120mila euro per scarcerare i Bellocco: rispunta il giudice Giusti

operazioneabbracciodi Claudio Cordova - Lo hanno definito un "abbraccio". Un abbraccio tra la 'ndrangheta e le Istituzioni e, più nello specifico, tra la potente famiglia Bellocco di Rosarno e il giudice Giancarlo Giusti, già coinvolto (condannato) per i propri rapporti con il clan Lampada di Milano. Se nei lussuosi alberghi milanesi, Giusti sarebbe stato pagato dalla 'ndrangheta con notti calde in compagnia di prostitute straniere, adesso per lui l'accusa è di essere stato corrotto a suon di quattrini: 120mila euro per scarcerare tre personaggi di rilievo del clan, colpito dalle operazioni della Dda di Reggio Calabria.

Un'indagine svolta dalla Dda di Catanzaro, competente per i fatti che riguardano i magistrati operanti nel distretto di Reggio Calabria.

I fatti. Giusti, in qualità di magistrato componente del collegio del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, nell'udienza del 27 agosto 2009, avrebbe disposto, in cambio della corresponsione di una somma di denaro pari a 120 mila euro, la scarcerazione di Rocco Bellocco cl. 1952, Rocco Gaetano Gallo cl. 1953 e Domenico Bellocco cl. 1977, alias "Micu U Lungo", elementi di vertice della potente cosca di 'ndrangheta dei Bellocco, contribuendo altresì al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi rientranti nel programma criminoso della associazione 'ndranghetistica. Per questo al magistrato originario di Cittanova, la Dda di Catanzaro contesta anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, oltre a quello di corruzione in atti giudiziari, aggravata dalle modalità mafiose.

Un'indagine, quella portata avanti dal procuratore capo Enzo Lombardo, dall'aggiunto Giuseppe Borrelli e dal sostituto Vincenzo Luberto, che si basa soprattutto sul riascolto delle intercettazioni captate dagli inquirenti nel corso di alcune indagini (su tutte quella denominata "Blue Call") che colpiranno la famiglia egemone a Rosarno insieme ai Pesce.

Sarebbe stato un vecchio amico di Giusti, quel Domenico Punturiero che nelle intercettazioni viene definito "avvocato" a fare da tramite tra il clan e il magistrato. Un appellativo, quello di "avvocato" che indirizzerà inizialmente gli inquirenti sulla figura dell'avvocato Armando Veneto, che difenderà i Bellocco al cospetto del Tribunale della Libertà. Un'udienza camerale in cui Giusti sarà giudice relatore ed estensore del provvedimento con cui, dopo l'operazione "Rosarno è nostra", verranno rimessi in libertà alcuni tra i soggetti più importanti del clan.

Ma in quella scarcerazione, Veneto non avrebbe avuto alcun ruolo illecito, ma neanche avrebbe fatto valere la propria competenza forense. I motivi risiederebbero in altro: il "pactum sceleris" – così lo definiscono gli inquirenti – sarebbe dunque stato stipulato nell'estate del 2009 allorché Giuseppe Gallo e Gaetano Gallo (rispettivamente figlio e fratello del detenuto Rocco Gaetano Gaallo) avvicineranno Punturiero, mentre Domenico Bellocco, per ordine del padre Rocco, consegnerà allo stesso Punturiero una parte del danaro costituente il prezzo della corruzione.

Ed è proprio il riascolto delle intercettazioni operato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria di Gennaro Semeraro e Francesco Rattà a fornire agli inquirenti il dato: Rocco Gallo avrebbe fornito 40.000 euro, cioè un terzo del prezzo della corruzione.

Sarà lui stesso a dirlo, inguaiando sé stesso e il giudice Giusti. Intercettazioni considerate dagli inquirenti elementi granitici nei confronti degli indagati: il ruolo centrale assunto nella vicenda corruttiva assunto da Punturiero (cugino dei Bellocco) e dal giudice Giusti si sarebbe rivelato dal chiaro ed esplicito tenore delle conversazioni intercettate e dalla indiscussa, amicale e affaristica frequentazione tra i due.

"Già dopo la scarcerazione sorsero i sospetti" afferma il procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Lombardo. A suo tempo, le "scarcerazioni facili" disposte dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria nei confronti degli indicati esponenti di vertice della cosca Bellocco di Rosarno (RC) avevano suscitato un forte clamore mediatico. A seguito dei vari ricorsi presentati dai magistrati della Dda di Reggio Calabria e dopo le pronunce della Suprema Corte di Cassazione, nei primi mesi del 2012, l'ordinanza del G.I.P. di Reggio Calabria che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere, diventava definitiva ed esecutiva, sicché gli indagati rimessi in libertà dal Tribunale del Riesame, venivano nuovamente catturati dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, uno dei quali dopo un periodo di latitanza.

Un ulteriore riscontro del fatto che la decisione operata in maniera collegiale dal Tdl, ma di fatto "dettata" dal giudice Giusti (che era relatore del caso) fosse totalmente fuori da ogni logica, se non quella, come dimostreranno le indagini, di un patto corruttivo.

Sette le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Catanzaro. Per Giusti è stata applicata la misura degli arresti domiciliari per motivi di salute, avendo già tentato il suicidio in carcere nel corso della detenzione per i fatti riguardanti la connivenza con il clan Lampada:

1. GIUSTI Giancarlo, nato a Locri (RC) il 7.03.1967;

2. BELLOCCO Rocco, nato a Rosarno (RC) il 25.09.1952, già detenuto in carcere per altra causa;

3. GALLO Rocco Gaetano, nato a Rosarno (RC) il 2.01.1953, già detenuto agli arresti domiciliari per altra causa;

4. PUNTURIERO Domenico, nato a Rosarno (RC) l'11.02.1965;

5. BELLOCCO Domenico (figlio di Rocco),nato a Palmi (RC) il 28.03.1980;

6. GALLO Giuseppe (figlio di GALLO Rocco Gaetano),nato a Cinquefrondi (RC) il 27.04.1984;

7. GALLO Gaetano (fratello di Rocco Gaetano), nato a Rosarno (RC) il 10.04.1954.