Reggio, processo "Meta"; i pentiti Fracapane e Munaò: "Non esiste una super-associazione"

reggiocalabria aulabunkerdi Claudio Cordova - Due deposizioni assai simili. Citati dalle difese per demolire l'ipotesi della super-associazione mafiosa che regnerebbe su Reggio Calabria, i collaboratori di giustizia Giovanni Battista Fracapane e Umberto Munaò: fino al momento della loro scelta di passare dalla parte della giustizia, avvenuta nei primi anni 2000, le cosche non avevano deciso di riappacificarsi, di unirsi in nome degli affari.

Il processo "Meta" – nell'ambito del quale sono stati pentiti sentiti – invece sta cercando di dimostrare proprio il contrario: come, cioè, le principali famiglie della 'ndrangheta cittadina (i De Stefano, i Tegano, i Libri e i Condello) abbiano deciso di "dimenticare" anni di morti ammazzati durante la seconda guerra di mafia e di dare vita a un "direttorio" per la spartizione degli affari, delle estorsione e di ogni fonte di denaro. Al vertice della super-associazione – almeno a detta del pubblico ministero Giuseppe Lombardo – vi sarebbe Peppe De Stefano, figlio di don Paolino, assassinato agli albori della seconda guerra di mafia.

Ma anche su questo, i pentiti Fracapane e Munaò affermano di non ricordare o di non sapere dell'esistenza di una carica sopraordinata alle altre: il "Crimine", il grado che De Stefano avrebbe ricevuto in carcere nei primi anni 2000, secondo il racconto del pentito Nino Fiume. Alla sbarra, nel processo che si celebra al cospetto del Tribunale presieduto da Silvana Graso, oltre a De Stefano vi sono anche i boss delle altre principali famiglie: da Giovanni Tegano a Pasquale Libri, passando per Pasquale Condello, il "Supremo".

Rispondendo alle domande degli avvocati Francesco Calabrese e Marco Panella, i due collaboratori hanno tuttavia escluso l'esistenza di "una cosca unica" o di una super-associazione. I due, negli anni criminali, saranno tra i killer più efficaci dello schieramento De Stefano-Tegano (Fracapane) e dei Rosmini (Munaò): "Fino al 2004 non c'era una cosca unica" dice Fracapne, "se ci fosse stato un grado sopraordinato lo avrei saputo" fa eco Munaò.

Entrambi hanno inoltre escluso o affermato di non ricordare che Peppe De Stefano – dopo l'uscita dal carcere – possa essersi interessato di estorsioni. Un passaggio, quello affrontato dall'avvocato Marco Panella, volto a demolire proprio l'ipotesi della tentata estorsione all'imprenditore ritenuto vicino ai Condello, Ugo Marino: un episodio emblematico – a detta dell'accusa – del "nuovo corso" mafioso in cui tutti devono pagare.

Proprio Ugo Marino è stato ammendato dal Tribunale a causa della sua assenza ingiustificata, nonostante l'invito a presentarsi per testimoniare. Dovrà farlo nel corso della prossima udienza, prevista tra sette giorni.