Il Gup di Reggio Calabria, Domenico Santoro, ha inflitto 18 anni di reclusione a Domenico Laface, l'uomo accusato di aver ucciso a botte la moglie, Immacolata Rumi, 53enne morta agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria in seguito alle percosse. Il Gup ha dunque avvalorato l'impianto accusatorio del sostituto procuratore Antonella Crisafulli, che aveva chiesto 20 anni di reclusione per l'uomo (difeso dall'avvocato Fabio Tuscano).
Laface verrà arrestato dai Carabinieri nei giorni successivi al decesso della moglie, Immacolata Rumi, che nel maggio 2013 giungerà in ospedale in condizioni gravissime e morirà ancor prima di entrare in Rianimazione. I figli sceglieranno di schierarsi contro il padre, chiedendo giustizia per la madre attraverso la costituzione come parte civile. Del resto, già le testimonianze raccolte in fase d'indagine lasciavano presagire la scelta: "Mio padre l'ha malmenata con una certa violenza in più occasioni anche in presenza mia e dei miei fratelli. A volte le dava anche pugni sul viso, sul corpo, calci. In qualche occasione l'ha picchiata con un bastone del tipo da passeggio che normalmente sta all'ingresso nel portaombrelli" diranno. Una versione diversa rispetto a quella raccontata ai Carabinieri dallo stesso Laface, nel periodo in cui il pm Antonella Crisafulli ne aveva disposto il fermo prima dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip Cinzia Barillà: ''Con mia moglie -ha dichiarato- ho sempre avuto un buon rapporto, mi ha dato sei figli, non abbiamo mai litigato e poi perche' avrei dovuto menare mia moglie? Ribadisco che non l'ho mai toccata, può esserci stata qualche parola di discussione, ma per i figli, che non e' mai degenerata. Io le ho sempre voluto bene perché era una brava ragazza, ora Gesù Cristo l'ha voluta e se l'è chiamata". Gli inquirenti non gli hanno creduto, visto pure il suo atteggiamento ''non mostrando mai una particolare sensibilita' o drammatico dolore per la perdita della persona amata'', scriverà il Gip che firmerà l'ordinanza di custodia cautelare.
Condannando Laface, il Gup Santoro ha riconosciuto anche l'aggravante della crudeltà, per un delitto che a metà 2013 aveva scosso l'intera comunità reggina.