La Corte Costituzionale dovrà a breve decidere sulla legittimità o meno dell'odierna stesura dell'art. 73 del testo unico in materia di stupefacenti. Norma che, per effetto delle modifiche apportate dalla legge Giovanardi–Fini del 2006, prevede attualmente un'asprissima sanzione per tutte le condotte di detenzione, spaccio o coltivazione di droga. Difatti, proprio a partire dal 2006 sono puniti ugualmente (da 6 a 20 anni) tutti coloro che vengono trovati in possesso di sostanze psicotrope a prescindere dalla natura "leggera" o "pesante" delle stesse.
A sollevare la rilevante questione di costituzionalità è stata un'ordinanza emessa lunedì dalla dottoressa Emanuela Romano, giudice penale presso il Tribunale di Reggio Calabria, su impulso degli avvocati Stefano Priolo e Antonella De Carlo (nelle foto).
I due difensori con un'articolata istanza avevano chiesto la sospensione del processo penale che vedeva alla sbarra Demetrio Rosace e Mohamed Boufraki (difeso dall'avv. Maria Caridi), entrambi agli arresti domiciliari dal 4 ottobre scorso perché sorpresi dai Carabinieri con oltre un chilo di marijuana occultata all'interno di una stalla nella loro disponibilità.
Secondo la tesi sostenuta dai legali la sospetta illegittimità della norma, già rimessa al vaglio critico della Corte costituzionale dalle ordinanze della Corte di Cassazione (del 9 maggio 2013) e dei Tribunali di Torino e Roma, non avrebbe permesso al giudice di decidere adeguatamente l'eventuale punizione da infliggere agli imputati, impedendo a questi ultimi di scegliere la migliore strategia processuale. Pertanto, gli avv. Priolo e De Carlo hanno chiesto la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale al fine di verificare, prima della definizione del processo, la corrispondenza della norma censurata con i valori della nostra Costituzione.
Finiranno così all'attenzione della Consulta le modifiche apportate al testo unico sugli stupefacenti dalla "discussa" legge di conversione n. 49/2006 (c.d. Fini–Giovanardi). In particolare, è oggetto di critica la scelta effettuata nel 2006 di ricorrere alla decretazione di urgenza per introdurre una modifica al trattamento penale della detenzione di droghe leggere che meritava di essere affrontata per la delicatezza della decisione nell'ordinario iter parlamentare. Non a caso, gli stessi parlamentari durante la discussione sottesa al maxi emendamento oggi impugnato definivano il problema della parificazione tra le sostanze leggere e pesanti come "annosa vicenda".
Per tali ragioni, oggi si è paventata una sospetta violazione dell'art. 77 secondo comma della Costituzione, che regola i rapporti tra i decreti-legge e le leggi di conversione, dell'art. 117 della Costituzione, per il mancato adeguamento della norma italiana alla decisione quadro del Consiglio Europeo del 25 ottobre 2004 in materia di traffico illecito di stupefacenti, nonché dell'art. 3 della Costituzione per l'irragionevole equiparazione della pena prevista per le droghe leggere con quella delle droghe pesanti.
La questione affrontata dal giudice reggino è di indubbio interesse generale tanto da essere da lungo tempo motivo di forti contrasti tra i diversi schieramenti politici italiani.
In proposito, deve sottolinearsi come il provvedimento di rimessione emesso dal giudice ha il merito di aver sollevato un autonomo profilo di illegittimità, rispetto alle precedenti ordinanze, con riferimento alla probabile violazione dei principi scolpiti nell'art. 3 della Costituzione. Conformandosi alla tesi prospettata dai difensori l'ordinanza di rimessione ha segnalato alla Consulta che l'equiparazione della pena per le droghe leggere e quella prevista per le sostanze pesanti è irragionevole e discriminante nella misura in cui prevede un trattamento sanzionatorio uguale per situazioni ritenute comunemente, scientificamente e, in passato, anche giuridicamente, differenti.
Adesso non resta che attendere la decisione della Corte Costituzionale. Qualora la Consulta dichiarerà l'illegittimità della Legge censurata nell'ordinanza di rimessione le conseguenze saranno notevoli. L'eventuale annullamento della disciplina introdotta nel 2006 farebbe rivivere la sanzione antecedentemente prevista per la detenzione delle droghe leggere che prevedeva una cornice edittale compresa tra i 2 ed i 6 anni di reclusione. In ogni caso, solo dopo la decisone del giudice delle leggi potrà riprendere corso il processo davanti al tribunale di Reggio Calabria.