- di Alessia Candito - "Villani ha preso in giro la giustizia perchè si è pentito quando è diventata definitiva una condanna a trent'anni". Quando Maurizio Cortese, imputato nel processo Epilogo, chiede la parola per fare dichiarazioni spontanee il pentito Consolato Villani - cugino e braccio destro di quello che gli inquirenti considerano il capo della cosca Lo Giudice,Nino – ha appena finito di parlare. Interrogato dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, quindi incalzato dalle difese, ha tracciato il quadro della ndrangheta reggina e soprattutto della cosca Serraino di cui Cortese e gli altri imputati del procedimento Epilogo, secondo la tesi dell'accusa, sono esponenti a pieno titolo. Una tesi contestata da Cortese, legato a Villani da una conoscenza che affonda le sue radici nel tempo, e proprio per questo – sostiene l'imputato di fronte al presidente del Tribunale, Silvana Grasso – può a ragion veduta confutare ogni singola affermazione fatta dal collaboratore. "Io ho conosciuto questo soggetto al carcere minorile di Catanzaro. Non siamo mai andati d'accordo e ci sono diversi ragazzi che lo possono testimoniare. Ma questo – dice Cortese indicando il collaboratore che ormai ha lasciato l'aula – non è mai andato d'accordo neanche con i suoi parenti. Lui ha detto che faccio parte della cosca Serraino, ma è una follia", afferma con foga Cortese proprio all'inizio della sua deposizione. E più passano i minuti, più si infervora: "questo qua per come l'ho conosciuto io, per come lo ricordo Villani -non aveva neanche tutte le disponibiltà economiche che oggi millanta: era un venditore ambulante di patate su ponte di San Pietro, vendeva meloni ed era un morto di fame".
Affermazioni velenose e una versione che tenta di sgretolare la ricostruzione fatta da Villani nel corso dell'udienza, secondo la quale Maurizio Cortese era membro a pieno titolo e in brillante ascesa all'interno della cosca che controlla le zone di San Sperato, Cardeto e una parte di Modena, estendendo la propria sfera di influenza fino alle propaggini dell'Aspromonte. E i Serraino – strettamente legati ai Rosmini - per il collaboratore, sono una cosca importante, tanto da godere di una certa autonomia dal direttorio di famiglie che governa la città. "Serraino e Rosmini – afferma Villani di fronte al Tribunale – non vengono comandati da nessuno. Si siedono al tavolo con i più alti responsabili della ndrangheta. Discutono alla pari con i Libri, con i Tegano". Il direttorio dei rappresentanti dei casati di ndrangheta che a Reggio città hanno un peso - "la cupola", nelleparole di Villani – non poteva mettere becco nelle cose di San Sperato". Dunque ai Serranino, viene riconosciuto un ruolo importante, molto importante. Un ruolo che confina ma non collima con le dichiarazioni fatte in precedenza da altri testimoni e collaboratori, che non hanno mai collocato il clan della montagna in un ruolo così apicale.