di Claudio Cordova e Alessia Candito - Parla con calma, in perfetto italiano, come i suoi studi classici gli permettono. In realtà, però, Peppe De Stefano, in collegamento da Tolmezzo, dove è detenuto, in regime di 41bis, da quasi quattro anni, lascia trasparire un certo nervosismo per quanto riferito, in aula, dal Colonnello Valerio Giardina nell'ambito della sua ultima deposizione del maxiprocesso "Meta", che vede alla sbarra il gotha della 'ndrangheta reggina: "Voglio che emerga la verità dei fatti, per questo ho scelto il rito ordinario. Stimo il dottore Lombardo, ma né lui, né il Colonnello Giardina, possono permettersi di dire che sono un infame, perché io gli infami li combatto da quando ho cinque anni". Nel corso della propria deposizione, infatti, il Colonnello Giardina, aveva lasciato più volte intendere che, negli anni, le cosche De Stefano e Tegano, dilaniate da una serie di conflitti interni, si sarebbero colpite, più con le soffiate che non con le pallottole: "Io non ho mai avuto rapporti di confidenza con nessun tipo di entità o istituzione" dice con fierezza De Stefano.
GLI INTRIGHI DE STEFANO-TEGANO
Al centro del discorso portato avanti da Giardina, stimolato dal pm Giuseppe Lombardo, ci sono, appunto, le cosche De Stefano e Tegano, da sempre unite, anche da vincoli parentali, ma a partire dai primi anni del nuovo millennio, dilaniate da conflitti interni, soprattutto tra Peppe De Stefano, che, per carisma e intelligenza criminale, ha ripercorso le orme del padre, il defunto boss Paolo De Stefano, e lo zio Orazio De Stefano, che di don Paolino è il fratello, ma che, anche per il matrimonio contratto con Antonietta Benestare, nipote dei Tegano, è sempre stato più vicino allo storico sodalizio di Archi. A pagare con la vita gli attriti tra le due famiglie "arcote", sarebbe stato il boss di San Giovannello, Mario Audino, ucciso sul finire del 2003. Audino, personaggio da sempre in orbita Tegano, sarebbe stato eliminato proprio per la vicinanza, l'amicizia, con Peppe De Stefano. Un omicidio "eccellente" nel panorama criminale reggino, che non porterà, però, a ulteriori conseguenze sanguinose. Sul luogo dell'agguato, infatti, i sicari lasceranno le armi: "Un chiaro segnale – a detta di Giardina – che il bersaglio era solo e soltanto Mario Audino". Secondo i ragionamenti portati avanti da Lombardo e Giardina, però, l'eliminazione di Audino sarebbe stata seguita, nelle logiche criminali, dall'arresto di Orazio De Stefano, avvenuto nei primi mesi del 2004, in un elegante appartamento nei pressi del Parco Caserta. Secondo Giardina, infatti, l'arresto di Orazio De Stefano sarebbe stato operato, in quel caso dalla Polizia di Stato, con l'ausilio anche di fonti confidenziali, istituzionali e non. Un messaggio, quello di Giardina, neanche troppo velato: Orazio De Stefano potrebbe essere stato "venduto" per ripagare i Tegano del "servizio" fatto a Mario Audino.
Ma Peppe De Stefano non ci sta e, alla fine dell'ennesima, lunghissima, udienza, chiede la parola per chiarire: "Ci sono le indagini – ha detto De Stefano – che spiegano per filo e per segno come si è arrivati all'arresto di mio zio Orazio e di mio cugino Giovanni. Per questo chiedo al pm Lombardo di portare accuse su Giuseppe De Stefano, che è imputato in questo procedimento, ma non su altri. Quella su mio zio Orazio è stata una subdola illazione".
Intrighi e presunte soffiate che, stando al racconto di Giardina, sarebbero però continuate anche negli anni successivi, a cominciare dal 2008, un anno chiave nelle dinamiche mafiose cittadine. Dopo sette mesi dall'arresto di Pasquale Condello, avvenuto nel febbraio 2008, scomparirà infatti Paolo Schimizzi, il referente apicale e nipote dei Tegano: "Qualche giorno dopo – ricorda il Colonnello Giardina - una persona mi ha contattato per farmi incontrare con la moglie di Schimizzi e aveva richiesto specificamente di parlare con me e con il mio ufficio. Eppure il giorno dopo veniamo a sapere che aveva già parlato con la Mobile". La moglie di Schimizzi, peraltro, è la sorella di Irene Utano, a sua volta moglie di Paolo Rosario Caponera-De Stefano: "La scomparsa di Schimizzi e l'omicidio di Audino – dice Giardina - sono legati dall'intraprendenza di questi luogotenenti e dai legami che entrambi avevano con i De Stefano. Senza di loro si sono creati dei rapporti più funzionali alla nuova struttura".
Ma le stranezze del 2008, non si fermano qui. A dicembre, a quasi due mesi e mezzo dalla scomparsa di Paolo Schimizzi, infatti, viene arrestato Giuseppe De Stefano: "In quel periodo – dice Giardina - fonti confidenziali accreditavano forti contrasti all'interno della famiglia De Stefano fra Orazio De Stefano e Giorgio De Stefano. All'interno della famiglia De Stefano abbiamo avuto l'impressione che non tutti fossero contenti del ruolo assunto da Peppe e soprattutto della vicinanza con Pasquale Condello".
