Reggio: chiuso per occupazione di suolo pubblico, ma il suolo è suo…

ortofruttarcdi Pasquale Cotroneo - Ricorda quella storia letta qualche anno fa di un uomo, sulla sessantina, denunciato per furto di acqua. La "colpa" del malcapitato, se tale si può definire, era stata quella di aver raccolto dell'acqua (regolarmente pagata), all'interno di un terreno di sua proprietà, per poi trasportarla a cinquanta metri di distanza per irrigare un altro terreno sempre di proprietà del medesimo.

Tuttavia per un motivo inspiegabile lo stesso era stato denunciato.

Ma se la cosa inizialmente può far sorridere, poi induce sicuramente a riflettere. Perché spesso anche le autorità e le forze dell'ordine qualche strafalcione lo commettono.

Nel caso odierno protagonisti sono invece la Polizia Municipale di Reggio Calabria, e un fruttivendolo (di cui omettiamo le generalità per motivi di privacy) accusato di occupazione del suolo pubblico e al quale, oltre alla sanzione prevista, è stato chiuso l'esercizio commerciale per cinque giorni.

Con una recente ordinanza il Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, al fine di garantire la massima fruizione degli spazi pubblici attraverso lo strumento della tutela del patrimonio pubblico e secondo le direttive dell'Assessore alla Legalità e alla Sicurezza, Giovanni Muraca, ha impresso una spinta alle attività della Polizia Municipale per combattere il crescente fenomeno di occupazione abusiva di suolo pubblico, da parte dei titolari di servizi commerciali.

Ordinanza giusta e doverosa, con molti plausi, e come succede sempre, anche con qualche strascico polemico.

La variabile, nel caso odierno, consiste però in un dettaglio macroscopico: il terreno sui cui il fruttivendolo avrebbe apposto la propria merce e per il quale è stato accusato di abusivismo, in realtà non è pubblico ma privato. Ed il privato che ne detiene la proprietà è proprio il fruttivendolo.

Ne consegue che l'uomo è stato sanzionato per aver occupato (abusivamente) un terreno di sua proprietà (sic).

La proprietà privata appartenente al fruttivendolo sarebbe stata rappresentata e dimostrata (mediante l'esibizione dei relativi titoli di proprietà) anche agli agenti accertatori, che pur dandone atto nel proprio verbale definiscono il luogo occupato come "area privata, ma soggetta a pubblico passaggio".

Una storia per certi versi grottesca, che riporta alla ribalta una delle tante contraddizioni esistenti quando di mezzo c'è la Pubblica Amministrazione. Su larga scala, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo scriveranno molto dei tanti cul de sac della PA.

L'uomo, attraverso il proprio legale di fiducia, ha scritto al Comune di Reggio Calabria e al Comando di Polizia Municipale, chiedendo la revoca in autotutela, o la sospensione temporanea dei provvedimenti a suo carico per "scongiurare il pericolo che, nelle more della decisione, il danno subito possa ulteriormente aggravarsi".

Questo, visto che le norme che si assumono violate puniscono, in realtà, la sola occupazione di suolo pubblico, cioè una fattispecie del tutto estranea a quella contestata, ne consegue l'illegittimità delle misure sanzionatorie adottate.

Ma soprattutto un passaggio fondamentale è quello che riguarda la natura delle merci in possesso dell'uomo, (prodotti ortofrutticoli) che "appartengono ad una categoria di prodotti rapidamente deperibili ed in relazione ai quali i tempi (5 giorni) di chiusura imposti con l'ordinanza ne causerebbero il sicuro deterioramento, con un conseguente danno economico pari a diverse migliaia di euro".

Oltre al danno la beffa?

Palazzo San Giorgio mandi qualche segnale, al fine di fare chiarezza sulla vicenda. Perché accanto alla volontà giustissima di riaffermare la legalità contrastando l'abusivismo, perché accanto alla tutela del patrimonio pubblico, ci sia anche quella del privato, e di chi trasgressore non è, o non sembrerebbe essere.