La Corte d'Appello di Reggio Calabria, presieduta da Bruno Finocchiaro, ha emesso la sentenza del procedimento "Virus", celebrato contro presunti boss e gregari della cosca Alvaro di Sinopoli. Un processo che è ritornato a Piazza Castello dopo la sentenza della sesta sezione della Corte di Cassazione che il 15 febbraio del 2013 aveva annullato con rinvio, limitatamente ai reati di associazione mafiosa e favoreggiamento, la decisione di un'altra Corte d'Appello. Gli imputati, nell'aprile del 2011 infatti, erano stati puniti con pene molto severe. Quella sentenza aveva accertato una sorta di prosecuzione delinquenziale della cosca Alvaro anche negli anni successivi all'operazione "Prima", con cui era stata decimata la 'ndrina capeggiata da Carmine Alvaro. L'inchiesta "Virus" condotta dalla Dda reggina, in particolare dal pm Roberto di Palma, era nata nell'ambito delle ricerche del superlatitante, boss di Sinopoli.
L'indagine, dunque, era andata a colpire la cosca Alvaro, tra le più in vista della 'ndrangheta reggina, che avrebbe giocato anche un ruolo fondamentale nella riappacificazione delle famiglie di Reggio Calabria lacerate dalla seconda guerra di mafia durata in città dal 1985 al 1991. Secondo l'indagine la famiglia Alvaro avrebbe allacciato rapporti con il clan Tegano di Reggio Calabria, in particolare con il reggente della famiglia, Paolo Schimizzi, scomparso per un probabile caso di lupara bianca.
Nel dettaglio, dunque, la Corte ha condannato Carmine Alvaro a quattro anni di reclusione in continuazione con un'altra condanna; Giuseppe Alvaro a sette anni e quattro mesi, Paolo Alvaro a sei anni e o mesi; Stefano Alvaro a quattro anni quattro mesi in continuazione con un'altra sentenza; Francesco Borruto e Rocco Caruso a un anno e quattro mesi ciascuno, Antonio Dalmato a sei anni e otto mesi; Felice Antonio Romeo a quattro anni e otto mesi, Rocco Salerno a sei anni e otto mesi.
Solo per alcune posizioni il pg Fulvio Rizzo aveva chiesto una parziale riforma della precedente sentenza dell'Appello, per molti imputati, invece, aveva chiesto che venissero nuovamente comminate le pene del secondo grado. Richieste, quelle del rappresentante dell'accusa, che la Corte ha recepito in diversi casi. L'attività di indagine svolta dagli inquirenti nacque e si dipanò dalla cattura di "Cupertuni", ma riguardò anche gli ingenti flussi di denaro gestiti illecitamente dalla 'ndrina.