Il forno-bunker di Reggio Calabria: quando la giustizia diventa un sudato calvario

reggiocalabria aulabunker- Alessia Candito - Presidenti del tribunale e giudici del collegio che si sventolano – stoici – con pallidi fogli a4, imputati che si sciolgono nelle gabbie, legali che grondano sotto la toga, pm che si squagliano davanti a faldoni e computer: che la via della giustizia fosse lunga, dura e disseminata di ostacoli è cosa nota. Che i processi in Italia si trasformino spesso in un lungo calvario, è dato assodato. Ma complice un'estate anticipata che ha bussato alle porte della città di Reggio Calabria con temperature ferragostane, l'ordinaria amministrazione della giustizia nell'aula bunker della città si è trasformata in una prova di resistenza che ha seriamente messo alla prova i più integerrimi dei giudici e dei pm e i più determinati fra i legali. Ormai dall'anno scorso, l'impianto di aria condizionata è fuori uso e l'edificio, costruito appositamente per essere assolutamente isolato dall'esterno, con aule – come da prescrizione -  prive di finestre o lucernari che assicurino un ricambio di aria, si è convertito in una gigantesca scatola di metallo e cemento che accumula calore a livelli pressoché insopportabili.  Le aule sono piccoli forni in cui , pm, forze dell'ordine, imputati, parenti e legali di questi, cuociono a vapore, stipati come sarde in stanzoni totalmente isolati  dall'esterno se non per due porte che comunicano con l'interno dell'edificio stesso. E dalle quali non arriva alcun sollievo. Una situazione insopportabile, in cui gestire un'udienza – che generalmente va avanti per ore – diventa un'impresa titanica, tanto da spingere la presidente Olga Tarsia, a capo del collegio che giudicherà gli imputati del processo Alta Tensione, a disporre che le inammissibili condizioni in cui si è celebrata l'udienza odierna vengano messe agli atti e che il verbale venga trasmesso immediatamente al presidente del Tribunale, Luciano Gerardis, e al sindaco della città Demetrio Arena.  Tocca infatti all'Amministrazione comunale e non al Ministero della Giustizia, la manutenzione ordinaria della struttura, le cui criticità più di una volta sono state oggetto di vive proteste da parte di giudici e avvocati. Già l'anno scorso, per mesi le aule B3 e B4 del piano superiore sono rimaste inutilizzate perché non erano stati sostituiti alcuni pannelli che garantiscono l'impermeabilizzazione del tetto. Non solo pioveva dentro, ma "ogni nuovo temporale – recita il comunicato dei vigilantes reggini ancora on line sul sito Guardie informate-  potrebbe causare la caduta di uno di questi". Messi a posto – dopo mesi di proteste e sollecitazioni -  i pannelli, dunque scampato il pericolo inondazione, la mancanza dell'aria condizionata, rischia di trasformare la struttura in un altoforno. Secondo indiscrezioni, nei giorni scorsi sarebbero stati rimossi i motori che alimentano il grande impianto di areazione dell'intera aula bunker, ma  per ripristinarli e rimetterli in funzione il Comune dovrebbe sborsare circa 80mila euro. Una cifra che nelle casse comunali – miseramente in rosso e già gravate da un buco di bilancio che secondo gli ispettori Ministeriali si aggirerebbe intorno ai 170milioni di euro – non ci sarebbe. Una condanna senza appello e senza processo per chi sarà costretto a celebrare, partecipare o assistere a udienze almeno fino alla fine di luglio.