Reggio, chiuse le indagini per 19 persone nell'inchiesta "Ndrangheta banking"

lombardogiuseppe ildispaccioIl sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo (nella foto), ha chiuso negli scorsi giorni le indagini sui soggetti coinvolti nell'inchiesta "Ndrangheta banking", con cui i Carabinieri del Ros scopriranno un sistema bancario parallelo, illegale e alternativo a quello degli istituti di credito, messo in atto dalla criminalità organizzata calabrese. Sono in tutto 19 le persone che hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Si tratta di Carlo Avallone, Francesco Buda, Giuseppe Codispoti, Domenico Condello, Francesco Condello, Antonino Cotroneo, Gianluca Favara, Francesco Foti, Francesco Lampada, Giulio Giuseppe Lampada, Biagio Francesco Maduli, Fortunato Danilo Paonessa, Vincenzo Pesce, Paolo Pizzimenti, Giacinto Polimeni, Maria Grazia Polimeni, Pasquale Rappoccio, Mario Donato Ria e Carmelo Vardè.

Al centro degli accertamenti, ancora una volta, è Gianluca Favara, l'uomo legato alla 'ndrangheta di Rosarno che, però, avrebbe svolto il ruolo di trait d'union con le cosche della città: la sua figura era già emersa, infatti, nelle indagini "Meta" e "Reggio Nord". Associazione mafiosa, usura, estorsione, esercizio abusivo dell'attività creditizia e intestazione fittizia di beni: questi i reati di cui dovranno rispondere gli indagati, cui gli inquirenti – per quanto concerne i reati fine - contestano anche le aggravanti mafiose.

Le investigazioni avrebbero dunque evidenziato le sinergie criminali instauratesi tra le cosche Condello e Imerti, di Reggio Calabria, e i Pesce e i Bellocco, di Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la gestione delle risorse finanziarie provenienti dalle attività illecite, attraverso la realizzazione di un sistema creditizio parallelo, anche a tassi usurari, a favore di imprenditori del territorio calabrese e lombardo. In mezzo ci sarebbe stato lui, Gianluca Favara, cui faceva capo un gruppo di soggetti che si sarebbero adoperati nel ricercare e individuare imprenditori in contingenti difficoltà finanziarie, ai quali concedere crediti, applicando interessi usurari pari al 20% mensile, abbinati a ulteriori garanzie vessatorie, quali cessioni di quote societarie e trasferimenti della titolarità di immobili, anche di pregio. Così, dunque, la 'ndrangheta sarebbe entrata, a costo zero, anzi, con un guadagno di denaro contante, in diverse aziende.

Le indagini, dunque, riusciranno a scoprire le società attraverso cui la 'ndrangheta si muoveva: in caso di inadempienza nel pagamento delle somme prestate, per gli imprenditori iniziavano i guai, essendo questi sistematicamente sottoposti a ritorsioni e violenza fisica. Dei veri e propri pestaggi. In particolare, Favara sarebbe l'emblema della doppia veste della 'ndrangheta: da un lato capace di insinuarsi nelle compagini societarie, pilotando anche appalti e riuscendo anche a fare da paciere nei "corto circuiti" comunicativi che sorgeranno tra i Pesce e i Bellocco e le famiglie De Stefano e Tegano, dall'altro, la minaccia di ritorsioni fisiche e, in alcuni casi, la violenza materiale nei confronti degli imprenditori. Tra le persone coinvolte compare anche la figura dell'imprenditore Pasquale Rappoccio, già condannato in primo grado nel procedimento "Reggio Nord", allorquando finirono in manette 18 persone con accuse varie, dall'associazione mafiosa, alla procurata inosservanza della pena, fino al favoreggiamento personale e all'intestazione fittizia di beni.