- di Alessia Candito - Imprese trasformate in castelli di carte, svuotate e smembrate fino a renderle carcasse vuote, girate a prestanome candidati a diventare capri espiatori di guai giudiziari, mentre nella reale cabina di regia - che si perpetua immutata di società in società- siedono i diretti rappresentanti delle ndrine più importanti della città. C'è tutto questo nell'operazione che oggi ha portato al doppio arresto dell'ex consigliere e ex assessore comunale Dominique Suraci, regista e dominus di un intricato labirinto finanziario grazie al quale, insieme ai perpetui soci, ha continuato ad arricchirsi lasciando dietro di sé scheletri di società ed imprese. Una condotta che gli è costata l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello stato, bancarotta fraudolenta, false attestazioni, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ma che rivela anche le strette connessioni che l'ex assessore aveva con il gotha della ndrangheta reggina.
Cuore dell'inchiesta che oggi ha portato all'arresto di nove persone - e promette in futuro ulteriori sviluppi - è l'intricata storia del fallimento della Vally Calabria, società che nella metà degli anni '90 controllava nella provincia di Reggio Calabria una catena di discount. Una società prima controllata da una cordata di "imprenditori" tra i quali Dominique Suraci e successivamente passata pressocchè interamente in mano all'ex assessore che, attraverso società a lui direttamente - seppure non formalmente - riconducibili, permetterà l'infiltrazione di una pluralità di ditte e/o società riconducibili a sodalizi criminali attraverso la fornitura della più diversa tipologia i prodotti.
Una società dunque – ha dimostrato l'inchiesta condotta dall'ex pm della Dda reggina Marco Colamonici e portata a termine dal sostituto Stefano Musolino – che non solo con la assegnazione concordata delle forniture fra le diverse ndrine, ma con il suo stesso gruppo dirigente, era la rappresentazione plastica della spartizione degli affari tra clan diversi a Reggio città.
I SOCI DI DOMINIQUE
A fare luce sulla vera natura della compagine finanziaria che si nascondeva dietro la Vally prima e le sue dirette eredi poi, è il collaboratore Paolo Iannò, che nel 2009, interrogato dai pm Marco Colamonici e Mario Andrigo, dirà : "(...)la Vallì (...)sono a conoscenza diretta sulla vallì perché c'era Bruno Ventura il figlio del defunto Francesco Ventura (...)partono da quando hanno aperto i discount (...)li c'era Totò Ve, Totò Ventura, sbagliavo come chiamavo Bruno il figlio del defunto Francesco Ventura impresario della pulizia (...)che fu ucciso, c'erano Masi De Angelis socio, c'era un tale Cotugno in società e il professor e il dottor Giglio (...)erano in società loro, nella società erano tutti quattro (...)poi hanno deciso di vendersele e di uscirne da questa società e li hanno venduti a un tale Surace che faceva l'autotrasportatore questo, Surace. E Surace a sua volta dietro di Surace c'era Orazio De Stefano, che è venuto un suo nipote da me, che poi era figliastro di Paolo, Caponera Paolo, per dire che c'erano loro nella società dei discount, questo sempre nel periodo dei duemi prima del duemila del mio arresto (...)ci siamo visti nella contrada dietro il cimitero di Gallico (...)per parlare di questo fatto quando si son presi lo la società che dietro Surace ci sono loro (...)dietro di loro c'erano la famiglia De Stefano".
Alla guida reale della Vally non c'era dunque solo l'ex assessore comunale – a detta del collaboratore, espressione diretta di Orazio De Stefano - ma un vero e proprio direttorio di rappresentanti diretti delle ndrine. Rocco De Angelis, Antonio Cotugno, Mario Giglio – per i quali i pm ha chiesto ma non ottenuto la misura cautelare - non sono infatti degli sconosciuti né nel panorama criminale né in quello imprenditoriale reggino.