Di un'ampiezza spropositata, il racconto del Colonnello Giardina, nell'ambito della sua ultima deposizione, dopo circa nove mesi di parole, circostanze e riscontri. L'ufficiale dell'Arma, nel corso dei suoi anni da comandante del Ros, si sarebbe occupato di tutte le famiglie della 'ndrangheta, o quasi: "Agli atti – dice - ci sono varie richieste di intercettazione sui De Stefano che non abbiamo mai potuto effettuare perchè non autorizzate. Di Orazio De Stefano e dei De Stefano non ci è potuti mai occupare". Ma, anche in questo caso, alla fine dell'udienza, Peppe De Stefano avrà qualcosa da ridire: "Come fa il Colonnello Giardina a dire questo? Dal 1994 la mia vita è vivisezionata, non c'è stato anno in cui non arrivassero ordinanze, video o intercettazioni". In realtà, però, Giardina aveva detto anche qualcosa in più: "Dopo la morte di Mario Audino, comprendendo l'importanza dei Tegano, sviluppammo l'attività investigativa che portò all'arresto di Pasquale Tegano su un fascicolo del dottor Gratteri. Noi come Ros abbiamo avuto delle difficoltà a sviluppare delle indagini sulla città. Il dottor Gratteri nonostante si interessasse dell'area ionica, ci ha permesso di investigare sui Tegano".
CITTA' IN GABBIA
Ma c'è anche l'immagine di una città ingabbiata, ingessata dagli accordi venuti fuori dalla seconda guerra di ndrangheta, strozzata dal direttorio formato da Peppe De Stefano, Giovanni Tegano, Pasquale Libri e Pasquale Condello, nell'ultimo racconto del colonnello Valerio Giardina al cospetto del Tribunale presieduto da Silvana Grasso. A confermarlo diversi episodi che il militare ripercorre con dovizia di dettagli e particolari. Come l'estorsione subita da Ugo Marino, il proprietario del negozio di abbigliamento After Fashion, ed Emilio Frascati, che all'interno del negozio avrebbe dovuto effettuare dei lavori. Per gli inquirenti Marino era – all'epoca delle indagini – uomo vicinissimo al superboss allora latitante Pasquale Condello. Una motivazione sufficiente per chiedere e ottenere l'autorizzazione per piazzare le microspie nel suo studio. Ed è grazie a quelle cimici che gli investigatori vengono a sapere che nell'estate 2007, Marino avrebbe dato vita ai lavori di ristrutturazione del negozio, affidando l'opera alla ditta dei fratelli Frascati. Una ditta "blindata" da amicizie importanti, lo stesso Ugo Marino è sotto l'ala protettiva dei Condello, eppure in quell'estate ai Frascati arriva una richiesta estorsiva da parte del clan De Stefano. Sono le regole, spiegherà un certo "Nino", non identificato dagli investigatori. Un personaggio che per i De Stefano riscuote le estorsioni nel centro città e che sarebbe stato inviato da Marino, da Peppe De Stefano in persona. "Le estorsioni sono un modo per verificare la tenuta dei patti tra le cosche - sottolinea il colonnello Giardina, incalzato dal pm della Dda reggina Giuseppe Lombardo - La storia di Ugo Marino è emblematica perché l'estorsione non è solo una fonte di approvvigionamento di denaro, ma anche mantenimento del sistema di regole che regge il nuovo assetto. C'è un accordo fra le cosche più importanti della città, ma sono accordi fatti da persone umane, persone che sbagliano. Soprattutto nella ndrangheta che è una struttura basata sulla falsità e sulle tragedie che poi portano le persone a perdere la vita, anche un errore per benevolenza può mettere a rischio il sistema". E il sistema è retto da un direttorio a quattro cui nulla sfugge. È lo stesso Marino a spiegarlo al suo interlocutore, ricorda Giardina riportando le parole dell'imprenditore "qui possono venire a chiedere soldi uno due tre e quattro, perchè tu lo sai com'è la situazione". È lo stesso colonnello a tradurre quei numeri in cognomi pesanti a Reggio città e che dettavano e dettano legge "De Stefano, Tegano, Condello, Libri". È la situazione che in quel momento caratterizza il centro città.
IL "SUPREMO"
Ma in un'udienza in cui, sia nei discorsi di Giardina, sia in prima persona, il "mattatore" è Peppe De Stefano, non poteva però mancare un "posto d'onore" per Pasquale Condello, il "Supremo", che Giardina, con il suo Ros, arrestò a Pellaro il 18 febbraio 2008. Il riferimento fatto dal pm Lombardo è a una delle prime udienze in cui Giardina ha deposto. L'ufficiale dell'Arma aveva appena finito di ripercorrere alcuni passaggi relativi alle ore successive alla cattura di Pasquale Condello: "Dopo il mio arresto ne vedrete delle belle" avrebbe detto il "Supremo" in quella gelida sera di metà febbraio. Una ricostruzione che, però, a Condello non era piaciuta: "Il Colonnello Giardina dice bugie" aveva detto nel corso delle sue fin qui uniche dichiarazioni spontanee, arrivando ad accusare il Colonnello e gli uomini del Ros di aver manipolato il borsone sequestrato nel corso del blitz. "Forse quando ha fatto quelle dichiarazioni in aula Condello era nervoso" si è limitato a dire Giardina.
O forse, tanto nelle vecchie dichiarazioni del "Supremo", tanto in quelle di oggi di Peppe De Stefano, ci sono dei segnali, dei messaggi nascosti. Del resto, si sa, la 'ndrangheta comunica soprattutto così...