Seminfermità mentale per Gianrocco Foti: 16 anni per il duplice omicidio dei rumeni

fotigianroccoNon è un'assoluzione, ma per la difesa vale molto aver scongiurato il carcere a vita per il proprio assistito, così come era stato richiesto dalla Procura della Repubblica. Il Gup di Reggio Calabria, Adriana Trapani, all'esito del processo abbreviato, ha condannato a 16 anni di reclusione Gianrocco Foti, impiegato incensurato accusato del duplice omicidio dei due rumeni, Ioan Lacatus e Ionela Hoholea, ritrovati cadaveri all'interno del bagagliaio di un'automobile in bilico sul pontile di San Gregorio, periferia sud della città nell'ottobre 2013.

Per Gianrocco Foti, il Gup ha escluso la premeditazione, ma, soprattutto, riconosciuto la seminfermità mentale, condannandolo quindi a una pena tutto sommato "mite". Una sentenza che fa esultare i legali dell'uomo, gli avvocati Lorenzo Gatto e Giovanna Cormaci. Per il duplice omicidio, il pm di Reggio Calabria, Antonio Cristillo, aveva infatti invocato l'ergastolo.

A distanza di poco più di un anno dal delitto, arriva dunque la sentenza di primo grado.

Era stata la Polizia di Stato a condurre le indagini sul duplice omicidio. Subito dopo il ritrovamento dell'Alfa Romeo in bilico sul pontile di San Gregorio, infatti, la Squadra Mobile retta da Gennaro Semeraro inizierà una lunga serie di audizioni, soprattutto nell'ambito della comunità rumena. Fin da subito verrà individuata la figura di Gianrocco Foti, che aveva avuto un legame sentimentale con una prostituta un tempo fidanzata di Lacatus.

Dopo aver identificato l'uomo, la Polizia effettuerà una perquisizione domiciliare, nel corso della quale verrà rinvenuta e sequestrata una Beretta 9x21: un'arma assolutamente compatibile con i bossoli rinvenuti all'interno dell'autovettura e con le ferite sul corpo delle due vittime. La comparazione, infatti, verrà effettuata in tempi record dal Gabinetto di Polizia Scientifica: gli uomini di Diego Trotta forniranno ai colleghi della Mobile un elemento fondamentale per le indagini, proprio quando Foti era già in Questura pronto a rispondere alle domande degli investigatori.

Nel corso del formale interrogatorio svolto dagli inquirenti, Foti non potrà che confessare di essere l'autore materiale del duplice omicidio: l'uomo indicherà agli investigatori anche il cassonetto dell'immondizia dove recuperare gli indumenti sporchi di sangue, indossati al momento dell'omicidio.

Una triste storia di degrado.

Alla base del movente, infatti, vi sarebbe la relazione avuta con una prostituta rumena, che era riuscita, con vari stratagemmi, a farsi consegnare da Foti, a più riprese, oltre 25mila euro. Una volta troncato il rapporto, però, Foti cercherà di recuperare i propri soldi da Lacatus, sapendo dell'amicizia dell'uomo con la prostituta. Da qui, dunque, l'incontro dell'1 ottobre in tarda serata: in quell'occasione Lacatus, insieme alla 35enne Hoholea, avrebbe condotto Foti a San Gregorio a bordo dell'Alfa Romeo, con il pretesto di prendere il denaro.

Qui, però, la situazione sarebbe precipitata.

Secondo quanto riferito da Foti nel corso della propria confessione, i due rumeni lo avrebbero aggredito a bordo dell'auto, insieme ad altri tre connazionali che avevano accerchiato dall'esterno. Allora l'uomo avrebbe sparato diversi colpi di pistola (quattro o cinque) attingendo sia Lacatus, sia la Hoholea. Nulla si sa, invece, degli altri tre rumeni. Nella notte, dunque, Foti avrebbe caricato i cadaveri nel bagagliaio, cercando di gettare in mare l'autovettura, con l'ausilio di un grosso palo.

Da qui, dunque l'esclusione della premeditazione. A pesare, invece, sulla dichiarazione di seminfermità mentale una consulenza disposta dal Gup al dottor Francesco Chimenz, che descriveva l'imputato come un soggetto con un deficit mentale.

Contestualmente alla condanna, il Gup ha disposto alle parti civile costituite (rappresentate, tra gli altri, dagli avvocati Marco Panella, Rosario Giuffrè, Francesco Nucara e Giuseppina Iaria) una provvisionale di 5mila euro, rimandando però la quantificazione del pagamento all'ambito civile. Tra gli avvocati delle parti civili risarcite con la provvisionale, anche Teresa Ciccone e Giovanni Vadalà, questi ultimi legali anche dell'associazione "Santa Maria", presieduta da Elvira Leta, che si occupa di tutelare i diritti dei cittadini stranieri, in particolare rumeni: associazione che, in caso di appello, potrebbe costituirsi come parte civile nel processo.