De Angelis è - tanto per legami familiari come per cointeressenze criminali – uomo degli Alvaro. A spiegare ai pm quale sia il peso realenella galassia della ndrangheta reggina tanto di Rocco come di suo fratello – Michelangelo ha ammesso di essersi occupato della realizzazione dei lavori del supermercato di Pellaro – è un altro collaboratore, l'ex killer e uomo di peso della cosca Tegano, Roberto Moio. "De Angelis di Sinopoli, vicini alla cosca Alvaro, anche durante la guerra di mafia sono sempre stati vicini alla cosca Tegano - racconta Moio ai magistrati - Ricordo che alla fine della guerra di mafia, dopo la morte di Domenico Tegano, mio zio Giovanni Tegano mi disse che doveva incontrare Mico Alvaro, chiedendomi se si potesse fare a casa di mia madre. Ho quindi accompagnato mio zio Giovanni Tegano e poi ho prelevato Mico Alvaro che si trovava nei magazzini De Angelis". Una famiglia importante, tanto fa gestire anche la sicurezza di Mico Alvaro, ma che nella Vally non si era limitata a piazzare i propri uomini di fiducia nella cabina di regia, ma controllava anche direttamente uno dei punti vendita del gruppo – quello di Polistena – gestito in prima persona da Antonio Alvaro, già condannato nell'inchiesta Cent'anni di storia.
Ma gli Alvaro, non erano l'unica cosca a sedere comodamente nel cuore del castello finanziario nato dalla Vally. A tutelare gli interessi dei Tegano/De Stefano era invece Antonio Cotugno, che tanto Iannò come Moio disegnano come imprenditore storicamente a disposizione del clan.
Anche Giglio non è un personaggio nuovo alle cronache giudiziarie: era stato lui il capo-struttura di Francesco Fortugno scelto per la capacità di traghettare voti, che nel giro di pochi mesi – subito dopo l'omicidio – era passato alla corte dell'acerrimo nemico elettorale dell'esponente Pd, Domenico Crea, successivamente arrestato e poi condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma il nome di Giglio appare anche nell'inchiesta sulla cosca Lampada che ha portato all'arresto del cugino, l'ex presidente della sezione misure di prevenzione Vincenzo Giglio e del fratello, l'omonimo Enzo Giglio. All'epoca, come oggi il gip non aveva riscontrato gli elementi necessari per procedere a un'incriminazione, ma solo una serie di incontri, frequentazioni e circostanze più che imbarazzanti. Che tornano a manifestarsi in questa nuova inchiesta. Anche Giglio infatti entra a pieno titolo nell'entourage economico-finanziario che ruota attorno a Suraci e i cui interessi vanno anche al di là dell'avventura della Vally.
Scrive il gip nell'ordinanza "sotto il profilo personale, tutti i soggetti coinvolti rimangono in contatto ed in rapporti tra loro anche in epoca successiva alla vicenda imprenditoriale che li aveva coinvolti e non solo in relazione alla stessa, in quanto si vedrà come nel corso del tempo rimangano accomunati anche da interessi di natura economica e politica".
Tanto Cotugno, come i fratelli De Angelis sosterranno attivamente la candidatura dell'amico e socio Dominique alle elezioni del 2007. Un impegno che soprattutto Michelangelo prende sul serio e vuole seguire da vicino, tanto da apparire formalmente come organizzatore della sua segreteria elettorale.
L'UOMO DI TUTTI
A fare da collante tra personaggi dalla natura e dai referenti così diversi, l'ex assessore Suraci "un soggetto – scrive il gip - non solo riconducibile ad un ambiente criminale specifico ma capace altresì di relazionarsi alla 'ndrangheta nel suo complesso, intesa come struttura criminale unitaria, frutto del coacervo di tutte le forze che la compongono, che si muovono in maniera parallela per la realizzazione di finalità ed utilità comuni a tutti i singoli sodalizi e quindi proprie del gruppo nel suo complesso".
