Chiesta condanna don Nuccio. Fotografia del pm Musolino sul "Sistema Reggio"

donnuccio cannizzarodi Claudio Cordova - I centri di potere che, dialogando e tutelandosi vicendevolmente, costituiscono le fondamenta su cui si poggia Reggio Calabria. Quella melassa che avvolge, soffocandola, la città. In una parola, il "sistema" che governa la città e che esclude chiunque diventi un ostacolo scomodo per il mantenimento dello status quo. C'è l'essenza più reale, ma allo stesso tempo più nascosta, di Reggio Calabria nelle parole del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, che al termine di una requisitoria durata circa otto ore ha chiesto la condanna di tutti gli imputati del procedimento "Raccordo-Sistema". Nel dettaglio, il pm Musolino ha chiesto la condanna a 24 anni di reclusione del boss di Condera-Pietrastorta, Santo Crucitti, a 10 anni di reclusione per Antonio Gennaro Crucitti, a 12 anni di reclusione per Francesco Gullì, il direttore di banca accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per essersi prestato al volere della 'ndrangheta. E, ancora, 2 anni e 4 mesi per Loredana Barchetta, 2 anni per Nicola Pellicanò, 3 anni ciascuno per i tre presunti affiliati alla cosca Tegano, Michele Crudo, Carmine e Domenico Polimeni. Da ultimo, il pm Musolino ha chiesto la condanna a 3 anni e 6 mesi anche per il parroco di Condera, don Nuccio Cannizzaro, accusato di false dichiarazioni al difensore, con l'aggravante di aver favorito la 'ndrangheta (per lo stesso reato, il pm ha chiesto la condanna anche per Consolato Marcianò, a 2 anni e 4 mesi di reclusione).

Per circa otto ore, il pm Musolino fa una metodica ricostruzione, dati alla mano e citando in maniera assai dettagliata le varie intercettazioni a disposizione del Tribunale, del "Sistema-Crucitti". Il concetto di "sistema" è ricorrente, anzi, è una costante, il fulcro del ragionamento portato avanti dal pm Musolino. Un coacervo di interessi per Santo Crucitti che avrebbe sfruttato il proprio peso criminale per entrare a piedi uniti nel business cittadino, acquisendo la disponibilità di una serie di aziende attive nei più svariati campi: dalla Fin Reggio, passando per la Planet Food, fino ad arrivare alla palestra Fitland. E per delineare lo spessore criminale di Crucitti, il pm Musolino volutamente tralascia le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: "Sono solo un ulteriore riscontro" dice. Per il rappresentante dell'accusa è già sovrabbondante il materiale raccolto in fase di indagine: una serie molto ampia di accertamenti documentali e di intercettazioni telefoniche che dimostrerebbero la capacità di Santo Crucitti di relazionarsi con ambienti assai in vista nella città di Reggio Calabria. Su tutti, i rapporti con l'allora politico Dominique Suraci, attualmente in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Non solo, del peso criminale di Crucitti, uomo egemone sui rioni Condera e Pietrastorta, ritenuto vicino al cartello capeggiato dal potentissimo clan De Stefano, sarebbero testimonianza anche le contraddittorie, riluttanti e talvolta spaventate testimonianze rese nel dibattimento dai soggetti che, in un modo o nell'altro, avrebbero avuto a che fare con Crucitti: dagli Scirtò ai Malavenda. Crucitti, uomo vicino al defunto boss Mario Audino, sarà anche il soggetto con cui verrà "pizzicato" l'ex assessore comunale Pasquale Morisani, che sarà anche tra i testimoni che sfileranno in aula.

Tutti segnali che il pm Musolino chiede al Tribunale presieduto da Andrea Esposito di comprendere e di valorizzare e che rappresentano, ulteriormente, la pervasività della 'ndrangheta nel tessuto sociale, economico e politico di Reggio Calabria. 

