Ecco perchè la Cassazione ha stroncato il processo "Reale" contro i Pelle e i Ficara

cassazionedi Claudio Cordova - Eccole le motivazioni con cui la Corte di Cassazione, nello scorso giugno, ha, inaspettatamente, fatto crollare il procedimento "Reale", con cui la Dda di Reggio Calabria indagherà, arresterà, porterà a giudizio e farà condannare (in primo e in secondo grado) diversi membri delle cosche Pelle e Ficara, nonché l'allora consigliere regionale Santi Zappalà, beccato proprio a casa dei "Gambazza" a discutere di voti.

"La forza di intimidazione della 'ndrangheta non è messa in discussione da alcuno: ma la prova richiesta nel presente processo riguardava la sua concreta operatività in un territorio specifico-quello appunto controllato dalla cosca Pelle- con il tramite della specifica articolazione territoriale, la predetta cosca. Si deve allora verificare se la sentenza impugnata fornisce una motivazione logica e sufficiente di questi dati. La lettura della motivazione induce ad una risposta nettamente negativa". Punta molto, la Corte di Cassazione, sull'aspetto più "militare" della 'ndrangheta. E sembra quasi non tenere conto dell'evoluzione che la criminalità organizzata calabrese ha avuto negli ultimi decenni. Non più coppola e lupara, ma meccanismi molto più raffinati: "Se non vi è prova di atti di intimidazione, occorre la prova del clima di, assoggettamento e omertà che ne costituiscono l'effetto. Solo se vi è questa prova suppletiva allora si potrà valutare la questione del radicamento da tempo della cosca sul territorio"

Una sentenza che, svilisce il lavoro di anni da parte della Dda di Reggio Calabria, annullando (con rinvio in Corte d'Appello) diverse posizioni di grande rilievo: per tutti i membri della famiglia Pelle, per esempio, ad esclusione del capo Giuseppe Pelle (figlio di 'Ntoni Gambazza) la Suprema Corte ha rinviato gli atti a Piazza Castello con riferimento al reato di associazione mafiosa. A beneficiare del rinvio, dunque, sarebbero Domenico Pelle (8 anni in appello), Sebastiano Pelle (5 anni e 8 mesi), Antonio Pelle classe 1987 (5 anni e 8 mesi). Conferma per la partecipazione all'associazione mafiosa per il boss Giovanni Ficara che in appello aveva rimediato 12 anni e 6 mesi, tuttavia il ricorso dell'avvocato Francesco Calabrese ottiene il rinvio in appello per quanto concerne le aggravanti. Una sentenza, dunque, che premierà il lavoro di vari legali, oltre a Calabrese. Da Maurizio Punturieri ad Antonino Curatola, passando per Emanuele Genovese, Aldo Labate e Francesco Floccari: "Evocare un'organizzazione criminale temibile non contribuisce a provarne la sua effettiva esistenza, si deve osservare che l'utilizzazione, ai fini di prova dell'esistenza della cosca, delle precedenti condanne riportate da Giuseppe Pelle e i suoi congiunti, non fornisce un elemento di prova ulteriore ma dimostra che il dato è equivoco: Giuseppe Pelle è stato sì condannato per la partecipazione alla ''ndrangheta, ma senza che in quella sentenza venisse affermata l'esistenza di una cosca Pelle; anzi è pacifico- dice la Suprema Corte - che nessuna sentenza ha mai affermato l'esistenza di una cosca Pelle(...). Il fatto che numerosi candidati alle elezioni regionali si presentassero a chiedere il suo sostegno secondo la Corte sarebbe un riscontro ulteriore dell'esistenza di una famiglia mafiosa egemone in quel territorio".

A proposito di candidati.

L'indagine "Reale", che si snoderà poi in vari filoni, vede la medesima impostazione della 'ndrangheta che i pm antimafia hanno dato nell'indagine "Crimine": quella di 'ndrangheta unitaria. Assai significativa, nella ricostruzione delle dinamiche all'interno della struttura delle cosche, la frase pronunciata da Giovanni Ficara: e intercettata dalle cimici del Ros: "Tutti siamo nella 'ndrangheta" dice al suo interlocutore. Proprio da tale affermazione si rinsalda, ulteriormente, la convinzione degli inquirenti di lottare contro un organismo unitario, che si riconosce tale. E saranno proprio le intercettazioni a fornire la gran parte del materiale agli uomini del Ros dei Carabinieri, che eseguiranno le indagini. Nella casa del boss Peppe Pelle, a Bovalino, verranno ascoltate le "chiacchiere" dei boss, ma anche le "soffiate" del commercialista-spione, Giovanni Zumbo, nonché i presunti accordi politico-mafiosi, messi in piedi dalla cosca Pelle, anche con Santi Zappalà, candidato al Consiglio Regionale della Calabria ed eletto, con circa undicimila voti, nei ranghi del Popolo della Libertà e quindi condannato per corruzione elettorale. Il politico, infatti, verrà "pizzicato" a casa del boss Peppe Pelle, rampollo della dinastia dei "Gambazza" a chiedere sostegno per le regionali del 2010. Per Zappalà la Corte ha escluso l'aggravante mafiosa: "Pronuncia che consegue – dice la Cassazione – all'annullamento delle condanne della cosca Pelle, ma che si giustifica anche con la necessità di meglio descrivere in che modo si giunge alla certezza che le utilità promesse fossero dirette a favorire la cosca".