di Claudio Cordova - "Rendere denuncia può significare sconfiggere una 'ndrangheta che è fondata sull'omertà. Ma con la denuncia sistematica la 'ndrangheta scomparirà come se non fosse mai esistita". Parla come al solito al cuore dei reggini e dei calabresi il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. Lo fa commentando gli esiti dell'operazione "Vecchia Guardia", condotta dalla Dda contro le famiglie Zappia, Cianci, Maio e Hanoman, operanti sul territorio di San Martino di Taurianova, nella Piana di Gioia Tauro.
Il discorso di Cafiero de Raho va oltre i sei arresti operati dalla Squadra Mobile per associazione mafiosa ed estorsione aggravata.
Sì, perché il dato economico cristallizzato dalle investigazioni coordinate dal pm Giulia Pantano è minimo, quasi irrisorio: gli indagati avrebbero dato vita ad una condotta vessatoria nei confronti di un imprenditore agricolo, costringendolo a concedere loro la guardiania dei terreni ed a versare complessivamente la somma di 2.500 euro annui da corrispondere in due soluzioni, quale condizione per porre fine agli episodi di danneggiamento e di furto nelle proprietà della stessa vittima che erano stati regolarmente denunciati alle Autorità. Sarebbe stato Vincenzo Giuseppe Zappia a determinare il quantum dell'estorsione, mentre le sorelle Maria, Teresa e Giuseppe unitamente al cugino Giuseppe cl. 1969, si sarebbero occupati della riscossione della tangente dal 2004 fino al 2009.
Un meccanismo iniziato molto tempo addietro, quindi, che nel 2010, però, si sarebbe ulteriormente aggravato: le attività investigative, infatti, avrebbero permesso altresì di accertare che, successivamente, a partire dal febbraio 2010, in virtù di una nuova ripartizione delle zone di San Martino tra le famiglie mafiose degli Zappia e dei Cianci, la vittima avrebbe subito anche le angherie di Domenico Cianci, il quale era appena rientrato in Calabria dopo aver trascorso un periodo di Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza a Fonte Nuova (RM). Questi, avvalendosi di un metodo tipicamente mafioso, si presentava quale autorevole esponente della omonima famiglia di 'ndrangheta, annunciando di volersi riappropriare della gestione delle attività estorsive tramite la guardiania dei terreni ed intimando, quindi, di consegnare la somma iniziale di 60 euro al mese, di seguito aumentata a 100 euro mensili.
Anni di vessazione, sebbene con richieste apparentemente minime, che però non indurranno la vittima a sporgere alcun tipo di denuncia.
Le indagini della Mobile di Reggio Calabria arriveranno alla chiusura del cerchio grazie ad attività tecniche, ma, soprattutto, grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Antonio Russo, soggetto collegato alla 'ndrangheta di Gioia Tauro, che da alcuni mesi sta rendendo dichiarazioni alla Dda di Reggio Calabria. E così la Squadra Mobile avrebbe individuato perduranti condotte estorsive, accettate nel tempo dalla vittima, la quale, inizialmente, renderà dichiarazioni solo parziali e, successivamente, anche alla luce delle ulteriori acquisizioni, più ampia narrazione della pressione subita.
Solo di fronte al fatto quasi compiuto, però.
Da qui, dunque, l'appello del procuratore Cafiero de Raho, che ha parlato di "immobilismo e omertà" e della "assurdità del territorio" che preferisce la vessazione alla denuncia.
Le ordinanze emesse dal Gip di Reggio Calabria vanno dunque a colpire Vincenzo Giuseppe Zappia, Maria Zappia, Teresa Zappia, Rosetta Zappia, Giuseppe Zappia e Domenico Cianci: le donne, dunque, avrebbero avuto il ruolo di riscossione del denaro, confermando ancora una volta come, soprattutto nella Piana di Gioia Tauro, la presenza femminile nelle cosche sia ormai una realtà più che consolidata. Due degli arrestati (Vincenzo Giuseppe Zappia cl. '65 e Giuseppe Zappia cl. '69) sono stati localizzati e catturati in provincia di Brescia, mentre gli altri tra San Martino e Taurianova. Cinque indagati su sei sono quindi componenti della storica famiglia di 'ndrangheta degli Zappia, un tempo diretta dal defunto capobastone don Peppe Giuseppe cl. 1912, ucciso in un agguato nel 1993 e definito "ilpresidente" per aver presieduto il "Summit di Montalto" del 26.10.1969, (interrotto dal tempestivo intervento delle Forze dell'Ordine) con cui si avrà per la prima volta cognizione dell'esistenza della 'ndrangheta unitaria. La "Vecchia Guardia", appunto: "A distanza di 40 anni coloro che detengono il potere sono sempre gli stessi. Come è possibile tutto ciò?". Anche questa domanda del procuratore Cafiero de Raho dà spazio a profondi ragionamenti di natura sociale.