Sono "salve" le ormai famose intercettazioni nella casa di Peppe Pelle a Bovalino, ma la Cassazione opera una decisa tabula rasa sulla sentenza del procedimento "Reale", che inchiodò diversi membri della cosca Pelle, nonché l'allora consigliere regionale Santi Zappalà, beccato proprio a casa dei "Gambazza" a discutere di voti. Un dato non del tutto scontato, visto che il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Francesco Iacoviello, aveva chiesto la nullità delle intercettazioni: una decisione che sarebbe stata esiziale non solo per il processo "Reale", ma anche per numerosi altri procedimenti, su tutti "Crimine".
Una sentenza che, secondo le informazioni parziali che filtrano da Roma, svilisce il lavoro di anni da parte della Dda di Reggio Calabria, annullando (con rinvio in Corte d'Appello) diverse posizioni di grande rilievo: per tutti i membri della famiglia Pelle, per esempio, ad esclusione del capo Giuseppe Pelle (figlio di 'Ntoni Gambazza) la Suprema Corte ha rinviato gli atti a Piazza Castello con riferimento al reato di associazione mafiosa. A beneficiare del rinvio, dunque, sarebbero Domenico Pelle (8 anni in appello), Sebastiano Pelle (5 anni e 8 mesi), Antonio Pelle classe 1987 (5 anni e 8 mesi). Conferma per la partecipazione all'associazione mafiosa per il boss Giovanni Ficara che in appello aveva rimediato 12 anni e 6 mesi, tuttavia il ricorso dell'avvocato Francesco Calabrese ottiene il rinvio in appello per quanto concerne le aggravanti.
Per quanto concerne Santi Zappalà (difeso dagli avvocati Domenico Alvaro, Andrea Alvaro, Francesco Albanese e Antonio Saffioti), invece, la Suprema Corte ha annullato con rinvio l'aggravante mafiosa per il reato di corruzione elettorale, per cui la Corte d'Appello aveva condannato il consigliere regionale del Pdl a due anni e otto mesi, mentre è un annullamento secco (così come richiesto da Iacoviello) con riferimento alla confisca dei beni. Zappalà, dunque, potrà sperare in un ulteriore "sconto" di pena, al pari di personaggi ritenuti assai influenti nella 'ndrangheta: per Antonino Latella, la Corte di Cassazione ha annullato alcune aggravanti che imporranno, inevitabilmente, una riduzione rispetto ai 12 anni e 8 mesi inflitti in Appello. Annullamento con riferimento alle aggravanti dell'associazione mafiosa per Costantino Carmelo Billari (difeso dagli avvocati Francesco Calabrese ed Emanuele Genovese) punito in appello con sei anni di reclusione. Per Rocco Morabito (difeso dall'avvocato Maurizio Punturieri) la Corte ha annullato le aggravanti di capo promotore nell'associazione mafiosa e della recidiva di reato: anche lui potrà sperare in qualcosa in meno rispetto ai 10 anni e 8 mesi dell'Appello. Annullamento senza rinvio per Filippo Iaria che aveva rimediato 4 anni e 8 mesi: Iaria era difeso dagli avvocati Francesco Floccari, Francesco Giuncledi e Marco Monaco. Annullamento anche per Francesco Carbone, punito in appello con due anni e otto mesi di reclusione per il reato di intestazione fittizia di beni, nonchè per Giuseppe Mesiani Mazzacuva (difeso dall'avvocato Emanuele Genovese), per cui è stata annullata con rinvio l'accusa di associazione mafiosa. Annullata poi con rinvio l'accusa nei confronti di Francesco Iaria (difeso dagli avvocati Aldo Labate e Antonino Curatola) che rispondeva di corruzione elettorale.
L'indagine "Reale", che si snoderà poi in vari filoni, vede la medesima impostazione della 'ndrangheta che i pm antimafia hanno dato nell'indagine "Crimine": quella di 'ndrangheta unitaria. Assai significativa, nella ricostruzione delle dinamiche all'interno della struttura delle cosche, la frase pronunciata da Giovanni Ficara: e intercettata dalle cimici del Ros: "Tutti siamo nella 'ndrangheta" dice al suo interlocutore. Proprio da tale affermazione si rinsalda, ulteriormente, la convinzione degli inquirenti di lottare contro un organismo unitario, che si riconosce tale. E saranno proprio le intercettazioni a fornire la gran parte del materiale agli uomini del Ros dei Carabinieri, che eseguiranno le indagini. Nella casa del boss Peppe Pelle, a Bovalino, verranno ascoltate le "chiacchiere" dei boss, ma anche le "soffiate" del commercialista-spione, Giovanni Zumbo, nonché i presunti accordi politico-mafiosi, messi in piedi dalla cosca Pelle, anche con Santi Zappalà, candidato al Consiglio Regionale della Calabria ed eletto, con circa undicimila voti, nei ranghi del Popolo della Libertà e quindi condannato per corruzione elettorale. Il politico, infatti, verrà "pizzicato" a casa del boss Peppe Pelle, rampollo della dinastia dei "Gambazza" a chiedere sostegno per le regionali del 2010.