"Affaire Zappalà": depongono in aula gli avvocati Curatola e Albanese

zappala santi arrestodi Claudio Cordova - Rivivono in aula le "grandi manovre" della famiglia Zappalà. Manovre – messe in atto all'inizio del 2011 – nel tentativo di tirar fuori dal carcere il congiunto, Santi Zappalà, consigliere regionale arrestato e condannato in primo e in secondo grado per corruzione elettorale aggravata dalle modalità mafiose. Manovre di cui gli avvocati Antonino Curatola e Francesco Albanese affermano di aver conosciuto solo quando il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Musarò, depositerà in udienza preliminare la sorprendente informativa redatta dal Ros dei Carabinieri sui colloqui captati in carcere dopo l'arresto del politico, avvenuto a pochi giorni dal Natale 2010. Ed è proprio il pm Musarò a controesaminare, dopo le domande dell'avvocato Carlo Morace, i due legali nel processo contro il cancelliere Agatino Guglielmo, detto Antonello, cugino di Zappalà e accusato di rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento.

Gli avvocati Curatola e Albanese ripercorrono quelle settimane, nel tentativo di arrivare, con la forza del diritto, alla scarcerazione del proprio assistito: "Ero contrario alle dimissioni da consigliere regionale di Zappalà, mentre Francesco Albanese era favorevole" afferma Curatola, ricordando la strategia difensiva messa in atto per attenuare le esigenze cautelari nei confronti del politico. "Cercavamo elementi di novità per ottenere la scarcerazione di Zappalà" fa eco l'avvocato Albanese. Esigenze cautelari che rimasero anche quando il Tribunale della Libertà decise di annullare l'ordinanza per concorso esterno in associazione mafiosa, facendo rimanere in piedi solo l'accusa di corruzione elettorale: "Dopo il Tdl ho iniziato a rapportarmi telefonicamente con Guglielmo" spiega Curatola.

I due, dunque, negano di essere mai stati a conoscenza di presunti tentativi messi in atto dalla famiglia Zappalà, per il tramite del cancelliere Guglielmo, cugino del politico, ma legato a questi da un rapporto quasi di fratellanza, come ricordato anche dall'avvocato Albanese. Manovre, quelle messe in atto per ottenere la scarcerazione, affiorate a marzo 2011, ma che, in realtà, si inquadrerebbero nei primi giorni del 2011. E' il 21 gennaio, quando il fratello di Santi Zappalà, Antonino, rincuora l'ex consigliere regionale del Pdl: "Abbiamo scalato la montagna fratello, lo sai dove siamo? Nella discesa", dice nel carcere di Nuoro. Una settimana prima il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria ha annullato l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Zappalà, nella campagna elettorale per le regionali del marzo 2010, sarebbe andato a trovare il boss Giuseppe Pelle, per parlare delle elezioni e di voti: "Ti dò una scadenza massima, che San Valentino vai e te lo passi con tua moglie. Buone, buone possibilità, stiamo lavorando, non pensare, stiamo facendo un lavoro grossissimo. Guardami negli occhi e non ti preoccupare" dice ancora Antonino Zappalà. "Con il deposito dell'informativa del Ros venni a sapere dei discorsi della famiglia Zappalà e non mi piacquero affatto" dice l'avvocato Albanese.

Nei colloqui in carcere è anche la moglie Francesca Parisi a rassicurare il marito. Proprio in questi colloqui intercettati nel carcere di Nuoro apparirebbe, per la prima volta, la figura un altro soggetto pronto a interessarsi della vicenda del politico. Un certo "Antonello": Agatino Antonio Guglielmo, funzionario del Ministero della Giustizia, presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria. Figura centrale, quella del cancelliere che, secondo i Carabinieri del Ros, "grazie alla sua posizione lavorativa e alle connesse conoscenze all'interno dell'apparato giudiziario, avrebbe potuto acquisire e/o ricevere, con anticipo rispetto alla normale procedura, informazioni sulla vicenda giudiziaria riguardante il cugino Santi Zappalà".