Un coacervo di interessi per Santo Crucitti. Ma anche un mucchio di soldi. Soldi che il presunto boss di Condera-Pietrastorta sarà in grado di gestire anche grazie al rapporto con il direttore della Banca Popolare di Lodi, Francesco Gullì, per cui il pm Musolino ha richiesto 12 anni di reclusione. Ma la dura richiesta del pm Musolino è direttamente proporzionale alle parole usate in aula nei confronti di Gullì, che avrebbe permesso a Crucitti di "fare carne di porco". Parole dure per Gullì, ma parole dure anche per la banca stessa: "A loro interessa fare numeri e Gullì ha fatto numeri, aprendo le porte alla 'ndrangheta: e lo hanno premiato". Dalle parole del pm Musolino emerge dunque un sistema bancario interessato solo al profitto, anche in spregio alle più elementari norme sul riciclaggio di denaro.

Ecco che torna il "sistema". Un "sistema" che è trasversale per definizione e che tutela chi lo serve, screditando ed emarginando chi, invece, vuole fare rispettare le regole e che diventa, quindi, un pericolo: accadrebbe questo anche a un collega di Gullì, Vittorio Porcino, che operando seriamente e in ottemperanza alle norme, diventerebbe dunque un problema per Crucitti & co.

Ma il clou dell'intervento del pm Musolino arriva negli ultimi minuti, quando si sofferma sulla figura di don Nuccio Cannizzaro, accusato di false dichiarazioni al difensore rese nell'ambito del procedimento "Pietrastorta". Protagonista della storia anche il commerciante Tiberio Bentivoglio, che negli anni ha subito diverse intimidazioni e minacce, ma anche un agguato da cui si salveràà miracolosamente. I fatti riguardano il periodo in cui Bentivoglio, con altri soci, decide di voler dar vita a un'associazione no-profit per l'organizzazione di eventi a Condera e Pietrastorta, la "Harmos". Don Nuccio, infatti, oltre a essere il cerimoniere dell'allora Arcivescovo, Vittorio Mondello, oltre a essere il cappellano dei Vigili Urbani, è anche il parroco della chiesa di Condera. Bentivoglio avrebbe cercato di coinvolgerlo nel progetto, ricevendo, però, un diniego. Si sarebbe rivolto poi a Consolato Marcianò per avere i locali che avrebbero dovuto ospitare la sede dell'associazione. Ma Marcianò, imputato del medesimo reato di don Nuccio Cannizzaro, sarebbe stato avvicinato dal boss di Condera-Pietrastorta, Santo Crucitti, che avrebbe posto il proprio veto all'iniziativa: "A Condera non c'è il diritto di libera associazione, sancito dalla Costituzione". Sintetico l'intervento del pm Musolino, del resto, del parroco di Condera aveva già parlato nella scorsa udienza il pm Sara Ombra. Sintetico ma devastante nelle sue affermazioni: "Don Nuccio è un centro di potere, in virtù delle relazioni che è capace di intrattenere". La lunga istruttoria dibattimentale – non priva di passaggi imbarazzanti per il parroco – documenterà la capacità del prete di relazionarsi con la politica, ma anche con le forze dell'ordine e persino con un pm della Direzione Distrettuale Antimafia, che nell'ipotesi accusatoria sarebbe Santi Cutroneo: "Tutta la comunità riconosce il potere di don Nuccio, infatti si rivolgono a lui e sono venuti qui a portarcelo come un santino" dice sgolandosi il pm Musolino. E sull'effettivo potere del parroco di Condera, a detta del pm Musolino è indicativo anche il comportamento dell'ex Arcivescovo Mondello, che difenderà a spada tratta il proprio cerimoniere, ringraziandolo pubblicamente nel corso di una cerimonia pubblica a Condera: "Con una platea adorante" sottolinea il pm Musolino.

L'indagine sugli interessi del clan Crucitti è "sistema" di nome e di fatto, dunque. Dalla capacità criminale del boss Santo Crucitti, passando per la sua forza nel settore imprenditoriale e le opportunità offerte da un apparato creditizio a dir poco compiacente nei suoi confronti. E poi don Nuccio Cannizzaro: "La falsa testimonianza salva gli equilibri del sistema di potere, perché don Nuccio sa chi è Santo Crucitti e con il suo comportamento tutela lo 'ndranghetista Santo Crucitti". Per questo, a detta del pm Musolino, nei confronti del sacerdote vanno riconosciute le aggravanti previste dall'articolo 7 per aver favorito la 'ndrangheta: "I centri di potere si intersecano tra di loro e don Nuccio è un interlocutore del sistema di potere".

Un'istantanea di Reggio Calabria. Di ciò che è diventata o di ciò che è sempre stata.