di Pasquale Cotroneo - La chiusura è un rischio concreto. Ma un'azione di protesta spontanea si è messa subito in moto a difesa del reparto di Oncologia presso il presidio dell'ex Ospedale "Scillesi d'America", oggi Centro di assistenza primaria territoriale. In molti, infatti, non sono in grado di capire la decisione di spostare l'unità di oncologia presso l'ospedale "Tiberio Evoli" di Melito Porto Salvo.
E' per questo che abbiamo deciso di incontrare il dott. Francesco Tropea, Oncologo medico responsabile di Oncologia Medica presso il centro "Scillesi d'America".
L'unità di oncologia di Scilla, per chi non ne fosse a conoscenza, pratica un'oncologia moderna con protocolli attuali. Si seguono le linee guida nazionali ed internazionali per il controllo della malattia neoplastica con farmaci di ultima generazione e target terapy. Non viene mai trascurato l'aspetto psicologico del paziente che rimane sempre al centro delle attenzioni.
Da quattro anni a questa parte.
"Sono arrivato qui – afferma il dott. Tropea – dopo la decisione di chiudere il polo sanitario di Reggio Nord nel quale operavo, dove tutto è stato creato per praticare un'oncologia moderna, con struttura sicura dal punto di vista legislativo, abbiamo professionalizzato infermieri. Siamo così riusciti ad essere, grazie alla nostra perseveranza, un punto di riferimento per chi aveva bisogno di intraprendere un percorso di terapia, ottenendo da parte dei pazienti e da parte di altri colleghi, la stima e molti riconoscimenti".
La psiconcologia.
Innovazione infatti, non solo dal punto di vista medico, ma anche nell'approccio e nel supporto fornito a pazienti e familiari. Attraverso la stessa si garantisce alla persona ammalata di tumore e ai familiari la possibilità di una migliore qualità di vita e di avere un'assistenza ottimale.
E a Scilla avviene attraverso utilizzo di proiettori, di plasma, in una commistione tra scienza e medicina da una parte ed arte e cultura dall'altro: proiezioni di film, documentari, persino teatro.
Valutando e "utilizzando" i talenti dei pazienti, in modo da farli sentire in famiglia
Poi la decisione della direzione dell'Asp reggina di trasformare il centro in Casa della Salute, strutture polivalenti che dovrebbero secondo quanto stabilito erogare cure primarie, garantire continuità assistenziale alternando prestazioni sanitarie e sociali, e la conseguente decisione di trasferire l'Unità a Melito Porto Salvo.
"Ad un certo punto, all'improvviso, senza nemmeno una comunicazione scritta, sappiamo che non possiamo più operare e essere allocati in questa struttura, grande e accogliente, e che bisogna andare via al più presto, come se dovesse esserci urgenza più assoluta, andando a risistemarsi in un luogo che non garantisce, tra l'altro, una sala con pari numero di poltrone per la chemioterapia".
Trasferirsi a Melito Porto Salvo, ci lascia intendere l'esperto, significherebbe innanzitutto dover ripartire da zero.
"Quale è il problema? Dateci un codice ospedaliero, affiancateci con una università, fateci continuare a lavorare così come facciamo. Perché distruggere? Qui si può invece migliorare, mantenendo quello che si ha, un polo d'eccellenza".
Una decisione che andrebbe contro la volontà di combattere esodo sanitario verso altre regioni, che intaccherebbe uno degli esempi di sanità positiva all'interno di un contesto regionale non sempre roseo.
"E' così che si migliora la sanità calabrese? – si chiede il Primario – Chiudendo la Fondazione Campanella? Chiudendo Oncologia a Scilla? Provocando problemi ai pazienti? Finisce spesso che poi le persone salgono su un areo e vanno altrove. Qui non mancano idee, voglia, professionalità, manca spesso la volontà".
Una volontà da intendere anche come politica.
"La discussione – dice Tropea – è particolare, io da uomo di scienza non riesco a capire, forse perché per me la salute è qualcosa di trasversale, che non veste bandiere politiche".
Per questo la contestazione e la discussione è sul metodo!
"In molti – continua - non hanno la coscienza d quello che accade, non sanno cosa sia o cosa fa l'oncologia a Scilla".
2000 chemioterapie all'anno, 5000 prestazioni nel 2014, collegamento con tutti i centri d'Italia e certificazioni di qualità sull'operato. Strutturalmente poi, per quanto riguarda la manipolazione dei farmaci, basterebbero poche migliaia di Euro per avere un'Ufa (Unità farmaci antitumorali), senza la necessità di spendere milioni.
"Non combattiamo per una struttura ma per la professionalità che c'è dentro, le cose si cambiano solo se si può migliorare, solo se esiste una programmazione seria, che ti porta dei vantaggi".
E poi una precisazione, vista la confusione generata in questi giorni: "Finché non vengono a toglierci la sedia da sotto il sedere noi restiamo qui, siamo sempre aperti, accettiamo i pazienti, li seguiamo, con la solita professionalità e con la costante intenzione di migliorarsi".
Non trascurabile inoltre la collocazione geografica, che permette di far arrivare a Scilla gente da ogni parte della Piana di Gioia Tauro, così come dai vari paesi dell'entroterra aspromontano. Oltre agli ospedali Riuniti, sono infatti solo due le unità di oncologia sul territorio: Locri (già sulla Jonica tra l'altro come Melito) e appunto Scilla.
Mentre fuori continua a montare la protesta con la raccolta firme organizzata. Tra gli striscioni appesi uno si rivolge direttamente al direttore generale dell'Asp, Ermete Tripodi: "Chi tenta di spogliare il presidio calpesta la storia di Scilla. Tripodi occhio alla Maga Circe (trasformava tutti in porci)".
"Se più di 3 mila firme vengono raccolte in pochi giorni significa che qualcosa è successo" afferma ancora Tropea.
"Sono contento di quello che si è creato attorno, non è facile trovare comunità intera che manifesta in maniera così importante e veemente, anche dal punto di vista culturale. E' seme, presa di coscienza, ed è una cosa che mi inorgoglisce, perché vuol dire che quello che facciamo è apprezzato e che siamo un punto di riferimento".
Cosa dire allora alle Istituzioni?
"Se hai una scuderia, dico ai nostri Amministratori, devi conoscere i tuoi cavalli, e scegliere quelli migliori. Non si può solo teorizzare, ma bisogna conoscere la situazione, discuterne con chi può dare delle risposte, poi valutare, se è una cosa che bisogna fare per forza, o se invece si può mantenere questa eccellenza".
Sarebbe triste per questo abbattere col vessillo del "necessario" quanto già c'è.
"A chi serve? A chi? Facciamo macerie per ricostruire?" conclude.