Sarà proprio Guglielmo a ricevere dall'Ufficio Gip un fax con uno degli esiti giudiziari nei confronti del cugino Zappalà. Per la vicenda il cancelliere del Gip Roberto Carrelli Palombi, Santo Cuzzocrea, subirà anche un procedimento disciplinare (poi archiviato), che spingerà gli avvocati Curatola e Albanese a redigere una missiva indirizzata al presidente dell'Ufficio, Vincenzo Pedone, con una spiegazione dei fatti: "La lettera a Pedone è stata inviata per tutelare l'operato del cancelliere Cuzzocrea e chiarire la sua posizione" spiegano all'unisono gli avvocati Curatola e Albanese.

Quelle, comunque, saranno settimane intense. L'avvocato Curatola, per esempio, riceverà una missiva dal carcere proprio dal politico Zappalà, in cui questi lo inviterà a fare non meglio precisate "pressioni" nei confronti dei magistrati: "Mi sono adirato anche con Guglielmo – afferma in aula Curatola – non mi sarei mai aspettato una richiesta del genere da Zappalà". Del resto, come affermato anche dall'avvocato Albanese, "Guglielmo era a conoscenza della lettera con la richiesta di pressioni da parte di Zappalà".

La costante di quelle settimane, comunque, sarebbe stata la presenza fissa del cancelliere Guglielmo. Già dalla mattina dell'arresto incontrerà l'avvocato Albanese e sarà poi sempre presente alle riunioni per discutere della strategia difensiva. Lo stesso Guglielmo sarà anche l'uomo a fornire supporto logistico agli avvocati Curatola e Albanese: sarà lui, per esempio a interfacciarsi con la Provincia di Reggio Calabria per acquisire alcuni atti relativi alla vincita di un appalto. I due legali, comunque, negheranno di aver mai percepito qualcosa di torbido circa i comportamenti di Guglielmo e della famiglia Zappalà. Dopo l'arresto del consigliere regionale, i parenti del politico del Popolo della Libertà, nei colloqui captati dalle cimici del Ros, si chiederanno se stiano funzionando i contatti tra "Antonello" (che dovrebbe dare loro notizie di prima mano) e il "Presidente" (indicato dai conversanti gonfiando il petto e inarcando le braccia, alludendo alla sua stazza). Personaggio rimasto oscuro per diverso tempo, tale "Presidente" verrà poi identificato nel magistrato in pensione Franco Pontorieri. Secondo l'impostazione accusatoria, infatti, Pontorieri si sarebbe interessato per alleviare la misura cautelare nei confronti di Zappalà. Un interessamento che sarebbe avvenuto grazie alla conoscenza, anzi, amicizia, di lunga data con il cancelliere Agatino Guglielmo. Chiave nel procedimento sarà la deposizione in aula di Pontorieri, anche alla luce dei tabulati sviscerati dal Ros. Ed è proprio qui che emerge la figura dell'allora Gip Roberto Carrelli Palombi, approdato in Cassazione dopo un breve periodo in riva allo Stretto. Tanti i contatti tra i due, cui Pontorieri non sarà in grado di dare una spiegazione. I contatti – tanto quelli con Guglielmo, quanto quelli con Carrelli Palombi - si incastrano spesso e volentieri nei giorni antecedenti alle date più importanti della vicenda Zappalà: quelle delle dimissioni da consigliere regionale, della richiesta di scarcerazione e del rigetto della stessa. Anche su questo tema, però, gli avvocati non sanno dire granchè: "Non ero a conoscenza dei rapporti con Pontorieri e Carrelli Palombi" dice l'avvocato Albanese.

L'impressione del pm Musarò (coadiuvato in aula dalla collega Antonella Crisafulli) è che le manovre della famiglia Zappalà per arrivare alla scarcerazione del congiunto fossero concrete e in grande stato di avanzamento. Alla fine di gennaio, quando poi il Gip negherà la scarcerazione al politico, i familiari si sarebbero recati a Nuoro (dove il politico era detenuto) convinti di riabbracciare il congiunto: "Non ho avuto alcuna percezione circa le aspettative della famiglia Zappalà con riferimento alla scarcerazione" spiega l'avvocato Albanese.

Il pm Musarò non sembra essere d'accordo: rassegnerà al Tribunale le proprie conclusioni il prossimo 18 luglio, quando dovrebbe effettuare la propria requisitoria al termine del processo di primo grado contro Agatino Guglielmo.