di Claudio Cordova - E' una delle aziende simbolo della città di Reggio Calabria. Arriverà a essere persino sponsor della Juventus. Poi le vicende giudiziarie e un declino da cui, ancora, fatica a riprendersi. La Caffè Mauro prova ora a girare pagina. E' stato infatti presentato un piano per rientrare dal debito che l'azienda ha nei confronti dei propri creditori. Una somma che, stando a quanto si apprende, si aggirerebbe attorno ai quattro milioni di euro.
Negli anni, per la storica azienda del caffè, dei Mauro resterà solo il nome. Il totale della compagine societaria fondata da Demetrio Mauro, infatti, sarà rilevata dal gruppo di Fabrizio Capua, noto imprenditore già attivo con la Socib (Società Capua group Imbottigliamento Bevande gassate), azienda che, per anni, curerà in provincia di Reggio Calabria, l'imbottigliamento della Coca Cola. La fine dell'attività con la bevanda più famosa del mondo coinciderà con l'ingresso dei Capua nella Caffè Mauro.
La Socib viene fondata a Reggio Calabria il 19 maggio 1962 dagli imprenditori siciliani Tobino (proprietari di tre aziende di imbottigliamento a Catania, Palermo e Siracusa), con l'obiettivo di ottimizzare la distribuzione dei prodotti della The Coca-Cola company in Calabria. I Capua subentreranno nel 1974. Nel 2008 SoCIB viene acquistata dalla CocaCola Hellenic Bottling Company S.A. società con sede centrale ad Atene. Nel gennaio 2009 in seguito al passaggio di proprietà e alla conseguente "ristrutturazione del sistema produttivo e logistico", lo stabilimento storico di Pellaro, periferia sud di Reggio Calabria, viene chiuso. Stessa sorte avranno gli altri stabilimenti, ad esclusione di quello di Marcianise.
Sono proprio gli anni in cui i Capua si concentreranno sull'azienda Mauro.
All'inizio del 2005, infatti, un terremoto giudiziario investe la famiglia del caffè. Scatteranno gli arresti da parte della Guardia di Finanza. Secondo l'accusa il gruppo Mauro avrebbe preteso la restituzione delle somme elargite ai proprietari di alcuni bar, con tassi di interesse superiori alla soglia massima prevista ai fini della legge. Un processo che durerà quasi dieci anni e che sarà caratterizzato da un'acre lotta di consulenze per capire se, effettivamente i Mauro avessero praticato usura. Alla fine Antonio e Maurizio Mauro verranno assolti dal reato di usura, quello da cui si difenderanno sempre con maggiore forza. Il Tribunale presieduto da Olga Tarzia li condannerà a quattro anni di reclusione, per il solo reato di associazione per delinquere. Tre di questi anni, però, sono coperti dall'indulto, mentre il restante si prescriverà il prossimo 17 dicembre.
La vicenda processuale, però, segnerà profondamente i Mauro, anche nel proprio intimo. I due rami della famiglia, facenti capo uno ad Antonio e Maurizio Mauro, l'altro a Lillo Mauro, recentemente scomparso, si divideranno.
E' il 2008. Capua farà il proprio ingresso nella società. Proprio negli anni in cui la Socib cambia proprietà chiudendo lo stabilimento Coca Cola di Pellaro. Capua entrerà dapprima con il 51% delle quote, fino ad arrivare, gradualmente alla totalità della compagine societaria.
Saranno comunque anni difficili, quelli successivi. Anni in cui l'azienda non riuscirà mai a cambiare totalmente pagina. Anni che sembrano distanti un secolo rispetto al periodo (siamo intorno al 2005) in cui l'azienda diventerà sponsor tecnico della squadra più blasonata d'Italia, la Juventus.
Ora però, la Caffè Mauro propone l'accordo ai creditori. Una "piano di rientro", supervisionato dal Tribunale, con cui i creditori dovrebbero rinunciare a una parte delle somme spettanti (i quattro milioni) fornendo quindi all'azienda la possibilità di continuare a operare sul mercato. Il tutto, ovviamente, con una garanzia. Una sorta di "paracadute" per evitare il collasso. E il garante sarebbe proprio Capua, che avrebbe messo sul tavolo due milioni e mezzo di euro.
L'operazione per salvare la Caffè Mauro è partita. Di mezzo uno degli ultimi brand rimasti in piedi in una città, Reggio Calabria, al collasso sotto ogni profilo.