di Claudio Cordova - Una "tragedia" alla reggina. Di quelle di cui la potente cosca Libri è esperta da anni. Si spiega così per il sostituto procuratore della Dda, Stefano Musolino, il contesto in cui sarebbe maturato l'omicidio di Marco Puntorieri, il 41enne sparito a settembre 2011, i cui resti saranno ritrovati, alcune settimane dopo, dai Carabinieri in una zona collinare di Reggio Calabria, Armo. Il rappresentante dell'accusa ha discusso per oltre due ore, chiedendo alla fine del proprio intervento l'ergastolo con isolamento diurno per i tre imputati del procedimento, Domenico Ventura, Domenico Condemi e Natale Cuzzola.
Una "tragedia" alla reggina. Di cui sarebbe stato evidentemente vittima proprio Puntorieri, attirato in collina con il pretesto di dover eseguire un omicidio, ma poi sparato alle spalle dall'amico Ventura. La svolta sul caso arriverà quando ai Carabinieri della Stazione Modena di Reggio Calabria giungerà una lettera anonima e una pen drive del contenuto di 4 gigabyte. Quella pen drive, infatti, diventerà fin da subito un "tesoro" investigativo, perché contiene una serie di files audio e video che immortalerebbero i momenti immediatamente precedenti e successivi all'omicidio di Puntorieri, consentendo ai Carabinieri di riconoscere proprio Ventura, mentre armeggia con un fucile a canne mozze, passeggiando con la vittima e chiacchierando con lui.
Ecco la "tragedia" reggina, di cui l'altra vittima sacrificale, oltre a Puntorieri, sarebbe proprio Ventura, "predestinato all'ergastolo" secondo il pm Musolino. Il ragionamento del magistrato lascia ammutoliti gli imputati e anche i parenti al seguito: Ventura sarebbe stato convinto di essere parte dominante della "tragedia" a carico di Puntorieri, perdendo di vista il fatto di essere stato "venduto" dal suo stesso clan.
"Ventura chiede a me di sapere chi ha effettuato il filmato? Che lo chieda ai suoi coimputati" afferma il pm Musolino. La tecnica del clan Libri: eliminare due personaggi evidentemente scomodi, uno in maniera materiale e fisica, l'altro per via giudiziaria.
Non sarebbe la prima volta.
Richiesta di carcere a vita per i tre imputati, sulla base di un materiale probatorio che il pm Musolino ha definito "ricchissimo e di qualità eclatante". Oltre al video ricevuto dai Carabinieri, le prove principali provengono dal riascolto delle conversazioni contenute nel procedimento "Alta Tensione", celebrato proprio contro le cosche federate al potente clan Libri: la Squadra Mobile di Reggio Calabria riuscirà anche a cristallizzare i preparativi dell'omicidio, con un sopralluogo sul posto del delitto, avvenuto il giorno prima, e i preoccupati commenti che Condemi, in particolare, farà allorquando scoprirà una microspia sulla sua Fiat Panda 4x4 utilizzata per preparare l'esecuzione.
Intercettazioni su cui si scatenerà anche una guerra di perizie e controperizie, in cui alla fine dei giochi, verrà premiata la versione fornita fin dall'inizio dalla Dda. Saranno invece smontate le tesi dei periti di parte, tra cui quella del consulente Mariano Pitzianti, su cui il pm Musolino prima prova a "stendere un velo pietoso", ma poi inchioda, testualmente, alla "sicumera tipica degli ignoranti".
Toccherà alla Corte d'Assise presieduta da Ornella Pastore sciogliere il caso, dopo aver ascoltato le difese.
Gli imputati – Ventura e Condemi soprattutto – preferiranno però pensare a un complotto da parte degli inquirenti, piuttosto che a una messinscena architettata dal clan Libri per eliminare, in forma diversa, due soggetti evidentemente scomodi. Si spiegherebbe così il motivo per il quale nelle immagini spedite dal misterioso (per adesso) "amico di Marco" non comparirà mai l'altro imputato, Natale Cuzzola, tra gli autori materiali del delitto, secondo la Procura, che però si sarebbe dovuto salvare la "tragedia".
Le vittime dovevano essere solo Puntorieri e Ventura.
Ma nonostante ciò, nessuno sceglie di parlare, ma, anzi, gli imputati, che prima decideranno di trincerarsi dietro un silenzio tombale, opteranno poi per alcune dichiarazioni che diverranno dei veri e propri boomerang. Tutto per salvaguardare quella "affectio societatis" su cui la 'ndrangheta poggia la propria forza.
Gli affiliati non esiterebbero a tradire i propri stessi amici (Puntorieri verrà condannato per favoreggiamento alla latitanza di Ventura nell'ambito del processo "Casco"), ma rimarrebbero sempre fedeli a un'associazione criminale in cui pochi si arricchiscono e altri, invece, svolgono il ruolo di "carne da macello".
E' questo l'humus culturale su cui si fonda la 'ndrangheta: il ragionamento del pm Musolino, infatti, va a toccare i temi di maggiore valenza sociale, per dare risposte. Quelle risposte che l'accusa chiede alla Corte d'Assise "per dimostrare che la magistratura reggina non si fa prendere in giro dalla 'ndrangheta".
La 'ndrangheta senza onore, la 'ndrangheta delle "tragedie" e dei confidenti, quelli che talvolta hanno portato forze dell'ordine e Procura dove volevano loro, utilizzando gli inquirenti come una pistola da orientare verso i propri nemici: "Per questo in una mia indagine questi aspetti non troveranno mai spazio" conclude il pm Musolino.