Finalità come la trasformazione della Vally Calabria da azienda leader nella distribuzione alimentare, a generatore di scatole cinesi i cui proventi erano destinati solo " al depauperamento patrimoniale ed al soddisfacimento di interessi economici personali dei soci e di soggetti ad essi variamente collegati". Un sistema che nonostante – almeno formalmente – negli anni abbia cambiato nome e proprietari, di fatto ha sempre risposto alle direttive impartite dall'ex assessore Suraci, che non solo aveva un ruolo predominante ma gestiva "le 'casse' della VALLY CALABRIA per il pagamento di compensi a soggetti che non svolgevano di fatto alcuna attività lavorativa, sostanziandosi così in pure regalìe elargite dal SURACI a proprio personale piacimento". Ma non solo per Suraci e i suoi, la Vally è anche un grande bacino di potenziali posti di lavoro da "piazzare" in cambio di voti.
Un meccanismo consolidato che lo stesso Suraci verrà pizzicato a spiegare al telefono ad Antonio Ventura, uomo in odor di Tegano, marito dell'ex socia dell'ex assessore nella Vally, Lucia Tassari. Ascoltato dagli uomini del Gico, Ventura chiederà a Suraci che venga assunta una persona "delle sue", lamentando che "su cento dipendenti nessuno appartiene al suo gruppo", a testimonianza di un sistema in cui anche il lavoro diventa merce di scambio.
IL SISTEMA VALLY, STORIA DI UN FALLIMENTO
Un sistema che può cambiare nome, pelle e forma, ma non beneficiari. Come ha dimostrato il fallimento – fittizio scopriranno in seguito i magistrati – della Vally. Siamo quasi alla fine del '99 – è il 2 novembre – quando l'assemblea dei soci conferisce improvvisamente al Presidente del CdA Rocco DE ANGELIS il potere di rilasciare una procura speciale alla società GESTIM srl per la 'cessione di ramo d'azienda' a chicchessia, al miglior prezzo ed alle migliori condizioni. All'epoca, il capitale sociale VALLY è distribuito tra la GESTIM srl - società controllata da Suraci ne è rappresentante legale – Rocco De Angelis, Antonio Cotugno e Maria Romeo, moglie di GIGLIO Mario.
Una decisione singolare, così come singolare appare l'urgenza del provvedimento: dei non meglio precisati "problemi da qualche mese sorti che rendono difficoltosa la gestione societaria" messi a verbale per motivare la decisione, nei mesi precedenti non c'è traccia. Né nel bilancio – approvato solo pochi mesi prima - né soprattutto nella nota integrativa, o nella relazione del collegio sindacale. in nessuno dei documenti contabili dell'azienda si faceva riferimento alcuno all'esistenza di problemi gestionali particolari. La situazione patrimoniale della società sembrava anzi caratterizzata da prospettive di crescita della produttività dovute alla recente apertura di tre nuovi punti-vendita, tanto che i costi derivanti da tale investimento erano compensati dalla previsione di un aumento del fatturato.
Eppure, il cda - guidato da Suraci - delibera e la Gestim - che sempre a Suraci risponde - esegue. Ufficialmente, nelle carte dell'epoca, si parla di 'cessione di ramo' d'azienda, ma la manovra che l'ex assessore e il suo entourage stavano preparando appariva chiara a un occhio appena più attento: l'assemblea dava alla Gestim, dunque a Suraci, la procura per piazzare sul mercato tutti i supermercati del gruppo "il che sta a dimostrare – si legge nell'occ come la reale funzione dell'operazione fosse quella di svuotare la Vally Calabria srl di tutta la capacità produttiva e che il risultato sostanziale dell'operazione consiste in una 'delega in bianco' al Suraci Domenico Giovanni, incaricato di individuare l'acquirente e stabilire le condizioni di vendita".
