Chiuso il cerchio sull'omicidio Bruzzese. Ma la cosca Crea stava per colpire di nuovo con armi da guerra

conferenza carabinieri ROSLe indagini che hanno portato oggi all'arresto di quattro soggetti hanno preso avvio il 25 dicembre 2018, a Pesaro, a seguito dell'omicidio di Marcello Bruzzesse. L'uomo si trovava in una località protetta poiché fratello di Girolamo Biagio Bruzzese, ex membro della cosca dei Crea di Rizziconi (RC), divenuto collaboratore di giustizia dopo aver attentato alla vita di Teodoro Crea (cl. '39), a capo della cosca, nel 2003. I carabinieri dei ROS, supportati in fase esecutiva dai Comandi Provinciali di Ancona, Reggio Calabria, Catanzaro, Brescia, Napoli, Torino, Pesaro, Vibo Valentia, nonché dal Gruppo Intervento Speciale, hanno così dato esecuzione a due provvedimenti di fermo. Le accuse, come si legge dal mandato del Pubblico Ministero, riguardano la partecipazione ad associazione di tipo mafioso, omicidio, porto e detenzione illegale di armi - reati aggravati dalla condizione delittuosa dei fatti, al fine di agevolare la 'ndrina di appartenenza -.

Le attività investigative si sono protratte per circa tre anni, che hanno portato in fine all'identificazione di Rocco Versace, Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro quali organizzatori ed esecutori materiali del delitto. A collegare i tre omicidi sembrerebbero essere stati i diversi sopralluoghi che sia prima del delitto, sia successivamente, hanno condotto per studiare le abitudini della vittima. Avrebbero utilizzato una serie di minuziosi escamotage per impedire di essere riconosciuti, tra cui anche l'uso di documentazione falsa. Il corpo dei Ros, inoltre, afferma che le suddette attività di sopralluogo erano state estese anche agli altri fratelli di Bruzzese, residente in altrettante località protette. Sono stati, infatti, rintracciati degli account falsi che i membri della cosca avrebbero utilizzato per contattare le vittime tramite socialnetwork.

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Utile è stata, inoltre, l'attività svolta dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria - in stretto contatto con la Procura di Ancona -, che ha potuto collegare le attività di Michelangelo Tripodi come di matrice 'ndranghetista. Infatti, Tripodi è stato raggiunto da un provvedimento precautelare emesso dalla stessa Procura reggina poiché già gravemente indiziato per l'appartenenza alla cosca Crea, in qualità di "uomo di fiducia" di Domenico Crea (cl. '82), esponente di vertice.

Il provvedimento restrittivo ha, inoltre, riguardato anche Vincenzo Larosa, indagato anch'egli per associazione di stampo mafioso all'interno stessa cosca Crea; sembrerebbe che Larosa abbia intrattenuto, nel corso del tempo, strette relazioni con il capo della cosca - il già citato Teodoro Crea -.

Da quanto emerge, pare che Michelangelo Tripodi, Vincenzo Larosa e Francesco Candiloro pianificassero diversi attentati nell'interesse di Domenico Crea anche come ritorsione per l'emissione della sentenza di condanna emessa il 12 dicembre del 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria a carico di Teodoro Crea, Giuseppe Crea (cl. '78) e Antonio Crea (cl. '63).

Non essendo stata tracciata nessun ricollegamento personale con la vittima, le indagini dei Ros hanno così riconosciuto nel delitto una valenza strategica nelle logiche di predominio del clan.

"Nel contesto criminale in cui è maturato l'omicidio Bruzzese, gli elementi acquisiti ci hanno enormemente preoccupato per la disponibilità di armi anche micidiali in capo ai fermati. Armi come bazooka, ma anche l'incessante attività dei soggetti per reperire ordigni esplosivi nella previsione di utilizzarle contro autovetture blindate". Lo ha detto il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri durante la conferenza stampa per illustrare i dettagli del fermo di Vincenzo Larosa e Michelangelo Tripodi, ritenuti vicini alla cosca Crea.

"Abbiamo elementi - ha detto - sulla volontà di perseguire attentati nei confronti di chi si era reso responsabile delle disgrazie giudiziarie degli esponenti della cosca Crea. Questo ci ha indotto a intervenire. Non si tratta di un'intercettazione in particolare, ma di tutta una serie di elementi che sono stati acquisiti e che fanno riferimento ai due soggetti della cosca Crea che progettavano concretamente almeno due attentati. Vi era una conversazione in cui uno dei fermati, facendo riferimento a una sentenza della Corte d'Appello, diceva che ci voleva un'Ak47, un kalashnikov e sparare 'a go go'. Ci sono riferimenti, infatti, a un'autovettura blindata che sarebbe dovuta esplodere ma pure ad ulteriori attentati programmati in altri distretti, come a Brescia. Non abbiamo elementi su chi doveva essere la vittima di questi attentati".

"Ciò ci ha spinto a intervenire sussistendo un pericolo concreto di fuga - ha detto Bombardieri - legato ad alcune conversazioni in cui gli stessi fermati affermavano di avere sia la disponibilità di documenti falsi sia la possibilità di espatriare in Belgio e in Olanda". Secondo Paci, i fermi "sono provvedimenti che si inseriscono in una storia criminale in cui la cosca Crea, a differenza di altre cosche della provincia, si caratterizza per l'estrema ferocia e determinazione nel voler perseguire, anche a distanza di molti anni, propositi di vendetta. L'inchiesta mette in evidenza un dato straordinariamente rilevante: nonostante la perdurante detenzione dell'anziano patriarca Teodoro 'Toro' Crea e dei figli, entrambi sottoposti al 41 bis, abbiamo sul territorio una serie di gruppi criminali che sanno muoversi sullo scenario nazionale. I soggetti fermati, infatti, manifestano una devozione e asservimento e una volontà di perseguire i loro propositi criminali senza alcun tipo di esitazione". In merito all'omicidio Bruzzese, ucciso nella località protetta, Bombardieri ha sostenuto: "Non spetta a me esprimermi in merito alla sicurezza dei collaboratori e sull'omicidio che si è verificato. E' evidente che ci sono aspetti di tutela e di sicurezza che non competono all'autorità giudiziaria. Sicuramente l'esigenza di intervenire a tutela di tutti ci ha spinti a intervenire in questo momento, magari anticipando i tempi di un'indagine che poteva svilupparsi in maniera piu' ampia. Noi siamo qua proprio per garantire in tutti i modi possibili, e per come ci compete, la sicurezza di chi si espone con denunce contro la criminalità organizzata".

Gli investigatori hanno utilizzato comunicazioni oggetto di indagine e riscontri che fanno riferimento al reperimento di ordigni esplosivi, armi micidiali come bazooka, disponibilità di queste armi micidiali. "Il dato certo - ha detto Bombardieri - è' la pericolosità di soggetti che interloquivano in ordine a progettazione di attentati omicidiari. Alcune ricostruzioni relative ai progetti omicidiari fanno riferimento alla sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria che ha confermato condanne in secondo grado per alcuni componenti apicali della cosca Crea e ribaltato l'assoluzione per uno". Quanto all'esplosivo, sarebbe stato reperito in paesi dell'area balcanica, grazie all'interessamento di un personaggio latitante in Spagna, arrestato recentemente per scontare 15 anni per traffico di stupefacenti.

Le complesse attività investigative sono state coordinate dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antirerrorismo.