq, unitamente ai fratelli Ripepi. G., infatti, è considerato dalla Dda di Reggio Calabria il personaggio principale dell'indagine.

Le fonti di conoscenza del De Rosa in merito a tali circostanze sono plurime. Per un verso, infatti, era stato il fidato ed esperto di dinamiche di ndrangheta "arcote": Demetrio Sonsogno a riferirgli in merito all'appartenenza di M. G. alla cosca Tegano ("...mi ha parlato di Mariolino come di un persona che era...che girava soldi per i Tegano..."), al suo imporsi nel settore dei giochi e scommesse on-line con il marchio "Betuniq", grazie al metodo mafioso applicato alla commercializzazione del brand ("...Mico mi raccontò che il Betuniq nella zona di Santa Caterina, piuttosto che in un'altra zona, veniva spinto perché si doveva spingere...perché Mariolino era una persona dei Tegano...omissis...hanno creato anche una grande rete di espansione di Betuniq anche in Italia...omissis...sponsorizzata sul territorio dalla ndrangheta...omissis...preferendo Betuniq a qualsiasi altra struttura..."), manifestandogli, inoltre, tutta la sua ammirazione per le straordinarie qualità imprenditoriali che aveva manifestato nella gestione di quel business ("...Di questa persona ne parlava in maniera...con grande tipo...da un punto di vista imprenditoriale...una mente. In questo senso, infatti, spesso – per dire – mi aveva detto: 'dobbiamo andare a trovare Mariolino...dobbiamo fare qualcosa con lui...perché lì si possono aprire (inc.), cocktail bar...a Malta abbiamo casa, abbiamo tutto pagato..."). Inoltre, Sonsogno gli aveva riferito in merito alla creazione artificiosa di un provvista di € 300.000,00 funzionale a giustificare l'origine lecita dell'investimento necessario ad avviare le attività imprenditoriali del G. nel settore dei giochi e scommesse on-line, tramite la cessione di una quota di compartecipazione ad una società di rivendita di motocicli al socio Daniele Monaco. Ed era stato sempre Sonsogno ad indicargli un'abitazione di proprietà di M. G. lungo la marina di Scilla.

In ordine alle relazioni imprenditoriali tra M. G. e Daniele Monaco, conformi indicazioni sono venute dal collaboratore di giustizia Carlo Mesiano che – prima dell'escalation imprenditoriale di M. G. – aveva avuto con quest'ultimo intense relazioni solidali, in plurime attività criminali, una delle quali scaturita in un procedimento penale azionato dalla Procura della Repubblica di Roma nel 2004, in cui i due, unitamente a F. A. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO], furono tratti in arresto. Così si espresse Mesiano nel verbale del 12.10.2007: "Ho conosciuto M. G., prima del 2000, tramite Roberto Caterini; Enzo Lo Giudice e M. G. avevano acquistato vari motorini che dovevano essere trasportati da Milano a Reggio Calabria. Ho effettuato tale trasporto prima del 2000. Erano motorini che venivano consegnati dal cugino di F. A., ed erano in custodia giudiziale. Ricordo una dottoressa che aveva l'Ufficio a Senaco che era la curatrice del fallimento nella cui massa si trovavano i motorini. I motorini venivano venduti da M. G., tramite la concessionaria di motocicli gestita da M. G. e Daniele Monaco, dal quale ho comprato una moto". Ed ancora nel verbale del 15.10.2007, riferiva: "G.Mario aveva aperto la GM motor in Santa Caterina, ed aveva subito un danneggiamento mediante incendio: presso il magazzino-officina via era anche la mia moto CBR. In realtà si trattava di una truffa alle assicurazioni, l'incendio era stato provocato da G. Mario" . De Rosa, poi, ha rammentato di essere stato compagno di scuola di Rocco Ripepi (fratello di Francesco, detto Ciccio Tizmor, indicato tra i fondatori con M. G. "...a St. Julian..." di Betuniq) e di avere avuto, quindi, la possibilità di apprendere informazioni direttamente da costui che era un agente cittadino della società di M. G.. Ha indicato quale altra fonte Danilo Iannì, esperto informatico del settore. Ha, inoltre, rammentato la partecipazione al sistema cittadino di gestione delle sale scommesse da parte dei fratelli Santucci, con cui – pure – aveva intrattenuto rapporti di amichevole cortesia, apprendendo altre informazioni in ordine al sistema "Betuniq", gestito da M. G..

Ed è proprio grazie a questi rapporti e relazioni che il De Rosa ha appreso e riferito precise informazioni in ordine al metodo ed al sistema operativo di Betuniq: "...del fatto che facevano le giocate a perdere per riciclare i soldi perché, comunque sia, ci sono due tipologie, c'è la gente della...allora, funziona così, uno ha un'agenzia, l'agenzia come può essere? Può essere agenzia su mandato e agenzia diretta, agenzia diretta che vuol dire? Agenzia su mandato, l'agenzia ha una piccola percentuale sulle giocate, su quelle vinte, quindi perse dai clienti, però ha, di contro, c'ha di positivo che se io e lei andiamo a giocarci una schedina e vinciamo paga la casa madre e, quindi, lei non ci rimette niente. Quando l'agenzia è diretta, cosa accade? I margini di guadagno sono "aso e aso" (pari a pari), cioè cento per cento. Perché? Perché agenzia diretta vuol dire che se io e lei andiamo a giocarci la schedina e perdiamo, ci giochiamo 10 mila euro, i 10 mila euro sono tutti miei che sono di agenzia diretta. Quindi, quando io voglio riciclare 10 – 15 – 20 mila euro, mi faccio tutta una serie di giocate nell'agenzia diretta di riferimento, con partite che non potranno mai andare a buon fine a meno che, tipo, non cade "l'ostia consacrata" e, quindi, ho riciclato 10 – 15 – 20 , mila euro, è una questione di logica...". Il collaboratore ha anche rammentato della gestione di una bisca clandestina, frequentata da esponenti di ndrangheta e gestita da una soggetto a lui noto come "Nando" di cui indicava con precisione il luogo di esercizio.

Dichiarazioni, quelle dei collaboratori, che si incrociano. Tra queste anche le propalazioni provenienti dal collaborante Roberto Moio, nipote dei Tegano, che, in seno alle dichiarazioni del 19.10.2010, si diceva a conoscenza che M. G. gestiva delle sale scommesse Roma per conto del boss Giorgio Benestare, rappresentate di vertice dell'articolazione territoriale della 'ndrangheta reggina localmente denominata cosca Tegano.