"Carrette", sangue e pale eoliche: le trame del triumvirato Ruga-Gallace- Leuzzi dietro la faida dei boschi

pale eoliche- di Alessia Candito - "Carrette" o "tragedie": è così che Cosimo Barranca, esponente di peso del locale di Caulonia definisce l'intricato intreccio che nasconde l'esplosione della faida dei boschi. Un piano complicato, messo a punto dal triumvirato formato da Andrea Ruga, Vincenzo Gallace e Cosimo Leuzzi per mettere le mani sull'economia del territorio a cavallo delle Serre del vibonese e dei comuni dell'alto versante jonico ricadenti nelle province di Reggio Calabria e Catanzaro. Un territorio di cui Damiano Vallelunga di Serra San Bruno era dominus incontrastato e geloso, un ostacolo insormontabile alle mire "espansionistiche" dei tre responsabili dei locali di Monasterace – Stignano - Guardavalle che per eliminarlo mettono a punto un piano semplice ma diabolico: coinvolgere nel delitto il cugino del boss dei viperari Giovanni Vallelonga, facendo ricadare esclusivamente su di lui le responsabilità dell'omicidio.
Un progetto dal duplice obiettivo: eliminare l'influente e pesante presenza del "boss dei viperari" Damiano Vallelunga addossando ad altri la responsabilità del delitto e scatenare la vendetta della famiglia di Serra San Bruno contro quella dei Vallelonga, al fine di decimarli completamente, sbarazzandosi del tutto, con un colpo solo, di entrambe le famiglie di mafia che esercitavano il controllo sui boschi di quel territorio.
Una situazione di cui anche il Mastro Giuseppe Commisso, capo indiscusso di tutti locali della zona , discute in maniera approfondita nella sua lavanderia Ape Green di Siderno – divenuta una sorta di ufficio e per inquirenti e investigatori, che lì sono riusciti a piazzare una cimice, una miniera di informazioni– con esponenti di peso di tutti i clan della zona.
"Erano nella pace... erano nella tranquillità... erano tranquilli che andavano tranquilli avanti... ed hanno voluto la tragedia...- commenta Barranca con il Mastro - ora se la devono sbrigare loro la tragedia, loro sanno gli accordi che hanno fatto e gli impegni che hanno preso... io, dicono di no, che io non ho partecipato agli accordi che hanno fatto con Leuzzi". E sono proprio questi accordi – ingenerosi o poco convenienti secondo il triunvirato – a mettere in moto la faida. "Che io dopo, quando hanno parlato per questo lavoro, io gli ho detto: "c'è Cosimo De Luca ed è giusto che li deve avere pure lui, è di Caulonia due se li fa De Luca e uno se lo fa Cosimo ... due se li fa"... perché non gli è stato bene a questo qua, poteva prendere tutto per lui?", si spazientisce Barranca che non vuole assolutamente farsi coinvolgere nel conflitto.

In ballo ci sono lavori importanti, possibili speculazioni edilizie da cifre a sei zeri, appalti pubblici. Ma nonostante il quadro sia chiaro, il Mastro è dubbioso. Continua a sondare affiliati e ipotesi. "No questo fatto di compare Damiano buonanima – ascolteano gli uomini del Ros - è troppo difficile... troppo... è troppo vasto il giro".
Una situazione complicata, resa ancora meno comprensibile dalle false piste disseminate da Leuzzi, che tenta di ricondurre il tutto alla relazione incestuosa tra Giovanni Vallelonga – definito "lurido ed un abusivo" - e una nipote di Damiano, che avrebbe fatto esplodere l'ira del boss dei viperari e la conseguente reazione di Vallelonga.


Ma a chiarire definitivamente il contesto in cui l'omicidio è maturato, sono due conversazioni ascoltate dagli inquirenti all'interno della "Masseria", un' azienda agricola sita in contrada Camarapuso del Comune di Gioiosa Jonica (RC) di proprietà di Rocco Jerinò,ma in uso anche a un altro Jerinò, "U Manigghia", esponente di spicco del locale di Gioiosa Jonica. E' a lui che altri soggetti comunque legati ad ambienti criminali si sentono in dovere di far conoscere le novità.


A parlare – alla presenza di Jerinò e ascoltato dagli investigatori- è Giuseppe Marrapodi, titolare dell'omonima impresa di onoranze funebri con sede a Roccella Jonica, per il quale il piano del trunvirato è solo " un'altra tragedia". Obiettivo, non solo gli interessi economici dei sul settore del disboscamento, ma soprattutto gli insediamenti per la produzione di energia alternativa, con l'installazione di centrali eoliche nelle serre del vibonese e del reggino. Un'informazione che Marrapodi avrebbe ricevuto dai figli del defunto Giovanni, legati all'affare "dei pali eolici". "Si... già si sono resi conto – racconta Marrapodi a Jerinò e ai suoi interlocutori- l'altra volta sono venuti a pagarmi i funerali... sono venuti a pagarmi i funerali i figli... e con me parlano... mezza parola... e credo che si sono resi conto per davvero... che gli hanno organizzato una tragedia... (omissis)... che hanno organizzato una tragedia... e gliel'hanno organizzata per questi pali che devono mettere li'... per questi pali eolici lì... per questi pali". "Un gioco delle tre carte" per Jerinò messo in piedi dal triumvirato per far ricadere la colpa su Vallelonga "che è morto senza sapere come" - ascoltano gli investigatori in una conversazione intercettata - Avete capito.. l'autore era questo qua... e per togliersi le cose su di lui... li ha caricati sull'innocente.. che è morto senza sapere come... traditori...".
E il prosieguo della conversazione basta a fugare gli ultimi eventuali dubbi rimasti agli investigatori sulla complessa trama della "tragedia". Marrapodi racconta di aver saputo, sempre dai figli di Vallelonga di un "summit" a cui aveva partecipato il padre insieme al boss Damiano Vallelunga e al triumvirato, formato da Andrea Ruga, Cosimo Leuzzi e Vincenzo Gallace per organizzare la spartizione degli "affari" sulla montagna derivanti dalla futura installazione delle centrali eoliche. Un summit finito malissimo: Damiano, il boss dei viperari, si oppone alla spartizione pretendendo l'esclusiva sulla sua parte di montagna "... li' nelle cose vostre fate quello che volete... da me gli ha detto... non mettete...". Un no che si trasforma in  una condanna a morte tanto per lui, come per l'odiato cugino Giovanni Vallelonga scelto come da Ruga, Gallace e Leuzzi come futuro capro espiatorio su cui far ricadere la vendetta dei familiari di Vallelonga. Agli interlocutori di Marrapodi - e a chi a loro insaputa  li ascolta - è tutto chiaro : "E se li sono cacciati a tutti dai piedi... si sono fatti questi conti loro... dice... e dopo qui amministriamo noi..."