L'OPERAZIONE MODIS
Un patrimonio che passerà integralmente nelle mani della Modis srl, una società che sino al momento dell'acquisto dei supermercati ex-Vally apparteneva ad un gruppo di imprenditori residenti a Bari, località in cui aveva anche la sede sociale. Ma nei medesimi mesi in cui la Vally si mette sul mercato, improvvisamente, e senza alcuna apparente giustificazione, 'passa di mano' divenendo sostanzialmente controllata dallo stesso Suraci, vale a dire lo stesso soggetto che già era dominus della Vally.
"In sostanza – si legge nelle carte dell'occ - con questa operazione di fatto cambia soltanto la "facciata" dell'impresa, perché, in effetti, tra i proprietari della MO.DIS. srl, alla data di cui si parla, figurano, oltre alla SIDERA Srl, COTUGNO Antonio, DE ANGELIS Rocco, GIGLIO Mario e la GESTIM Srl, quindi il SURACI Domenico Giovanni che nello stesso periodo ricopre la carica di amministratore unico.In data 23.12.1999 (solo 10 giorni dopo la cessione dei rami d'azienda), gli stessi GIGLIO Mario e SURACI Domenico Giovanni vengono nominati consiglieri del Consiglio d'Amministrazione della MO.DIS. Srl".
Per i magistrati il senso dell'operazione è molto chiaro: "Come si è detto, infatti, dietro l'intera operazione si cela la figura del SURACI Dominique, il quale cumula su di sé la veste di cedente e di cessionario dei punti-vendita, con un artificio che sposta solo la titolarità 'sulla carta' dei supermercati. E' quindi evidente che la pattuizione di un corrispettivo, in un contratto in cui il cedente ed il cessionario di fatto coincidono, non può avere altra funzione che quella di accrescere la potenzialità dissimulatoria dello strumento contrattuale, cioè l'idoneità dello stesso a trarre in inganno i terzi – ed in primis i creditori – sulla reale natura e finalità dell'atto."
Nello stesso periodo anche nella compagine societaria della Vally si registrano cambiamenti: la società si da un nuovo cda formato da Mario Giglio, Dominique Suraci Domenico e Antonio Cotugno.
Per Suraci e Giglio l'operazione è il passaporto per avere saldamente in mano e lontano da occhi indiscreti casse e libri contabili di entrambe le imprese. Per i pm, la prova che "l'operazione di cessione d'azienda nasconde, in realtà, una mera sostituzione formale della 'facciata' imprenditoriale, che non comporta alcuna mutazione del soggetto economicamente dominante, il quale era e continua ad essere SURACI Domenico Giovanni". Per la Vally è l'inizio della fine.
La società viene svuotata e messa solo in condizione di fallire. Il prezzo di cessione, pari a. 5.6 miliardi di lire non verrà mai percepito né richiesto dal board della Vally. Tra il 23 maggio 2001 e l'aprile 2002 tutti gli ex-soci ed amministratori , si sfilano.
I primi a lasciare saranno Cotugno e De Angelis, nel giro di pochi mesi anche SURACI i - all'epoca componente del CdA e amministratore delegato- e Giglio - presidente del CdA – iniziano a muoversi per abbandonare la società.
A ereditare una situazione oltremodo complicata sarà Leone Mario Romeo, prima nominato amministratore delegato, poi "omaggiato" tanto delle quote di Suraci come di quelle di Giglio, formalmente intestate alla moglie di quest'ultimo.
Nel giro di pochi mesi Romeo diventerà amministratore e socio unico della Vally, nonché l'unico penalmente responsabile degli imminenti guai giudiziari. Una mera testa di legno, andata incontro incosapevolmente a un destino già tracciato di bancarotta per la quale verrà condannato in primo e in secondo grado a tre anni e due mesi di reclusione. L'ennesima vittima di un sistema che nel fallimento della Vally ha solo l'esempio dell'applicazione di un metodo che porta la firma dell'ex assessore Suraci, ma dietro il quale si staglia in modo incontrovertibile l'ombra dei clan. Tutti i clan, invitati a banchettare alla tavola imbandita di Reggio città.