Corruzione in atti giudiziari: chiuse le indagini sul giudice Mollace

mollacefrancoCorruzione in atti giudiziari. La Procura di Catanzaro avrebbe chiuso le indagini sul magistrato Francesco Mollace, nonché su Luciano Lo Giudice e sull'imprenditore Antonino Spanò, considerato dagli inquirenti un prestanome e consigliere proprio di Luciano Lo Giudice. A darne notizia è l'edizione odierna de "Il Quotidiano del Sud". L'accusa sarebbe grave e coinvolgerebbe l'ex pm reggino, ora in servizio a Roma. Secondo il procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e i pm Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio, Mollace non avrebbe svolto tutti gli accertamenti necessari per arrivare ai responsabili della morte di Angela Costantino, la donna, moglie del boss Pietro Lo Giudice, uccisa e fatta scomparire perché avrebbe intrattenuto una relazione extraconiugale.

Proprio nelle scorse settimane, il sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria, Giuseppe Adornato, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado che ha condannato a trent'anni di reclusione ciascuno Bruno Stilo e Fortunato Pennestrì, ritenuti mandante ed esecutore materiale dell'omicidio di Angela Costantino, moglie del boss Pietro Lo Giudice, fatta scomparire e secondo l'accusa uccisa per salvare l'onore del capoclan.

Per i pm di Catanzaro, dunque, qualcosa non torna. Ai responsabili dell'atroce crimine forse si sarebbe potuti anche prima che intervenissero, i pm Beatrice Ronchi e Sara Ombra. Il titolare del fascicolo, molti anni fa, era proprio Mollace, da tempo ormai chiacchierato per i suoi presunti rapporti con i Lo Giudice. Mollace non avrebbe dunque svolto tutti gli accertamenti necessari, sebbene dai collaboratori di giustizia arrivassero notizie in merito.

Anche in aula, nel processo contro il clan (che in primo grado si è concluso con una straripante vittoria dell'accusa) Mollace dirà con sicurezza: "Assieme al collega Palamara chiedemmo ordinanza di custodia cautelare sia per la scomparsa della cognata, Angela Costantino o Cosentino, non so come si chiamava". Rispondendo alle domande del procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, e del sostituto Beatrice Ronchi, l'ex magistrato di Reggio Calabria, Francesco Mollace, aveva enumerato alcune attività svolte contro gli ambienti della cosca Lo Giudice. Un passaggio di rilievo, nel racconto dell'ex sostituto procuratore generale, dato che sia il procuratore Cafiero de Raho, sia il pm Ronchi lo incalzavano sulla natura della conoscenza portata avanti con Luciano Lo Giudice. Mollace ricorderà l'attività che avrebbe svolto diversi anni prima: "Un fascicolo relativo alla scomparsa, è una vicenda molto delicata questa, che io ho fatto un'attività presso Villa Aurora. Si sosteneva, praticamente, di un ricovero della signora presso Villa Aurora, ricovero che celava altre ragioni, cioè ricoverata per A, ma invece la patologia era B. E di questo ne ha parlato Maurizio Lo Giudice, ne parlò diffusamente. Poi ne hanno parlato altri collaboratori, ma non li ho trattati io e sulla base di tutta una serie di attività, il sequestro di cartelle cliniche, interrogatorio di persone, ripeto, non posso ricordare tutto perché il GIP praticamente liquidò con poche battute la consistenza della cosa, ha respinto la nostra richiesta, perché le dichiarazioni di Maurizio Lo Giudice non avevano trovato riscontro". Quindi è già Mollace a ricordarsi di essersi occupato in prima persona del caso: "Se non ricordo male, Lo Giudice Maurizio diceva che il fratello dal carcere, il marito o gli altri fratelli, uno, o più fratelli avevano dato mandato ad altri soggetti che erano fuori di eliminare la signora, facendola scomparire nelle acque, non so se qua a Reggio, a Villa, dove. Questa è la vicenda, se è questa Angela Costantino, non Cosentino, Costantino sì".

A distanza di un mese e mezzo, però, l'ex sostituto procuratore generale si schiarirà le idee e farà pervenire una lettera al Collegio presieduto da Silvia Capone e chiamato a decidere le sorti del clan Lo Giudice. Una lettera in cui Mollace ritira le affermazioni rese, ammettendo di aver fatto confusione o comunque di aver ricordato male, rispetto alle attività portate avanti negli anni in Procura.

Poi gli accertamenti della Dda di Catanzaro e l'iscrizione nel registro degli indagati. Ora Mollace (e Lo Giudice e Spanò) hanno una ventina di giorni per far pervenire in Procura del materiale utile o per chiedere di essere interrogati al fine di chiarire le proprie posizioni. Poi la Procura del capoluogo dovrà tirare le somme.