- di Alessia Candito - Ha stretto la mano al cacciatore che gli si è parato davanti appena uscito dal bunker in cui si nascondeva – lo stesso che solo pochi mesi prima aveva arrestato suo fratello – e poi si è consegnato ai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dallo Squadrone eliportato Cacciatori di Calabria , Giuseppe Aquino elemento di primissimo piano dell'omonima ndrina di Marina di Gioiosa Jonica.
''Giuseppe Aquino può essere considerato il 'braccio armato' dell'omonima cosca mafiosa di Marina di Gioiosa Ionica'', ha spiegato il Procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che ha coordinato le indagini. ''Il suo arresto è da ascrivere interamente al pressante controllo del territorio da parte dei carabinieri del comando provinciale, del Ros, dei 'Cacciatori' e dello speciale nucleo di stanza a Locri. Pensate cosa vuol dire avere gente di altissimo profilo sulle proprie tracce per due, tre anni. Da quando ci è sfuggito con Crimine, Aquino ha avuto una squadra di trenta carabinieri sempre con il fiato sul collo ''.
Nonostante la fama di testa calda, "Peppe u pacciu" uscendo dal bunker in cui si nascondeva non solo si è consegnato pacificamente, ma ha speso parole di rassicurazione per i familiari che erano riuniti nella casa della madre. Proprio lì era nascosto il bunker sotterraneo, perfettamente camuffato, ricavato in un sottoscala in cantina. L'accesso era possibile facendo traslare su rotaie due gradini in marmo di una scala interna, attraverso un sofisticato congegno elettromeccanico.Una presenza anomala, che lo stesso boss ha tentato di giustificare dicendo "è una cantina dove teniamo il vino d'inverno", ma che ha fatto immediatamente drizzare le antenne degli investigatori, che hanno ormai imparato a conoscere la passione degli Aquino per i bunker.
Tra il 2010 e il 2011, i carabinieri avevano individuato e sequestrato altri rifugi che la famiglia aveva messo a disposizione dei proprio nell'abitazione del ricercato arrestato oggi. Un nascondiglio di piccole dimensioni, ma dalla sofisticata tecnologia: la chiusura era azionata da un congegno meccanico scorrevole tramite un telecomando che emetteva segnali a un lampione in ferro presente all'interno della villa posta nelle vicinanze del cancello. Il secondo rifugio, invece, era stato riventuno nella casa del fratello Domenico, nel garage seminterrato dell'abitazione: un bunker più grande al quale si accedeva attraverso una parete mobile azionata da un congegno meccanico scorrevole su binari. Altri due bunker, infine, erano stati trovati nel garage di Giuseppe Aquino e nell'abitazione del presunto fiancheggiatore Rocco Tassone dove i carabinieri hanno trovato quasi nove chili di droga (prometazone) e 200 grammi di dorozen.
Scoperte non caasuali. Fin dall'inizio della latitanza di Peppe U Pacciu, i carabinieri gli sono stati con il fiato sul collo. Anche perchè sapevano dove cercare. "Un soggetto che ha potere criminale nel proprio locale di riferimento – ha spiegato ancora Gratteri – non si allontana mai troppo, né troppo a lungo, perchè l'assenza significherebbe una perdita di leadership". E proprio nella "sua" Marina di Gioiosa, Giuseppe Aquino è stato scovato e arrestato. ''Un luogo evidentemente ritenuto sicuro - ha proseguito Gratteri - da dove poteva proseguire la sua attività di coordinatore delle attività illecite del suo clan (gestione di alberghi, imprese edili e servizi pubblici), decapitato dopo la cattura del fratello Rocco. E' stata un'indagine classica fatta di pedinamenti e di monitoraggi ambientali e telefoniche, fino a che è stato valutato il momento opportuno per sorprenderlo dentro il nascondiglio. Gli Aquino sono tra i promotori, con i Coluccio, dei traffici internazionali di stupefacenti, di cocaina, tramite broker internazionali che agiscono, con grande disponibilità di denaro, per loro conto in Centro e Sud America. Grazie a quegli enormi introiti il gruppo Aquino ha scalato non solo le gerarchie della ndrangheta calabrese, ma è divenuto il centro di un sistema attorno a cui ruota una miriade di imprese 'pulite' nei più disparati settori dell'economia''.
Peppe 'u pacciu', e' stato condannato in primo grado a 3 anni e quattro mesi di reclusione nell'ambito dell'operazione 'Crimine', l'inchiesta che ha svelato gli assetti della 'Ndrangheta nel reggino ed a Milano. Una condanna troppo lieve – secondo il procuratore Gratteri - che ha già annunciato il ricorso in Cassazione, ma che comunque ha fatto spalancare per Aquino le porte del carcere.