Giussano, provincia jonica. L'omicidio di Nuzzo Novella all'origine della faida dei boschi

omicidionovella - di Alessia Candito - Non era un semplice killer, né uno sconosciuto nella ndrangheta milanese Antonio Belnome, il pentito che con le sue rivelazioni ha permesso alla Dda di Reggio Calabria non solo di fermare boss e gregari coinvolti nella faida dei boschi, ma soprattutto di assestare un colpo durissimo al direttorio che da oltre cinquant'anni regge la zona dello Stilaro. Una fetta di territorio calabrese compresa tra l'Alto Jonio reggino e il Basso Jonio catanzarese che negli ultimi anni è stata insanguinata da oltre dieci omicidi, diversi tentati omicidi e sparizioni, in cui lo stesso Belnome – nato, cresciuto e residente in provincia di Milano – ha partecipato in prima persona. Una lunga scia di sangue che ha macchiato la Calabria, ma che ha avuto origine a San Vittore Olona, in Lombardia con l'omicidio del boss secessionista Carmelo Novella.
Tutti eventi di cui il quarantenne, oggi divenuto pentito perchè – ha messo a verbale di fronte agli inquirenti - "nella ' ndrangheta non c'è futuro","si armano le carrette" - le troppe invidie e gelosie che governano le dinamiche interne all'organizzazione - spesso foriere di morte, ha vissuto da protagonista. Perchè Belnome un tempo era un uomo che contava in Lombardia. E a Giussano, era il numero uno. Protagonista e punto di riferimento dei vari incontri e summit svoltisi tanto a Milano come in Calabria tra esponenti di spicco delle ndrine della jonica.
Con alle spalle una carriera criminale folgorante, Antonio Belnome era una creatura di Andrea Ruga, il boss dello Stilaro sotto la cui ala protettrice era cresciuto e in nome del quale agiva tanto a Milano come in Calabria. E nulla di quanto avvenisse a Milano e nel suo infinito hinterland poteva e doveva sfuggire alla cabina di regia calabrese.
"Il locale di Giussano (ndr.provincia di Milano) ha un cordone ombelicale con la Calabria che non si è mai staccato, cioè con il paese di origine, praticamente senza l'autorizzazione del paese di origine... non potevano rimpiazzare a nessuno senza il benestare del paese e diciamo noi eravamo in simbiosi con Guardavalle, Giussano era un Guardavalle a Milano, ecco. Era un Monasterace a Milano, dove se capitava Vincenzo Gallace o Andrea Ruga a Milano, arrivavano a Giussano, potevano anche fare una riunione a Giussano".
E i contatti fra la Lombardia e la Calabria, fra l'hinterland milanese e la provincia reggina, erano continui, costanti. "Gallace è venuto in un'occasione, invece il Ruga viaggiava ogni mese e mezzo, ogni due mesi, o andavo io o veniva lui, c'era sempre questo intervallo fra di noi, eravamo sempre... poi c'era sempre qualcuno che andava avanti e indietro e quindi le ambasciate erano all'ordine del giorno".
È un legame totalizzante e indissolubile quello di cui parla Belnome - già emerso nell'indagine Crimine e che oggi trova conferma dell'ennesima inchiesta – che non lascia spazio a deroga alcuna.
Proprio per questo il progetto scissionista di Carmelo Novella – che progettava di emancipare le locali milanesi dalla Calabria – non poteva né doveva essere perdonato. " Chi comandava era Vincenzo Gallace, Novella era una creatura di Gallace, non era nessuno Novella. Poi la sua favella, le sue capacità e tutto l'hanno portato ad avere un ruolo di primo piano e di spicco, ma sempre dopo, un gradino sotto al Vincenzo Gallace", spiega ancora Belnome in uno dei tanti interrogatori sostenuti in questi mesi di fronte al pm Gratteri. "a Milano lui era un re, però le problematiche dopo erano che i Gallace presero posizione... Gallace insieme ai Ruga, il Leuzzi, presero posizione per quanto riguardava il Novella. All'epoca Vincenzo Gallace fermò anche Guardavalle tramite il Mastro, il Commisso, fermò anche Guardavalle per cercare di fermare a Novella, per fargli bloccare il suo diciamo percorso 'ndranghetistico".
Un percorso finito con il suo omicidio. A pesare sulla sentenza emessa dal tribunale della ndrangheta non solo le aspirazioni secessioniste di Novella, ma anche i contrasti pesantissimi maturati in Calabria.
