di Claudio Cordova - Quelle messe a verbale sono parole che peseranno come macigni sotto il profilo processuale. Quelle invece captate, genuinamente, nei locali della Squadra Mobile di Reggio Calabria, potrebbero avere un peso ancor superiore sotto il profilo sociale. In entrambi i casi a parlare è Giuseppe De Masi, imprenditore della Piana di Gioia Tauro, padre del più noto Nino De Masi, che con le proprie condotte ha sfidato il malaffare e lo strapotere delle banche.
E' proprio Nino De Masi (nella foto) a incoraggiare il padre a rendere importanti dichiarazioni sul conto del "Toro", Teodoro Crea, boss di Rizziconi: "Fidati di questa signora, papà". Dichiarazioni che sono state depositate nel corso dell'udienza davanti al Tribunale della Libertà celebrata proprio nei confronti di Crea.
La "signora" citata da De Masi junior è il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti, che insieme al procuratore Federico Cafiero de Raho coordina l'indagine "Deus", proprio sul conto dei Crea: "Rizziconi è infetta da una malattia mafiosa. Io sono una persona perbene, non ho mai mangiato a casa di un mafioso, né un mafioso ha mai mangiato a casa mia" afferma Giuseppe De Masi, imprenditore da quasi 60 anni, avendo creato le proprie aziende nel lontano 1955: "Il capo della cosca dei Crea di Rizziconi è Crea Teodoro, detto il Murco. Lui è il comandante della mafia. Questo a Rizziconi lo sanno tutti. Ho sentito dire dal vecchio boss Crea Teodoro circa 20 anni fa le testuali parole: fino a quando io sono in vita la droga a Rizziconi non dovrà entrare".
Il pm Cerreti chiede e De Masi parla, raccontando di una Rizziconi totalmente soffocata dai Crea, come testimonierà proprio l'indagine "Deus" che, grazie alle dichiarazioni dell'ex sindaco Antonino Bartuccio svelerà le ingerenze dei Crea nella vita politica del luogo: "Non ho mai ricevuto richieste di estorsione. Né ho mai pagato somme di denaro a titolo di estorsione" afferma De Masi che spiega: "Non gli conveniva, in quanto gli ho sempre concesso credito per l'acquisto delle macchine agricole che hanno un valore ben maggiore". Credito che, ovviamente, non sarebbe mai stato pagato: "A volte mi davano dei piccoli acconti. Poi io elaboravo le fatture che non sono state mai pagate. Ho sempre vissuto nella speranza che le macchine e le attrezzature mi venissero pagate, invece, ciò non è mai avvenuto". Somme non di poco conto che si sarebbero spinte anche fino a 250mila euro. E De Masi avrebbe anche avuto l'ardire di chiedere le somme al "Toro" Crea: "Quando venne scarcerato l'ultima volta, circa cinque anni fa, mi sono rivolto al Crea Teodoro, "u murcu", per chiedergli di pagarmi la merce che aveva avuto dalla mia azienda. Ricordo che sono andato a casa del Crea. Lui mi ha strattonato e mi ha detto che non aveva i soldi per potermi pagare. Crea Teodoro mi ha anche afferrato per la camicia ed ha aggiunto che solo grazie al suo intervento io non avevo subito un sequestro di persona".
Giuseppe De Masi, dunque, parla. Viene convinto dal figlio Nino e racconta della pressione criminale dei Crea. E dalle sue parole traspare tutta la paura del caso: "Non mi sono rivolto alle Autorità perché avevo paura di ritorsioni. Ero convinto che, in questo modo, così agendo, non avrei avuto danneggiamenti o altri atti intimidatori come bombe o altro".
Ma la paura che Giuseppe De Masi confida al pm Cerreti e agli uomini della Squadra Mobile è comunque edulcorata rispetto a quanto l'uomo confida al figlio, prima di iniziare il proprio interrogatorio. I De Masi vengono ascoltati in Questura a metà luglio. Nella sala d'attesa viene installata una "cimice" che capta le conversazioni: una scelta a tutela dei due testimoni, per dimostrare come un'eventuale reticenza fosse dovuta alla paura dei Crea e non alla volontà di favorire la 'ndrangheta con dichiarazioni false.
E così gli investigatori registrano l'opera di convincimento di Nino De Masi nei confronti del padre: "Spiegagli che tu sei terrorizzato da sta gente". Giuseppe De Masi ragiona ad alta voce e la sua è una riflessione amara: "Se ci fosse più attenzione da parte dello Stato a frequentare questo territorio [...] probabilmente le cose andavano meglio...". Persone oneste, i De Masi, che a fronte di una situazione ambientale a dir poco catastrofica, hanno sempre cercato di vivere rettamente: "Non abbiamo mai voluto fare accordi... compromessi..." dice Nino al padre.
Combattono il terrore i De Masi. Riescono a dire nomi e cognomi. Collaborano, i De Masi.
Collaborano in un territorio in cui la 'ndrangheta soffoca tutto: "Noi dobbiamo dire la sacrosanta verità, sempre" affermano. Vincono la paura con la forza della fiducia nello Stato: "Gli va dato merito a questi signori, questa dottoressa, al "Murcu" a differenza degli anni passati non è la prima volta che lo arresta. [...] A Rosarno loro hanno arrestato a tutti, a Gioia, buona parte dei capi sono tutti in carcere, a Taurianova non so, a Rizziconi". I due si fanno forza a vicenda, sulla scorta del fatto che "le cose sono cambiate" rispetto al passato: "Questi signori è da tre anni che lavorano [...] anche a Reggio hanno fatto pulizia, qualcosa si è fatto rispetto a dieci anni fa". La paura resta, però. Ed è paura dei Crea, famiglia che di gran livello in seno alla 'ndrangheta: "Ammazzano i cristiani" dice Giuseppe De Masi. Hanno paura del "Toro" Teodoro e del figlio Giuseppe, attualmente latitante e noto per la propria ferocia: "Io gli ho detto pure che è un personaggio di cui bisogna avere paura... perché questo ammazza... io sono rimasto... sono preoccupato... dico il paese è piccolo, la gente ci vuole bene... nel paese sono preoccupati... peroccupati perché... se mi succede qualcosa... comunque è come un pazzo...". Ma Nino continua a incalzarlo: "Sai che ti dice la dottoressa, se voi oggi nascondete, perché poi [...] tu hai nipoti, io tengo figli, una tiene figli, ma secondo te, quando tu non ci sei più, quando io non ci sono più, il figlio del boss non va da quei ragazzi e gli dice se hanno l'azienda e gli fa passare quello che stai passando tu e che sto passando io?".
Alla fine Giuseppe De Masi accoglie l'invito del figlio: "Fidati di questa signora, papà, fidati...". Racconta agli inquirenti anni di angherie da parte dei Crea: "Mi sento tranquillo..." dirà al figlio, subito dopo aver finito il proprio lungo interrogatorio.