I pentiti fanno luce sulla Faida dei boschi

grattericonfstampa- di Alessia Candito - È arrivata da Milano la chiave che ha permesso ad investigatori ed inquirenti di fare luce sulla cosiddetta "Faida dei Boschi" e ha portato oggi all'arresto di sedici persone e alla notifica in carcere di una nuova ordinanza di custodia cautelare ad un altro esponente della cosca Ruga – Leuzzi – Vallelonga. A confermare il quadro investigativo tracciato da pm e forze dell'ordine sul conflitto che ha visto fronteggiarsi negli ultimi anni le ndrine dell'Alto Jonio reggino e insanguinato i comuni di Stilo, Caulonia, Riace, Monasterace e Stignano, le dichiarazioni del pentito Antonio Belnome, affiliato alla locale di Seregno in Lombardia e riconosciuto killer dell'omicidio di Carmelo Novella, il boss scissionista che avrebbe voluto rendere autonoma la Lombardia dalla casa madre e per questo è stato condannato a morte dalle ndrine calabresi. Tutte dichiarazioni confermate da un altro pentito Michael Panaija, originario di Sant'Ilario, indicato da Belnome come l'altro killer dell'omicidio Novella.
Una sentenza puntualmente eseguita il 14 luglio 2008 a San Vittore Olona, in provincia di Milano, ma che ha avuto strascichi anche in Calabria. A pagare per il progetto autonomistico di Novella è stato anche Damiano Vallelunga, il "boss dei viperari" ucciso a Riace il 27 luglio del 2009, colpevole di non aver preso sufficientemente le distanze dal boss scissionista. Un delitto la cui responsabilità è stata all'epoca attribuita a Giovanni Vallelonga, cugino del boss dei viperari ma che nei suoi confronti provava un odio profondo. Personaggio "dall'arroganza e tracotanza senza eguali" - ha detto oggi il procuratore capo facente funzioni Ottavio Sferlazza", Vallelonga si è dimostrato il protagonista perfetto della ben nota "tragedia" che ha dato il via, a partire dalla seconda metà dell'anno 2009, ad una escalation di omicidi, agguati e tentati omicidi nella zona dello Stilaro, la provincia Jonica collocata a cavallo fra le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro tradizionalmente controllata dal triumvirato formato Cosimo Giuseppe Leuzzi, Vincenzo Gallace e dal defunto Andrea Ruga. Una tragedia che in realtà nascondeva l'esigenza di riassetto degli equilibri tra le cosche per la spartizione dei milionari appalti relativi non sono alla filiera del legno, ma anche opere pubbliche e il business dell'energia eolica. E proprio Giovanni Vallelonga – ha affermato Sferlazza - "nel corso di un summit dei personaggi più importanti della zona, convocato nel tentativo di distribuire lavori e interessi fra le varie cosche, si era rifiutato di dividere gli appalti che ricadevano nel suo territorio". Un'ostinazione che le altre cosche gli hanno fatto pagare con la vita
"Si tratta di un'operazione importante che ha ci ha permesso di mettere un piede in un territorio estremamente complicato e di fermare esponenti di famiglie storiche della ndrangheta della Jonica – ha affermato con soddisfazione il procuratore Nicola Gratteri – Siamo di fronte alla seconda, terza generazione dei Ruga, dei Leuzzo, dei Gallace, già protagonisti nel '96 dell'operazione Stilaro, con cui per la prima volta siamo riusciti ad affermare in sede giudiziale l'esistenza di una strutturazione in locali della zona".
E sono proprio alcuni dei protagonisti di quell'operazione ad essere caduti nell'indagine condotta dal pm Gratteri. Uomini importanti, rappresentanti di famiglie che hanno scritto la storia della ndrangheta della Jonica, come Cosimo Leuzzi "uno che aveva la responsabilità di presiedere le riunioni di 80, 100 santisti della zona che dovevano rendere conto solo al Mastro Commisso di Siderno, era uno a cui lo stesso Mastro dava piena fiducia".
Insieme a lui sono finiti in manette Agostino Vallelonga, Bruno Vallelonga, Luigi Vallelonga, Piero Vallelonga, Renato Comito, Cosimo Franze', Vincenzo Franze', Antonio Leuzzi, Domenico Ruga, Vincenzo Gallace, Cosimo Spatari, Luca Spatari, Angelo Natale Misiti, Salvatore Papaleo, Andrea Sotira.
Sono dunque boss e gregari della ndrangheta che "detta l'agenda economica e criminale nella zona" quelli tratti in arresto nel corso dell'operazione congiunta di Polizia e Carabineri di ieri notte. "Un segnale importante per la comunità della zona" ha continuato Gratteri " che ha consentito di assestare un colpo importante a queste famiglie" che da decenni sottomettono la zona alla propria legge. Un territorio, quello compreso tra il l'Alto Jonio reggino e il basso Jonio catanzarese, tristemente noto alle vicende giudiziarie, perché da decenni sottomessi al controllo della criminalità organizzata che ha perpetrato, nel tempo, ogni genere di reati, dai sequestri di persona alle estorsioni, dal traffico di sostanze stupefacenti all'infiltrazione ed al controllo degli appalti pubblici, dando vita a più riprese, in ragione dell'esigenza di predominio sul territorio, a vere e proprie faide, che hanno coinvolto intere generazioni e dalle quali sono scaturiti numerosi omicidi. Il medesimo territorio in cui si è assistito a una lunga scia di atti intimidatori all'indirizzo di sindaci e amministratori locali dei Comuni interessati, evidentemente refrattari alla penentrazione dei clan all'interno della pubblica amministrazione. "Si tratta di episodi che non sono stati oggetto di indagine nell'ambito di questa inchiesta – ha detto Sferlazza – ma siamo ragionevolmente certi di aver colpito il contesto in cui sono maturati".