"Novella – racconterà Belnome - aveva tentato di fare un complotto contro il Gallace. E queste cose vennero a galla. Per questo poi subentrò l'odio da parte del Gallace ed era imperdonabile il Novella da parte del Gallace, aveva saputo che lo voleva ammazzare in sostanza". Un complotto svelato dall'inchiesta Mythos e che Gallace non era disposto a far passare sotto traccia. Nonostante i veri e propri summit convocati per tentare una conciliazione, la sentenza di condanna contro Nuzzo Novella era stata emessa. E non solo da Gallace. A "licenziarlo", tre giudici: Vincenzo Gallace, Cosimo Leuzzi e Andrea Ruga. Quelli che – afferma Belnome - "sono oggi i numeri uno e sono tutti e tre insieme".
"Fra i Ruga, i Gallace, noi di Giussano, i Leuzzi, non c'era una questione "Io sono del locale di Monasterace, io sono del locale di Guardavalle, io di Stignano", era tutto unificato, si poteva fare una riunione che c'erano tutti; ha capito? - spiega Belnome ai pm - Non c'era questa cosa che oggi si riuniva Monasterace o domani si riuniva Guardavalle, era tutto unificato in quella zona; anche Vincenzo Gallella detto Macineju, che era di Bedolato, mi sembra".
A governare la zona e le sue dirette emanazioni nel nord Italia era dunque un direttorio. E Carmelo Novella aveva pestato i piedi ad almeno due dei suoi massimi esponenti. Anche Andrea Ruga – si legge nell'occ – avrebbe avuto dei "motivi di risentimento nei confronti di Novella poiché costui, in occasione del matrimonio del figlio di Ruga, si sarebbe comportato in modo irriguardoso".
La decisione era stata presa, toccava solo attendere l'occasione. Quando il 18 agosto 2007 Novella si allontana dalla Calabria, il piano di eliminazione dello scissionista entra in una fase operativa. Si tratta di un'occasione unica – racconta Belnome – perchè un omicidio in Lombardia avrebbe eliminato dalla rosa dei sospetti lo stesso Gallace e perchè a Cerro Maggiore, località limitrofa a San Vittore Olona che Novella aveva scelto come residenza, viveva da tempo Antonio Carnovale, uomo di Ruga e Gallace che avrebbe potuto agevolmente studiare le abitudini della vittima e dare un apporto fondamentale sia nella fase preparatoria, sia nella fase più propriamente esecutiva.
Il killer viene individuato in un soggetto esperto, Michele, Panajia persona vicinissima a Cosimo Leuzzi. Belnome, uomo di fiducia e rappresentante in Lombardia dei mandanti, eletto responsabile del progetto di eliminazione di Novella, decide di scendere in campo in prima persona come secondo killer. Il 14 luglio 2008, a San Vittore Olona, i due entrano in azione. Armati e a volto scoperto entrano nel bar "Reduci e combattenti", si avvicinano a Novella che come di consueto sta seduto ai tavoli del giardino attiguo e sparano. Novella cade.Panaija e Belnome si allontanano su una moto e poi rapidamente si dividono. Belnome si metterà immediatamente in viaggio per Guardavalle in Calabria, dove arriverà all'alba del giorno successivo. Ma insieme al killer, anche gli strascichi di quell'omicidio porteranno conseguenze in Calabria. Secondo le rivelazioni di Belnome, dalla morte di Novella in Lombardia scaturiranno esigenze di riassetto degli equilibri anche 1300 chilometri più a sud.
Molti di coloro che gli erano vicini al boss secessionista, si affrettano a prendere le distanze da Novella. Ma c'è anche chi – a detta del direttorio – non lo fa in modo troppo convincente. Fra loro, Damiano Vallelunga,il boss dei viperari, il cui omicidio sarà la miccia che farà esplodere la faida dei boschi." Era risaputo che faceva il doppio gioco no, era con ... era con Novella. Si sapeva e lo stesso vale per Vittorio SIA, questo era risaputo, era un personaggio scomodo Vallelonga perché ritenuto anche valevole come azionista e come capacità, quindi poteva fare del male "
Non si era schierato in modo deciso contro il boss secessionista, anzi aveva addirittura cercato di proteggere il figlio di Novella, Alessio, dalla morte cui era destinato dopo il padre. Un tentativo di salvataggio che aveva indisposto Gallace e che era stato per il triunvirato il pretesto per procedere all'eliminazione di un uomo scomodo. Un soggetto che rappresentava, per il suo carattere autoritario e accentratore, intralcio e impedimento alle mire di espansione economico-imprenditoriale dello stesso triumvirato. Un progetto per il quale i tre non hanno avuto remore ad utilizzare il rancore che
Giovanni Vallelonga, cugino del boss dei viperari, provava nei confronti del parente la cui schiacciante personalità e caratura criminale lo aveva sempre relegato in secondo piano. Ma che si tradurrà in una lunga scia di sangue che macchierà per anni la montagna dello Stilaro.